La storia

Al Morandi mille e una notte

Non è stata solo una semplice discoteca – La pista ha raccolto storie e intrecci di vite
Marco Ortelli
08.05.2022 06:00

La notizia dell’apertura di una discoteca a Lugano apparsa sui media locali nei giorni scorsi cambia colore e calore a dipendenza di come se ne interpreti il nome: Dancing Morandi. Vuoi vedere che Gianni Morandi, con tutte le porte che sta aprendo, ha spalancato anche quelle di un locale in via Trevano 56 a Lugano? No, il cognome Morandi, dalle nostre parti (e non solo) ha qualcosa di evocativo, come il profumo di una madeleine intinta in una tazza di tè appena sorseggiato e che all’improvviso sprigiona immagini, e nomi. Iniziamo facendone due, che diventano quattro, che diventano innumerevoli. Raimondo e Wanda Morandi. Il loro figlio primogenito Roberto, detto «Robi» e Jonathan Tedesco, «il» disc jockey del Morandi per antonomasia.

«Five, four, three, two, one, zero, inizio»

Mercoledì 5 maggio 1982. Una sera di 40 anni fa. «La ricordo come fosse oggi - inizia DJ Jonathan. Wanda, trovatasi senza DJ, aveva chiamato un mio amico discografico a Milano che le aveva fatto il mio nome. Sono arrivato per fare qualche serata, ci sono rimasto per 14 anni, di cui 10 passati ogni sera mettendo musica». Tra i cavalli di battaglia di inizio serata di Jonathan vi era «Adventure», la sigla iniziale nel 1982 della discoteca Xenon di Firenze, accreditata a Marzio Dance D.J. and Gang. Una scelta non casuale. «Prima di arrivare al Morandi poco più che ventenne avevo già lavorato allo Studio 54 a Milano e fatto serate a St. Moritz al Dracula e al King’s, su invito di Francesca Vacca Agusta (moglie del conte Corrado Agusta, imprenditore aeronautico dell’omonima casa, ndr), che chiamava mia mamma a casa dicendole «Di’ a Jonathan di portare la musica funky». A St. Moritz Jonathan conosce Peppo Vanini, figura essenziale dei giorni e delle notti internazionali, avendo aperto nel 1978 a New York, con Chico Frigerio, Ernesto Parli e Howard Stein, la discoteca e night club Xenon, antagonista dello Studio 54 della Grande Mela. Da qui l’invito a New York da parte di Vanini, dove Jonathan Tedesco soggiorna due mesi e conosce diversi ticinesi, dal fotografo e regista Edo Bertoglio al nipote di Vanini Claudio Mantegazza, che ritroverà poi a Lugano, sia al Morandi, sia alla Piccionaia, l’antagonista luganese del locale notturno di via Trevano.

Lo dico francamente, sono andato via da Lugano perché davanti a me avevo visto due opzioni, o rimanere il figlio di Wanda, o diventare Roberto Morandi
Roberto Morandi

«Robi» Morandi, invece. «Dal 1981 mi trovavo a Zurigo, a studiare agronomia al Politecnico federale. Dopodiché mi sono assentato dalla Svizzera per una decina d’anni, passando da Santo Domingo allo Zaire - ora Repubblica Democratica del Congo -, dove ho lavorato nel settore del caffè, all’Asia, per poi tornare a Lugano». Un’assenza dovuta a una scelta precisa. «Lo dico francamente, sono andato via da Lugano perché davanti a me avevo visto due opzioni, o rimanere il figlio di Wanda, o diventare Roberto Morandi. Ho scelto la seconda via». Al suo ritorno «ero completamente distaccato - osserva Roberto - e ho imparato a conoscere Jonathan, diventato nel tempo un fratello. In lui ho apprezzato la vicinanza a mia madre, il suo essere vero e onesto». Oltre che essere il personaggio chiave della trasformazione del Morandi in una Discoteca con la «D» maiuscola. Ancora Roberto Morandi: «L’arrivo di Jonathan ha portato a un cambiamento radicale del ruolo di disc jockey. Ti portavi dietro un nome. Prima il DJ era una sorta di juke-box vivente, che metteva dischi su richiesta, anche dell’avventore di turno che avendo comprato una bottiglia chiedeva una canzone per fare colpo sulla sua accompagnatrice. E la gente se n’è resa conto». «Ah no, con me era diverso, niente dediche - interviene Jonathan sorridendo -. Seguivo una scaletta precisa, con musica che andavo ad acquistare anche a Londra». E poi musica americana, dance emergente, per serate che oscillavano dai balli scatenati di qua all’ambiente soft del pianobar di là, il «regno» di Wanda Morandi.

«Dancing Queen»

Una wonder woman - per Jonathan Tedesco -. «Era il faro attorno al quale tutto girava». Parafrasando Ludovico Ariosto, attorno a Wanda - peraltro non in fuga - era tutto un vorticar di avventori, dai pesci buoni agli squali. «È stata maestra di eleganza, di stile e di etica. E una donna bellissima, che ho conosciuto quando aveva 42 anni».

Il figlio Roberto rievoca la serata voluta e organizzata dal padre Raimondo, forse conosciuto da tutti come «Mondo». «Mondo era riuscito a portare a Lugano una puntata di Lascia o raddoppia?, il gioco televisivo condotto da Mike Bongiorno tra il 1955 e il 1959. In quell’occasione mia madre era stata la valletta di Mike». Locale e internazionale.

Raimondo Morandi è figura imprescindibile nella storia della discoteca Morandi. «Era un uomo d’affari e una specie di sindaco del quartiere di Molino Nuovo - osserva Robi -. Fondatore del primo Milan Club con sede all’infuori dell’Italia, nel 1971 aveva deciso di trasformare il ristorante in discoteca, mantenendo la sala per la tombola. In occasione dell’inaugurazione nel luglio del ’71 aveva invitato proprio una nutrita rappresentanza dell’AC Milan, comprendente lo storico allenatore rossonero Nereo Rocco, il numero 10 Gianni Rivera, il portiere Fabio Cudicini, Roberto Rosato, Karl-Heinz Schnellinger e Giovanni Trapattoni (vedi foto in basso a sinistra, con Raimondo Morandi che appoggia le mani sulle spalle del terzino sinistro, ndr)».

Un percorso esistenziale e imprenditoriale, quello di Raimondo Morandi, interrottosi bruscamente il 23 febbraio del 1973, all’età di 44 anni. Ricorda il figlio Roberto: «Wanda impiegò quasi due anni per riprendersi da quella perdita. Stava sempre in camera, stesa sul letto, non riuscivamo quasi a parlarle, finché un giorno si è alzata e ha detto, «adesso prendo in mano il locale». Da lì è partita e non si è più fermata». Prendeva così forma e sostanza la seconda trasformazione della discoteca. Sparizione della Sala Tombola, restyling delle «grotte» e inaugurazione il 12 aprile 1979, con Wanda Morandi unitamente al socio Roberto Soldati a dirigere le notti in via Trevano, angolo via Vignola, dove di DJ in DJ, da Valentino a Sandrino, si arriva all’esordio di Jonathan Tedesco, il 5 maggio 1982.

La prima volta che ho incontrato il Nano mi ha rifilato uno schiaffo perché pensava flirtassi con la sua fidanzata
Jonathan Tedesco

Quello schiaffo da Giuliano Bignasca

Se Roberto Morandi frequentava il Morandi inevitabilmente e quasi per inerzia, «nel 1971 avevo i bassi che picchiavano proprio sotto il mio letto; successivamente passavo a dare il bacio della buona notte a mia mamma e finivo per restare al pianobar fino alle 3 di mattina», anche Jonathan Tedesco ne ha visti di tutti i colori. Di personaggi. A partire da Giuliano «Nano» Bignasca. «La prima volta che l’ho incontrato mi ha rifilato uno schiaffo perché pensava flirtassi con la sua fidanzata. Non era vero. I camerieri hanno dovuto fermarmi perché volevo menarlo». «Che personaggio! Solo Wanda era in grado di gestirlo!». E poi via, da parte di Roberto e Jonathan una raffica di nomi: la Rosina, cameriera, «un pilastro del locale, analfabeta, non le scappava niente, stava simpatica a tutti ed era così fuori logica», «Werner Süssli, il primo DJ di Ibiza e che lo aveva fatto anche al Morandi», dove Roberto lo sostituiva, i lunedì sera del 1971. E ancora, Tiziano Calvi, il «creativo», Augusto Chollet che faceva il cameriere, l’artista e fotografo Pier Poretti, Daniele Benci, Marino, il portiere con i baffi... Tra gli ospiti «illustri», la cantante Gianna Nannini, Prince, Sylvester Stallone, Clay Regazzoni, Arrigo Sacchi, Giancarlo Foscale, cugino di Silvio Berlusconi. Stop. Per non trovarci a scrivere un’enciclopedia.

Allora, che effetto ha fatto la riapertura del «Dancing Morandi» dello scorso 22 aprile? Roberto Morandi: «Ho avuto una reazione ambivalente. Ma come, mi sono detto, possibile che dopo 40 anni ci si attacchi a qualcosa di extra temporale? Poi però, in fondo, è qualcosa di carino, la Wanda sarebbe stata contenta per questo». Jonathan Tedesco: «Non sono andato all’apertura. Già, la Wanda, la si sarebbe dovuta clonare per tutti i secoli dei secoli». E così via... «Five, four, three, two, one, inizio…».

Bando in compagnia, da soli e con i fantasmi...

Dove sono il Mondo, la Wanda, l’Epe, il Franco, il Bruno, il Cico, il Carlin, il Neto, il René, il Lino, l’Antonio e tutti i giovani nati negli anni Trenta e cresciuti a Molino Nuovo, Viganello, Pregassona, Cassarate… Tutti, tutti ballano in discoteca.

Ristorante, bar, campo da bocce già nel 1924, grotte per serate danzanti con musica dal vivo ed estrazioni della tombola: «Scorla!». E poi discoteca, sede del Milan Club Lugano - il primo in assoluto costituito al di fuori dell’Italia -, luogo di ritrovo della Federale Pallacanestro… Un edificio, in via Trevano angolo Vignöla. Molteplici variazioni. Una famiglia, dal capostipite Raimondo «Giovanin» Morandi coniugato con Chiarina, molteplici diramazioni.

Qui evochiamo quella volta, all’inizio degli anni Settanta, quando Raimondo e Wanda Morandi avevano adunato in via Trevano gli amici più stretti per mostrare il nuovo cambiamento: la trasformazione del ristorante in dancing. Tavolini rotondi, poltrone color rosso fiammante. Brillavano gli occhi di Wanda e Raimondo. Brillio negli occhi di tutti i presenti che due anni più tardi, nel febbraio 1973, si era trasformato in lacrime per la scomparsa di Raimondo detto «Mondo». Uno shock per l’intero «mondo». Era quindi stata la moglie Wanda - che aveva appena dato alla luce la loro figlia Linda, terzogenita dopo Cinzia e Roberto - a decidere un paio d’anni più tardi di portare avanti l’idea della discoteca, che raggiunse il suo apice negli anni Ottanta e Novanta. Si ricordano code fino alle scuole di Molino Nuovo per entrare nel locale. Con Wanda a conquistarsi la caratterizzazione di «regina della notte luganese».

E quanti personaggi. Al Morandi c’era chi andava perché gli piaceva, per non sentirsi solo, per scatenarsi in balli osé; c’era chi era lì per ricordare di essere stato felice; al Morandi c’era chi andava perché «sìiii c’è lei!», «wow c’è lui!», che poi sparivano nella notte e allora giù un ultimo drink… fino al prossimo fine settimana: «Cosa fai stasera?», «Vado al Morandi». Personaggi noti e ignoti, dal citato Giuliano Bignasca al «Generale», un misto tra Dino Meneghin, il fuoriclasse della pallacanestro di Varese (anch’egli passato al Morandi) e un armadio. Dai giocatori del Milan a quelli della Pallacanestro Federale, Manuel Raga con la moglie Esma, Ken Brady, Sergio Dell’Acqua… E le cameriere Rosina e Rosetta, Carla Morandi - «che faceva dei panini squisiti», Jonathan dixit - ed Ercole «Epe» Morandi. Bisognerebbe chiedere all’Ufficio controllo abitanti della città di Lugano la lista di coloro che sono passati almeno una volta dal Morandi. Ci sarebbero tutti.