A 14 anni è già plurirecidivo
I soliti baby noti. Quelli con le tute «gold» celebrate dal rap, i capelli tinti dello stesso colore, la borsa a tracolla e il cazzotto facile. Alla «Pensi» di Lugano o alla «Staz» li conoscono tutti, e anche in Polizia: il 14.enne protagonista di una serie di pestaggi messi a segno dal «branco» in centro a Lugano è un volto noto alle forze dell'ordine e anche alle cronache. La Domenica si era occupata di lui a maggio scorso, a seguito di una serie di bravate e atti di bullismo per le strade della città.
Anche in quella occasione il giovanissimo, fiancheggiato dai sodali, aveva «espresso il suo disagio giovanile» massacrando di botte un coetaneo, alla prima oscurità della sera, lasciandolo esanime sul marciapiede. L’apice di un’escalation di atti violenti, piccoli furti ed estorsioni ai danni dei compagni di scuola, a cui le misure del Magistrato dei Minorenni - trascorse una settimana in un istituto per minori problematici - sembravano aver messo fine. E invece no.
Uscito da quello che una volta si chiamava «riformatorio» il 14.enne - come nei classici film d’azione - ha ricomposto la banda. I piccoli furti riprendono, anche ai danni di un negozio di sport - dove tentarono di rubare dei passamontagna - e così pure gli episodi violenti. A metà marzo il branco alla Pensilina di Lugano prende a botte un 17.enne, dopo avergli rubato una sigaretta elettronica. Dieci giorni dopo la vittima sfugge a un secondo pestaggio rifugiandosi su un bus. Il 30 marzo, un sabato sera, lo accerchiano nel piazzale della Stazione, lo minacciano con un coltello e lo picchiano finché non vengono fermati da alcuni passanti.
Scherzi? «Baruffe» tra giovani? La vittima, raggiunta al telefono in Svizzera interna dove abitano i genitori («non vuole tornare in Ticino» dicono), assicura che non conosceva gli aguzzini e che la persecuzione è stata, in qualche modo, casuale.
Ma non chiamatele «baby-gang». In Ticino «finora non si riscontra la presenza di gruppi organizzati di minori», ribadisce il Magistrato dei Minorenni Fabiola Gnesa, che parla piuttosto di gruppi «dal numero limitato e spesso facilmente identificabili». Agiscono «in compagine variabile e sfruttando la superiorità numerica» prosegue il magistrato. «Dapprima chiedono piccole somme di denaro, dietro minaccia, e in rari casi, dove non ottengono ciò che desiderano, sono passati alle vie di fatto». Tre di loro sono stati fermati e interrogati nella settimana di Pasqua.
Per il pluri-recidivo si apre la possibilità di «misure protettive» non ancora attuate, e come «ultima ratio» la pena detentiva in una struttura chiusa. Questo a dipendenza «delle risorse umane e logistiche che - ricorda Gnesa - sono al momento alquanto carenti sul territorio ticinese».