«Mezzo secolo di incidenti con Newton e San Tommaso»
Ha appena ricevuto una multa e invece di essere seccato è contento. Anzi, di più. Raggiante. «Ma certo! Significa che guido con prudenza». E spiega: «Pagherò 40 franchi, ho sforato di due chilometri. Vuol dire che tutto sommato rispetto i limiti di velocità, no?!». E per uno come lui, che di velocità e dinamiche automobilistiche s’intende, è una grande soddisfazione. Lui è Mauro Balestra, «dal 1971 al servizio della giustizia, ingegneria dell’automobile, esperto internazionale forense, ricerca, formazione e consulenza», così si legge sul suo sito. A lui si deve l’apertura del centro diagnostico di Camorino, compresa la formazione del personale. Insegna psicologia del traffico all’Università Cattolica di Milano e, in remoto, a un gruppo di studenti in Francia. Nel 1997 è stato coinvolto nella perizia dell’incidente di Lady D. Ma di questo ci parlerà più in là. Anche del suo sogno... Prima vediamo di conoscerlo meglio. Settantasette anni, due matrimoni, una compagna, due figli, due nipoti, guida ogni tipo di veicolo, dall’automobile alla moto, dal camion alla barca; ha l’hobby della vela, dell’aeromodellismo, è autore di un libro interessante quanto divertente - La tecnica a servizio della giustizia. Aspetti giuridici, peritali e scientifici di infortunistica stradale forense - in cui, tra l’altro, svela chi è il santo patrono dei periti. «È San Tommaso. Ricordate? Uno dei Dodici che posa il dito sul costato di Gesù per verificare il segno della lancia… Perché nel nostro lavoro devi trovare, non credere. Quando i protagonisti di un incidente sono confrontati con procedimenti penali, civili e assicurativi la domanda è sempre la stessa: com’è veramente successo? Della ricerca di questa verità ne ho fatto l’obiettivo della mia vita».
Il tempo e lo spazio
Una professione complicata quella di Balestra. «Direi complessa, come ogni mestiere, se fatto bene». E poi parla di fisica… «È abbastanza elementare. La base è Newton. Si tratta della meccanica newtoniana che si occupa dello studio del moto dei corpi a partire dalle sue cause (forze) o, in termini più concreti, delle circostanze che lo determinano e lo modificano nel tempo e nello spazio». Continuiamo a capirci poco… «Ogni incidente si genera nell’ultimo istante in cui poteva essere evitato. Non conta tanto l’impatto. Noi periti dobbiamo andare a cercare la situazione prima. In quei 3-5 secondi che precedono l’impatto. Altra cosa da tener presente è che non c’è reazione senza percezione». Insomma, è un lavoro a ritroso per ricostruire l’evento sino al momento in cui poteva essere evitato. E Balestra sfata un luogo comune: «La velocità non è sempre la prima causa. Inoltre, si è abituati a giudicare un incidente in base al risultato, nel senso che se ci scappa il morto è grave, se invece si butta là un pedone senza grosse conseguenze non lo è. Non è così. Certo, se ammazzo qualcuno, dal punto di vista giudiziario è tutta un’altra cosa, ma se il conducente sbaglia, al di là delle conseguenze, sbaglia». Sono riflessioni, quelle dell’ingegner Balestra, che fanno parte della sua filosofia professionale. In sostanza, dall’analisi di un incidente si evidenzia un comportamento errato. E, soprattutto, osserva «non c’è un incidente uguale a un altro». Tutto ciò lo insegna alla Cattolica di Milano, dove un po’ per caso tempo fa si era incontrato con l’Unità di ricerca in psicologia del traffico ed era nata questa collaborazione. Se potesse scegliere, Balestra si interesserebbe solo di casi dove l’indagato ha dei buoni motivi per incappare in quel dato incidente. Il caso Milano è emblematico (andate a leggervelo sul suo sito).
Lady D
Fondamentali sono i rilievi. E Balestra su questo non transige. «Mi arrabbio molto quando vedo colleghi che lavorano male, quando la polizia non fa gli schizzi come dovrebbe. Si limita magari a semplici fotografie. Ma quelle, data la prospettiva, sfalsano la situazione planimetrica. Mi capita a volte di vedere dei rettilinei trasformati in curve. Mentre una banale piantina dell’incidente, con la posizione dei veicoli, del ferito, delle tracce dà molte più informazioni. Certo, negli anni gli strumenti sono diventati più performanti. Penso allo scanner-laser, ma anche lì se piove o ci sono delle ombre non rileva come dovrebbe. Infine, esistono anche dei soft». Il materiale raccolto finisce sul tavolo del giudice, chiamato a valutare il fatto per rapporto alla colpa. «È il perito dei periti. Io cerco di arrivare il più possibile vicino ai fatti. L’esperienza aiuta. Si diventa più prudenti e si impara a essere più distaccati. E poi io non parto con il lavoro se non ho l’intera documentazione. Non leggo nemmeno i giornali, non voglio essere influenzato». Come dell’incidente in cui perse la vita Lady D, Balestra non fece proprio in tempo a leggere nulla. «Il giorno dopo mi chiamò il mensile Quattroruote, mi chiese la disponibilità per fare da supporto tecnico per la loro redazione. Con alcuni giornalisti partii per Parigi, feci il mio rapporto da cui fu poi redatto l’articolo».
Passato, presente e futuro
Cinquant’anni di attività professionale ininterrotta sono un bel traguardo. Mica facile riuscire a mantenersi ai massimi livelli della professione dai tempi in cui il calcolo era ancora fatto a mano fino a oggi, era dell’intelligenza artificiale, restando sempre aggiornati, capaci di padroneggiare anche le tecniche più avanzate e sofisticate. Balestra ci è riuscito. Superando i 50 anni di attività, avendola ridotta, ha pensato fosse giunto il momento per cedere ad altri la sua strumentazione di ricerca. «L’ho regalata al DTC-Unfallanalyse, dove mi sono diplomato. Un modo per esprimere alla struttura scolastica e di ricerca di Bienne-Vauffelin tutta la mia riconoscenza». Sin qui il passato. E il futuro? Balestra ha un sogno. «Creare un’Accademia, ma nel vero senso del termine. Il piacere di sedersi in gruppo, discutere, approfondire un caso». E poi, forse, scrivere un altro libro. Il seguito del primo, magari anche per riparlare di San Tommaso. «Perché no?, del suo compleanno, il 21 dicembre. Quando le giornate incominciano ad allungarsi, c’è più luce. La luce che il perito deve portare sui fatti».