Royal Oak
![](https://naxos-cdn01.gruppocdt.ch/cdt/stories/2022/03/28/1920x1080/f50d8ff0-535b-4f8f-851d-ed7150c3fde0.jpeg)
Nei costumi si rivela quasi sempre vano il tentativo di tracciare nette linee di demarcazione fra un prima e un dopo. Fra un’epoca e un’altra. Tutto si trasforma gradualmente ed è strettamente collegato, come in ogni linguaggio. Impercettibili e quotidiane mutazioni portano a rivolgimenti epocali.
Tuttavia, di tanto in tanto atterrano asteroidi che spostano di colpo le lancette delle consuetudini in avanti e per sempre. Nel 1972 Audemars Piguet presentò Royal Oak, il primo orologio sportivo di alta gamma - che ai nostri giorni definiremmo «di design» - il primo orologio di lusso in acciaio con bracciale integrato e il mondo del lusso non sarebbe più stato lo stesso. Se oggi Lebron James - leggenda del basket Nba e uno degli sportivi più pagati di ogni epoca - si fa fotografare con un Patek Philippe Nautilus firmato Tiffany & Co. da 6,5 milioni di dollari, se gli orologi più desiderati al mondo sono tutti modelli informali in acciaio, se l’idea stessa di luxury del nuovo millennio ha i cromosomi della disinvoltura da tempo libero, l’archè va ricercata proprio nel lancio del 1972. Fino a quel momento, nell’orologeria come negli altri ambiti del costume, il lusso era una naturale propagazione della formalità classica, della solennità espressiva, della materia prima di pregio.
Chi voleva mostrarsi «di successo», esibiva topoi tradizionali e apparentemente immutabili, come la scarpa di fresca lucidatura e l’orologio d’oro. Nel 2022, molte fra le persone più agiate del pianeta girano in scarpe da ginnastica e orologio in acciaio. Risaliamo dunque alla genesi di quella rivoluzione. All’inizio degli anni ‘70 l’industria svizzera affronta la cosiddetta «crisi del quarzo», nella quale l’orologeria meccanica viene attaccata e quasi mangiata viva dai giapponesi a pila. Audemars Piguet - nata nel 1875 e già trionfatrice all’Esposizione Universale di Parigi nel 1899 - è una delle aziende più prestigiose della prammatica elvetica e una di quelle più in difficoltà.
Su pungolo dell’importatore italiano e come tentativo di invertire la tendenza proponendo qualcosa di completamente diverso, il direttore generale George Golay commissionò a Gérald Genta, il più noto designer dell’epoca, un orologio di lusso in acciaio. Fra storia e leggenda si narra che Genta lo disegnò in una notte, ma certamente fu presentato allo Swiss Watch Show del 1972 e fu una deflagrazione dell’immaginario. Imponente - per l’epoca - cassa monoblocco in acciaio inox da 39 millimetri di diametro e di soli 7mm di spessore, lunetta ottagonale fissata da otto viti esagonali lucidate che richiamava gli scafandri subacquei, quadrante blu notte «nuage 50» azzimato da un motivo a petite tapisserie, sfere a baignoire luminescenti, bracciale integrato lucido-satinato di squisita fattura e dalla piacevole aderenza sul polso. Il calibro automatico ultrapiatto con data era il 2121 – derivato dall’JLC 920 di manifattura Jaeger Le-Coultre – il movimento meccanico a carica automatica più sottile dell’epoca e ancora oggi sopraffino. Per avere un rapido riferimento sul livello di entrata dell’orologio, il «Jumbo» referenza 5402 ST – che verrà prodotto fino al 1990 – costava circa dieci volte tanto un Rolex Submariner e superava in tromba altolocati solo tempo in oro e platino. Sicché la sua strada commerciale fu inizialmente in salita - proprio a causa di un prezzo molto impegnativo per l’idea che si aveva allora di orologio nautico - ma le sue radici erano ormai piantate nell’epopea orologiera e il tempo lo avrebbe incoronato come «Quercia Reale». Già pochi anni dopo, case della stessa levatura di Audemars Piguet, come IWC e Patek Philippe, si rivolsero allo stesso Gérald Genta per disegnare i loro nuovi sportivi d’acciaio. Nacquero così, rispettivamente, l’Ingenieur SL e il Nautilus, che oggi rivaleggia proprio con il Royal Oak come orologio più ambito dalle moltitudini. Persino la più nobile ambasciatrice del classicismo svizzero, Vacheron Constantin, seguirà la medesima ispirazione progettuale, realizzando nel 1977 il 222, antesignano dell’Overseas, a testimonianza dell’irrefrenabile magnetismo del «Jumbo». Oggi, a cinquant’anni di distanza dall’antenato e dopo numerosissime variazioni sul tema primigenio - fra le quali i discussi e discutibili Offshore - il Royal Oak torna con una collezione che celebra la purezza del tratto di Genta.
16202 è la successione numerica intera della nuova referenza, declinata in acciaio, oro giallo, oro rosa, platino. Se il modello in acciaio è il più fedele al capostipite - anche nel colore del quadrante originale, molto difficile da riprodurre e ottenuto in-house attraverso una tecnica Pvd (Phisical vapor deposition) - quello in oro giallo con quadrante fumé ton sur ton magnifica i contrasti da cui siamo partiti in una sintesi mirabile e sarà forse l’icona di domani. Prende cioè un design ergonomico, maschio, «crudo», con nervi d’acciaio, e lo reifica in un’opulenza classicheggiante, fastosa e quasi audace, che può vestire anche polsi femminili. Le modifiche estetiche sono funzionali e di dettaglio, mentre il motore - che è stato progettato da foglio bianco e ha richiesto oltre cinque anni di sviluppo - vanta migliori prestazioni ed orgogliosamente di Manifattura Audemars Piguet: il movimento meccanico a carica automatica ultrasottile calibro 7121, da 3,2 millimetri di spessore e 268 componenti. La riserva di carica passa da 40 a 55 ore grazie a un bariletto più generoso, la frequenza sale a 28,800 vph per una maggior precisione, lo scatto rapido del datario faciliterà di molto la vita ai possessori e le accattivanti finiture con massa oscillante dalla firma celebrativa «50-Years» potranno essere ammirate attraverso il fondello in vetro zaffiro. I prezzi dei nuovi Jumbo restano «egregi»: si parte dai 33mila franchi della referenza in acciaio, passando per i 72mila dell’oro rosa e giallo fino al platino, su richiesta. Per riprovare al polso la stupefazione dell’epifania orologiera che 50 anni fa ha definito un’epoca: la nostra.