Come è cambiata la telecronaca

È il 22 maggio 1963 quando da Wembley, Londra, Nicolò Carosio saluta “anche” i telespettatori del Canton Ticino per la finale di Coppa dei Campioni tra Milan e Benfica (2 a 1 per il Milan con doppietta di José Altafini). Non è la Rai a trasmettere la partita, bensì la Televisione della Svizzera italiana, nata cinque anni prima, che diffonde in bianco e nero la sua prima telecronaca calcistica.
Sabato 18 maggio 1968. Finale della Coppa d’Inghilterra, sempre da Wembley. West Bromwich Albion-Everton 1 a 0 dopo i supplementari, con la Tsi a trasmettere la prima partita di calcio in assoluto a colori. Coppa d’Inghilterra che con la voce di Giuseppe Albertini diverrà per anni un classico appuntamento dei sabati pomeriggio di maggio.
Quante voci poi divenuti volti a narrare le gesta sportive alla RSI! Restringendo lo sguardo sul calcio, Giuseppe Albertini, Tiziano Colotti, Sergio Ostinelli fino ad arrivare, senza scordare tutti gli altri, ad Armando Ceroni, che può essere considerato un innovatore nel campo della conduzione calcistica.
Con l’Armando percorriamo per sommi capi alcune tappe evolutive del mestiere di teleraccontare una partita di calcio.
Un foglio partita, una penna e via
«Per Nando Martellini - attacca Ceroni - bastava che i telecronisti avessero il foglio partita, una penna e sapessero riconoscere i giocatori. La telecronaca era molto descrittiva, con un ritmo meno intenso rispetto alla radio, si pronunciavano i nomi dei giocatori e altre due o tre cose». Per quanto riguarda le competenze tecniche del gioco? «Mi sembra di poter dire che non fossero molto sviluppate, eccezion fatta per il «nostro» Giuseppe Albertini, che avendo giocato a calcio a buoni livelli, era il cronista che sapeva aggiungere qualcosa in più».
Un «più» che porterà anche Ceroni a partire dal 1987. «Avevo già fatto alcune radiocronache e telecronache di calcio, ma il mio vero esordiò è avvenuto con il Tour de France del 1987, seguito con ad Antonio Ferretti». E qui Ceroni piazza l’aneddoto, come è solito fare in occasione delle sue telecronache. «Da ragazzo ho fatto il disc-jockey all’Hotel Flora di Paradiso, che la sera si trasformava in discoteca. Una passione musicale che in seguito mi aveva permesso di condurre la trasmissione radiofonica Hello Music alla RSI. Quando Ferretti era venuto a sapere che avremmo seguito il Tour insieme aveva storto il naso, ma come, una telecronaca con un disc jockey? Questo perché in fondo si era notato che avevo un altro modo di concepire la telecronaca».
Funambolo delle parole
Arriviamo così al «metodo Ceroni». «Inizialmente mi ha messo anche in difficoltà perché avevo cambiato gli stilemi nel modo di condurre la telecronaca, dal punto di vista linguistico, del ritmo, dell’enfasi con cui mi facevo trasportare. Poi, un po’ di calcio ne capivo, sulla scia di Albertini». Insomma, non più foglio partita, penna e riconoscimento dei giocatori.
Sull’aspetto linguistico, ogni appassionato che guardi le partite di calcio trasmesse alla RSI conosce le colorite espressioni di Ceroni: «Conclusione farlocca, il giocatore resta lì sbaccalito, disegna un ghirigoro di dribbling, il calcio è un luogo magico dove può succedere tutto e il contrario di tutto, mi sbaglierò ma il gol è nell’aria». Parole ed espressioni riprese da autori vari o inventate. «L’origine dell’impiego di «sbaccalito» è nota – osserva il funambolo della parola - l’avevo trovata nella traduzione italiana di un romanzo di Daniel Pennac. Da lì mi ero poi inventato il termine «smarmellato», con riferimento a un centrocampo che…».
Sul ritmo e il trasporto con cui Ceroni segue i match, è sufficiente aprire l’archivio delle immagini della nazionale Svizzera alla voce Mondiali, 15 giugno 2014, Svizzera-Ecuador 2-1, che rispunta la sequenza di 52 secondi quando Ceroni al microfono (si immagini la voce incalzante di Ceroni)… «Bravissimo Valon Behrami a portar via quel pallone… con l’Ecuador vicinissimo al gol, ancora Behrami, un miracolo da parte del ticinese, siamo già sul fronte opposto dove c’è la Svizzera con Rodriguez, finale di partita incandescente dove può capitare di tutto di più, il traversone Seferovic, palla in gol la Svizzera segna con Seferovic… che finale, un finale splendido, un finale da incorniciare che ci ricorderemo a lungoooooo». Con Toni Esposito al suo fianco: «È incredibile Armando quello che è successo, però guarda questo gol è di Valon…». Sequenza televisiva che i bene informati ci dicono venga riproposta ancora oggi negli spogliatoi della Nazionale per caricare i giocatori prima di determinate partite.
Dalla cronaca individuale al fraseggio a due
Se alle nostre latitudini la telecronaca in coppia nel calcio ha fatto la sua prima apparizione a inizio anni Ottanta su Telemontecarlo con Luigi Colombo affiancato da José Altafini che coniò l’espressione «golaso», alla RSI è stato Armando Ceroni a inaugurare il binomio calcistico da far risalire agli anni ‘90. «Ricordo la mia prima assoluta con Marc Duvillard quando seguimmo insieme alcune partite dei Mondiali». Un cambiamento «epocale» che, come ogni mutamento, aveva anche fatto storcere il naso ai telecronisti più tradizionali. «Da subito ho cercato di rendere la telecronaca più colloquiale, creando una vera complicità. Non ho mai considerato la spalla come un supplemento. In tal senso credo di essere stato innovativo». E qui Armando Ceroni estrae dal cilindro il nome di Beppe Viola, giornalista, scrittore, telecronista sportivo e umorista italiano, prematuramente scomparso nel 1982 all’età di 43 anni. «Ha un po’ cambiato il modo di fare telecronaca in Italia. Ricordo un episodio avvenuto ai Mondiali del 1978, riguardante la Polonia dei vari Lato, Deyna, Boniek e Szarmach. Una Polonia che nel 1974 in Germania aveva ottenuto un brillante terzo posto in Germania, ma che in Argentina deluse. Durante una partita, Szarmach fa una conclusione che direi «stortignaccola» e Viola a dire «Ah Szarmach, barzelletta». Avevo quasi 20 anni e mi dicevo ma da dove viene quello lì, da Marte?». Quello stesso Beppe Viola che in occasione di un derby Milan-Inter inguardabile aveva avuto il coraggio di montare un servizio alla Rai proponendo le immagini del derby dell’anno precedente. Armando Ceroni sorride, «in un brodo di giuggiole».