Lavoro

La classifica dei migliori datori di lavoro premia chi va incontro ai propri collaboratori

È un discorso di condizioni salariali, ma non solo – Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio: «L'attrattività non è soltanto il biliardo in azienda»
Le grandi aziende possono avere maggiore facilità nell’introdurre modelli di lavoro flessibili, sempre più richiesti tra le nuove generazioni. © CdT/ Chiara Zocchetti
Andrea Stern
Andrea Stern
05.03.2023 07:00

Forse è vero che, come nello spot pubblicitario, i dipendenti della Zweifel trascorrono il loro tempo lavorativo degustando patatine chips. Chissà. Di sicuro è vero che, per il secondo anno consecutivo, l’azienda familiare con sede a Spreitenbach (AG) guarda tutti dall’alto nella classifica dei migliori datori di lavoro della Svizzera, stilata dalla Handelszeitung in collaborazione con Statista.

«Questi paragoni lasciano un po’ il tempo che trovano - esordisce Angelo Geninazzi, economista e responsabile della sede di Lugano di Furrerhugi  -. Tuttavia servono a mettere l’accento sull’importanza della valorizzazione dei collaboratori. A maggior ragione in un periodo di carenza di manodopera come questo. Perché se qualche decennio fa i collaboratori erano in concorrenza tra di loro per i migliori posti nelle imprese, oggi il discorso si è capovolto. Sono sempre di più le aziende a essere in competizione tra loro per accaparrarsi i migliori collaboratori».

Ci sono aziende che brillano di luce propria, come alcuni grandi marchi dell’orologeria, da Rolex a Breitling, che si confermano datori di lavoro ambiti già solo per l’invidiabile immagine emanata dai loro lussuosi prodotti. Altre aziende devono invece adoperarsi per rendersi attrattive agli occhi dei candidati. È un discorso di condizioni salariali, ma non solo.

Dal salario all’ecologia

«Oggi la sensibilità delle nuove generazioni si estende anche alla possibilità di conciliare lavoro e famiglia - riprende Geninazzi -, all’offerta di prestazioni extrasalariali o ancora alle capacità di sviluppo all’interno dell’impresa».

Sempre più spesso, poi, i giovani candidati pretendono che il loro potenziale datore di lavoro sia ineccepibile a livello di responsabilità sociale e ambientale. «Chiedono ad esempio di conoscere il piano energetico dell’azienda, vogliono sapere quali vettori energetici usa, se promuove la mobilità sostenibile - spiega Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio, dell’industria e dell’artigianato del canton Ticino -. Queste sono domande che diventano sempre più frequenti nei colloqui di lavoro».

Ticino brillante assente

Il sondaggio della Handelszeitung si è invece basato sui pareri, ovviamente anonimi, di coloro che sono già impiegati presso oltre 1.500 aziende che contano almeno 200 dipendenti in Svizzera. Un criterio, quello della dimensione, che esclude buona parte delle aziende ticinesi, ma anche romande. A parte qualche casa orologiera, tutti i «migliori datori di lavoro» della Svizzera hanno sede nella parte di lingua tedesca.

Tuttavia - piccola consolazione per il Ticino - al secondo posto della classifica si distingue la Schindler, azienda attiva nel settore degli ascensori e delle scale mobili, che è presente anche nel nostro cantone. In base alle opinioni raccolte tra i collaboratori, la Schindler sarebbe un datore di lavoro ancora più raccomandabile rispetto ai giganti del digitale - Apple, Google e Microsoft - nonostante questi ultimi vantino strutture innovative e accattivanti.

Tutto è relativo

«L’attrattività è sempre molto relativa - riprende Albertoni -. A livello di immagine sicuramente impressiona vedere una sede di lavoro con il biliardo, i ristoranti e la palestra aziendale. Dopo sulle condizioni di lavoro si potrebbe discutere. Non direi che le grandi aziende siano per forza migliori delle piccole».

Sicuramente le grandi aziende possono avere maggiore facilità nell’introdurre modelli di lavoro flessibili, sempre più richiesti tra le nuove generazioni. «È chiaro che un’azienda con molti dipendenti ha più margine di manovra nella sperimentazione di modelli alternativi - afferma Albertoni -. D’altra parte una piccola azienda può magari rispondere con un ambiente più familiare. Indipendentemente dalle dimensioni, tutte le aziende hanno interesse a introdurre dei miglioramenti per rendersi più attrattive».

Lavorare meno o di più?

Sempre all’interno dei limiti determinati dal settore in cui si opera. «Ultimamente si sta facendo strada l’idea di una settimana lavorativa di 4 giorni ma con paga piena - prosegue Albertoni -. Ci sono diverse aziende che stanno sperimentando questo modello, specialmente in ambito informatico. Lo possono fare perché sono aziende che hanno un valore aggiunto importante e perché hanno dei modelli lavorativi particolari. Spesso la gente lavora da casa e magari finisce anche per fare 12 ore al giorno. È un’organizzazione che non è possibile in altri settori come l’industria, la sanità o la ristorazione, dove la flessibilità è limitata dall’esigenza della presenza fisica in determinati orari».

Il discorso sulla settimana lavorativa di 4 giorni non deve quindi suscitare facili illusioni. Non è affatto detto che in futuro lavoreremo di meno. «Anzi, vista la carenza di manodopera non è detto che non si finisca per dover lavorare di più - si inserisce Geninazzi -. Tuttavia affinché un impiego sia attrattivo non per forza deve garantire una diminuzione della quantità di vita lavorativa. È piuttosto la qualità di vita che deve aumentare e questo lo si può fare rendendo il lavoro accattivante e conciliante con la vita privata».

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