Il pericolo corre sul telefonino
Ma lo sai qual è, ultimamente, la principale causa degli infortuni?, mi chiede un amico che di mestiere fa l’assicuratore. Di fronte ai miei dubbi risponde imperioso: il telefonino, sciorinandomi una serie di dati impressionanti. Che non riguardano solamente i danni procurati da un suo incauto utilizzo alla guida (più della metà dei sinistri che accadono, spesso con esiti letali, sono infatti riconducibili a ciò) ma anche, e soprattutto, a guai che accadono tra le mura domestiche – fratture, ustioni e quant’altro – oppure durante normali momenti della giornata all’aperto. Un dato che, ragionandoci un istante, non mi sorprende. Capita infatti spesso anche a me, assiduo frequentatore di strade e marciapiedi sia da jogger mattutino sia durante gli spostamenti urbani effettuati prevalentemente «pedibus calcantibus», di imbattermi in gente che, sguardo incollato sul minuscolo schermo del proprio cellulare, non si cura di dove sta andando incappando talvolta in situazioni comiche. Come quella ragazza che, proprio ieri mattina, visibilmente ancora assonnata ma concentratissima sul proprio palmare, non ha notato un albero che almeno da trent’anni ombreggia la via che stava percorrendo sbattendoci fronte e naso addosso. O – situazione ancora più umoristica cui ho assistito tempo addietro – quel giovane che, intento a guardare lo schermo, è rovinato a terra dopo aver inciampato nel guinzaglio di un cagnolino la cui padrona era a sua volta impegnata in un’analoga operazione. E si potrebbe andare avanti a lungo, tanti sono gli imprevisti che capitano quotidianamente a seguito della schiavitù alla quale ci siamo votati nei confronti di quello che ormai non è più solo un apparecchio di comunicazione bensì una vera e propria appendice del nostro corpo e della nostra mente. Talora usata in modo addirittura incosciente (mi capita fin troppo spesso di incrociare giovani mamme più intente a controllare i social network che i pargoli che trotterellano al loro fianco su strade potenzialmente irte di pericoli), in altri casi in modo ridicolo (proprio non capisco chi se ne va in giro con il telefonino a tutto volume ascoltando musica oppure condividendo «urbi et orbi» le proprie conversazioni senza utilizzare le comodissime cuffiette) ma sempre e comunque riducendo in modo importante la propria visibilità ma anche la capacità di osservare ciò che accade intorno a loro. Come lo spettacolo dei colori autunnali che in queste settimane (anche nei giorni meteorologicamente infelici come questi) la natura mette sotto gli occhi di tutti. E che trovo un peccato sacrificare a beneficio di ciò che è in grado di mostrarci ognuno di questi piccoli apparecchietti. Soprattutto perché si tratta di cose che potrebbero tranquillamente e senza problemi essere fruite, comodamente e con un ridotto rischio di imprevisti, seduti in poltrona o sul divano di casa.