Astensionista chi?
Non è vero che gli svizzeri sono un popolo di astensionisti, come qualcuno potrebbe insinuare osservando i modesti tassi di partecipazione a elezioni e votazioni. «Oltre l’80% dell’elettorato partecipa ad almeno una votazione sull’arco di una legislatura» afferma il politologo Uwe Serdült del Centro per la democrazia di Aarau, sulla base di uno studio condotto a San Gallo.
È vero che spesso le urne attirano meno di un cittadino su due. Alle ultime votazioni, lo scorso 15 maggio, solo il 39% degli aventi diritto aveva espresso il suo parere sulla Lex Netflix, sulla donazione degli organi e sul finanziamento di Frontex. In febbraio, quando si era votato su quattro temi federali tra cui il pacchetto di aiuto ai media, il tasso di partecipazione era stato invece del 44%.
Solo la legge COVID, nel novembre precedente, era riuscita a mobilitare quasi il 66% della popolazione. Ma la media della partecipazione alle urne dall’inizio del millennio resta bassa, attorno al 46%. Quindi meno di un cittadino su due. Pochi, rispetto a paesi confinanti come l’Italia o la Francia, dove le elezioni coinvolgono regolarmente tra il 70 e l’80% della popolazione.
Ma se qualcuno volesse confrontare questi dati per criticare il sistema della democrazia diretta elvetica, ecco che il professore Serdült ha pronta una replica scientifica.
«Ci sono Paesi dove si vota solo una volta ogni quattro o più anni e nel frattempo non succede nulla - nota il politologo -. In Svizzera invece i cittadini sono chiamati alle urne più volte all’anno. Noi abbiamo preso in considerazioni quindici votazioni tenutesi sull’arco di una legislatura a San Gallo e abbiamo valutato i dati, ovviamente anonimi, dei registri elettorali. È emerso che la partecipazione cumulativa è stata di poco superiore all’80%».
C’è chi ha votato solo su un tema, chi solo su un altro. Ma in totale oltre otto cittadini su dieci hanno usufruito almeno una volta del diritto di voto. «Non è male», commenta Serdült.
Differenze in base a sesso ed età
Il dato è verosimilmente sovrapponibile alla realtà ticinese, sebbene nel cantone non siano stati realizzati studi analoghi. «Noi riceviamo dei file anonimizzati - spiega Mauro Stanga, collaboratore scientifico dell’Ufficio cantonale di statistica -, in base ai quali possiamo analizzare il voto nei comuni in base al sesso e all’età. Ma non ci è data la possibilità di tracciare i comportamenti dei singoli elettori».
Dalle analisi emergono però differenze in base all’età e al sesso.«La partecipazione è piuttosto elevata tra i 18 e i 19.enni, che hanno appena acquisito il diritto di voto - spiega Stanga -. È l’effetto novità. Poi il dato scende, per tornare a salire dopo i 30 anni. Ma coloro che votano di più, in assoluto, sono gli anziani».
Tra uomini e donne non ci sono particolari differenze fino ai 50 anni di età. «Poi invece notiamo che la partecipazione maschile risulta superiore a quella femminile» afferma Stanga. Forse perché gli uomini restano legati alla politica, le donne tendono a volgere lo sguardo più sul sociale e il volontariato.
Quel che è certo è che la partecipazione varia fortemente in base al tema. La legge sulle epizoozie attirò alle urne solo il 27% degli aventi diritto, l’adesione della Svizzera allo SEE il 79%. «C’è una parte di elettorato ligia al dovere che vota sempre e comunque, c’è una parte che non vota mai - conclude Stanga -. Ma c’è anche una grossa parte che sceglie in base al tema». Sono palati fini, non astensionisti.