Economia

Addio, bancomat

Gli automatici non convengono più e chiudono anche in Ticino, ma la gente resta legata al contante
© CdT / Gabriele Putzu
Davide Illarietti
18.08.2024 09:27

A volte vengono scassinati. Altre addirittura esplodono. Ma più spesso, con minor clamore, semplicemente chiudono. I bancomat non hanno ancora fatto la fine delle cabine telefoniche, nonostante le profezie sulla «fine del contante» durante la pandemia li dessero quasi per spacciati. Di sicuro, però, stanno diminuendo. Il Ticino è ancora un cantone dove la cartamoneta fruscia più che altrove: c’è uno sportello per il prelievo ogni 1300 abitanti, la media nazionale è di uno ogni 1600.

Uno su tre

Eppure, negli ultimi anni diversi automatici sono stati svuotati e disattivati dalle rispettive banche, anche a sud delle Alpi. In alcuni casi, a «svuotarli» ci hanno pensato prima i rapinatori: a Coldrerio nel novembre 2018, a Novazzano nell’aprile 2019, in agosto a Sant’Antonino (all’interno di un centro commerciale) e in ottobre a Comano, in quest’ultimo caso i malviventi fecero letteralmente saltare l’apparecchio con dell’esplosivo. L’elenco potrebbe continuare, fino al 2021: da allora in Ticino non si sono più registrati colpi, ma nel resto della Svizzera il saccheggio è continuato. Ogni mese vengono fatti saltare in media due bancomat, secondo le stime della Fedpol, l’anno record è stato il 2022 con 56 rapine a livello nazionale.

Che fare? La risposta che arriva dai consigli di amministrazione delle principali banche elvetiche è che, forse, il rischio non vale più la candela. Le previsioni della società SIX, che gestisce la borsa svizzera oltre alla maggiore rete di erogazione di contanti nel paese, dicono che nei prossimi anni due terzi dei bancomat potrebbero chiudere. In Ticino a conti fatti rimarrebbero un centinaio di distributori, a fronte dei circa trecento attuali. Rapinatori a parte, il motivo principale sarebbero i costi di manutenzione eccessivi, non più giutificati dal sempre minore utilizzo.

Vetrine vuote

La tendenza è già in atto, secondo i dati forniti alla Domenica da SIX. Negli ultimi quattro anni la società zurighese ha già chiuso dodici distributori automatici che in precedenza gestiva, presso altrettante filiali di banca ticinesi. Al netto delle riaperture o delle chiusure temporanee, dovute a rapine o a rinnovamento delle filiali (come nel caso di Credit Suisse in piazza Riforma a Lugano) il bilancio è comunque di otto sportelli off-line che, nel frattempo, hanno lasciato posto ad altre attività o magari soltanto a una vetrina vuota.

Il processo è irreversibile, del resto, a sentire gli esperti. «Negli ultimi anni il numero degli sportelli bancomat è diminuito a livello nazionale, è un fatto incontestabile» osserva Jürg Schneider di SIX. «La tendenza è probabilmente dovuta principalmente al calo dell’uso del contante tra la popolazione. Ma giocano un ruolo importante anche gli aspetti legati alla sicurezza e altri fattori che influenzano la disponibilità degli sportelli bancomat». Prime fra tutti - si legga - le strategie di mercato delle banche, e le mutazioni geografiche della piazza finanziaria, che è in continuo rimescolamento.

Il «caso» Credit Suisse

La più importante, neanche a dirlo, è la fusione UBS-Credit Suisse. Lo studio dei «doppioni» tra i due colossi è sul tavolo da aprile dell’anno scorso. All’indomani del salvataggio gli istituti erano entrambi co-presenti in ben 75 città svizzere con le rispettive filiali, spesso a pochi metri l’una dall’altra come nel caso di piazza Riforma a Lugano. Anche a Bellinzona, Locarno, Mendrisio e Chiasso i bancomat - e il personale - di UBS si contendevano e contendono, spesso, le stesse vie o piazze con i «colleghi» di Credit Suisse e viceversa.

Non è detto che gli uni o gli altri debbano chiudere. Finora nella maggior parte dei casi non è successo (uno sportello Credit Suisse ha chiuso ad Ascona in aprile 2023, prima però che si avviasse il piano di fusione). Tuttavia, sottolinea Schneider, in futuro tutto fa pensare che una «convergenza» nella rete dei bancomat sul territorio (non solo di UBS e Credit Suisse, ma tutti) sarà possibile e forse necessaria. «Una riduzione e una distribuzione più ottimale delle ubicazioni permetterebbe di garantire, alle condizioni attuali di utilizzo, un approvvigionamento di contanti a lungo termine in tutta la Svizzera» osserva l’esperto.

A 20 minuti da casa

Le stime vanno prese con le pinze. «Non abbiamo modelli che consentano di trarre conclusioni dirette sugli sviluppi reali» precisa Schneider. Uno studio condotto con SIX dalla società di analisi Senozon ha stabilito un «numero minimo» di bancomat necessari «per garantire che la quasi totalità della popolazione possa raggiungere un bancomat in un tempo di venti minuti, a piedi o con i mezzi pubblici». In Ticino, dove il territorio è più dispersivo che altrove, è probabile che ciò si traduca in un maggiore resistenza della rete distributiva, anche laddove non è più così conveniente mantenerla. Sui 5500 bancomat gestiti da SIX in Svizzera, i 269 rimasti in Ticino (nel 202 erano 277) potrebbero sembrare pochi. Ma per la popolazione più anziana, nelle Valli più sperdute, sono ancora fondamentali.

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