La domenica del Corriere

I limiti della politica ticinese sotto la lente di quattro «saggi»

Dipartimentalismo, frammentazione, rapporti tra i partiti: sono parecchi i problemi con cui il sistema politico è confrontato – Pantani: «Non è il Governo a essere silente, sono gli altri a fare solo rumore» – Pelli: «Si passa il tempo a parlare anziché agire»
© CdT/ Chiara Zocchetti
Red. Ticino&Svizzera
23.02.2025 20:00

Il Consiglio di Stato, così come il Gran Consiglio, sono ancora in grado di essere propositivi e traghettare il Paese verso il futuro? È essenzialmente ruotata attorno a questa domanda l’ultima puntata de «La domenica del Corriere» dove, ospiti del vicedirettore Gianni Righinetti, si sono confrontati quattro volti storici della politica ticinese: Fulvio Pelli (già presidente del PLR), Giovanni Jelmini (già presidente dell’allora PPD), Roberta Pantani (già consigliera nazionale della Lega) e Anna Biscossa (già presidente del PS).

Le cose sono cambiate

A dare il là alla discussione, però, ci ha pensato il politologo Oscar Mazzoleni, in collegamento da Losanna, il quale ha sottolineato il doppio ruolo del Governo: quello politico-strategico e quello puramente amministrativo. «Se pensiamo al periodo tra gli anni Ottanta e il 2010, allora PLR e PPD avevano la doppia maggioranza in Governo e Parlamento. Nelle ultime quattro legislature, però, le cose sono cambiate: il partito di maggioranza in Governo (ndr. la Lega) non è il partito di maggioranza in Parlamento, dove si fatica a trovare convergenze poiché servono tre partiti per fare una maggioranza». Ecco, ha evidenziato il politologo, «tutto ciò provoca la difficoltà del Governo nell’essere riconosciuto come un attore politico capace di elaborare strategie. E la tendenza è a limitare la propria azione alla semplice funzione amministrativa».

«È vero che oggi la maggioranza relativa in Governo è della Lega, ma in passato c’era anche un altro Parlamento», ha risposto Pantani. «Oggi il Gran Consiglio è molto più frammentato e trovare convergenze è ben più difficile». Insomma, secondo l’ex consigliera nazionale, più che guardare alle disfunzioni dell’Esecutivo, bisognerebbe guardare a quelle del Legislativo. «Non è che oggi il Governo è silente. È che forse gli altri fanno un po’ troppo rumore, magari anche a vanvera».

Le troppe parole

A sottolineare un altro aspetto importante è poi stato Pelli, secondo cui i membri del Governo «hanno un po’ perso la capacità di essere complici fra loro». Occorrerebbe dunque «più solidarietà» e soprattutto «uno sforzo» coeso «nel convincere i partiti in Parlamento ad appoggiare le loro proposte». Anche secondo Pelli, ad ogni modo, qualche critica va pure mossa nei confronti del Gran Consiglio. «Si passa il tempo a parlare, ma non è parlando che si guadagnano consensi, bensì con l’agire. Viene tutto strumentalizzato alle prossime elezioni. E questo è un male, poiché vincere le elezioni e poi non contare nulla non serve a molto». In questo senso l’ex presidente liberale radicale ha portato l’esempio dell’UDC sul piano nazionale: «Ha vinto tutte le ultime elezioni a livello federale, ma poi si trova quasi sempre in minoranza. Vuol dire che la strategia di vincere solo le elezioni non è sufficiente. Ci vuole contenuto, discusso con gli altri, per fare una maggioranza e produrre effettivamente qualcosa, e non solo rumore».

Per Biscossa, il problema va al di là della differenza tra Esecutivo e Legislativo, poiché a mancare, più in generale, è la volontà di trovare compromessi. «Certamente la frammentazione ha complicato le cose. Ma se i partiti di Governo lo volessero, potrebbero trovare le intese necessarie e portare avanti i progetti». In questo senso, l’ex presidente socialista ha ricordato la sua recente esperienza in Gran Consiglio, dove è tornata dal 2019 al 2023, per poi non ripresentarsi. «Sono scappata perché il margine per trovare compromessi non c’era più. E oggi penso ci sia ancora meno. È un Parlamento molto presente, che parla troppo e vuole farsi vedere per vincere le elezioni. Ma così non si creano le condizioni per trovare intese». Al netto di tutto ciò, per Biscossa servirebbe anche un po’ più di coraggio da parte dell’Esecutivo, specialmente in questo contesto di gravi difficoltà economiche.

Pure secondo Jelmini, sul fronte parlamentare, non vanno trovate scuse. «È vero che la frammentazione non facilita le cose. Ma non vorrei che diventasse un alibi. PLR, PS e Centro oggi hanno il 51% in Parlamento. PLR, PS e Lega il 65%. Quindi gli atti politici importanti potrebbero essere difesi dai partiti di Governo». Jelmini ha quindi aggiunto un altro elemento che ha fatto parecchio discutere in questo periodo. «Il dipartimentalismo (ndr. in Governo) si è estremizzato in questi anni. L’impressione che abbiamo un po’ tutti è che ognuno si occupa del suo orto». In passato, ha sottolineato l’ex presidente del PPD, «c’era più collegialità e un’interazione maggiore tra i membri dell’Esecutivo».

«Non per fare polemica», ha voluto aggiungere Biscossa riguardo alla difficoltà di trovare maggioranze in Parlamento, «ma ritengo che sia anche un po’ responsabilità dei partiti di centro: una volta eravate in grado di trovare la sintesi» tra le varie sensibilità, da sinistra a destra, mentre oggi «un pezzo di voi vota da una parte, l’altro vota dall’altra». A rispondere, indirettamente, ci ha pensato Pantani: «La frammentazione del Legislativo è dovuta anche alla frammentazione della sinistra». Critica accettata da Biscossa: «Sono assolutamente d’accordo».

Il ruolo dei soldi

A tornare, poi, sul tema del dipartimentalismo è stato Pelli. «Non ci sono più soldi da spendere perché il dipartimentalismo ha gonfiato a tal punto gli orti, che non sono più orti». Sono diventati «distese immense di produzione agricola, che invece di produrre qualità, producono quantità». Pantani ha quindi sottolineato il ruolo della delicata situazione finanziaria: «Il Governo non ha il coraggio di proporre perché i soldi non ci sono. Si amministra il quotidiano e il consigliere di Stato è costretto a fare solo il capo dei suoi funzionari, senza avere spazio per elaborare una strategia». In questo senso, ha chiosato Mazzoleni, «se il Governo deve sviluppare una strategia dove si punta a un risparmio è chiaro bisogna scontentare qualcuno. E, se nel passato si poteva contare su una maggioranza che permetteva di scontentare qualcuno, oggi invece non si gode di questo appoggio. E ciò provoca immobilismo».

Il «prologo» della puntata è stato dedicato alle fotografie che hanno scosso la Giustizia negli ultimi mesi. «Fotografie – ha rilevato Pelli – costate la carriera a una serie di giudici. Ma il giudice è un personaggio che dovrebbe stare in disparte, apparire quando c’è un processo e poi scomparire. Altrimenti diventa un personaggio pubblico e come tale è soggetto a polemiche». Stessa linea anche per gli altri presenti. «Potevano essere totalmente evitate, sono un segnale del poco rispetto che invece i giudici dovrebbero avere nei confronti della loro carica», ha ad esempio rilevato Pantani.