Anche le scimmie si sbronzano
![](https://naxos-cdn01.gruppocdt.ch/cdt/stories/2025/02/01/1920x1080/79f4d9c9-0e0f-4bd3-9344-523763e0f83b.jpeg)
È probabile che non accadrà mai che una coppia di scimmie ragno di Panama telefoni a Museau Rouge per farsi riaccompagnare sull’albero dopo aver bevuto qualche cicchetto di grappa di troppo al Carnevà di Goss di Lostallo... Di imbattersi in esponenti non umani «ubriachi», questo però potrebbe accaderci sì, come attesta un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Trends in Ecology & Evolution. Per l’autrice principale Kimberley Hockings, ecologista comportamentale, infatti, «stiamo sempre più allontanandoci dalla visione antropocentrica secondo cui l’etanolo è qualcosa che solo l’uomo usa».
Cosa pensa di questo fenomeno rilevato dallo studio Christian Bernasconi, biologo, conduttore della trasmissione di divulgazione scientifica RSI Il giardino di Albert?
Non siamo mai stati gli unici
«Da tempo si era a conoscenza di specie animali in grado di consumare alcol derivato dalla fermentazione di frutti. La ricerca sopra citata - osserva il biologo - ha messo in luce che le specie con questa abitudine non sono poche: primati, uccelli, insetti, piccoli e grandi mammiferi… Si è quindi passati da pensare che gli esseri umani fossero gli unici a consumare alcol al dato rilevato scientificamente che molti animali lo fanno, e questa è già di per sé una novità». Per conoscenza: l'etanolo (alcol) è presente in natura da circa 100 milioni di anni.
Animali che «bevono pesante». Soprattutto nelle zone tropicali, dove le alte temperature e l’umidità possono provocare un aumento dell’alcol nei frutti maturi come quello di palma fino a una concentrazione del 10,2% in volume, come si evince dallo studio.
Proseguendo nel commento, Christian Bernasconi evidenzia come «allontanarsi da una visione antropocentrica è interessante. Non si tratta di sfiduciare l’essere umano come specie o di sminuire le nostre specificità, bensì di scoprire che anche tutta una serie di animali e piante attorno a noi hanno qualcosa di particolare». Quello che già lo scrittore e filosofo Elémire Zolla, ad esempio, aveva chiamato le meraviglie della natura. «È un po’ come se decentrarci ci permettesse di centrare meglio il nostro posto sul pianeta - prosegue Bernasconi - di renderci attenti di quello che ci circonda e soprattutto di prendercene più cura».
Comportamento voluto?
Alcuni esempi. I moscerini della frutta - Drosophila melanogaster -, che tutti gli allievi cantonali hanno ‘coltivato’ almeno una volta in un laboratorio di scienze naturali per studiarne i caratteri ereditari, o visto svolazzarle in casa provenienti da un frutto. Ebbene, è stato appurato che quando un esemplare maschio viene «abbandonato» da una drosofila femmina, «beve» maggiormente; la femmina invece, più è inebriata dall’etanolo e meno diventa selettiva nell’accoppiamento. Inoltre, le moscerine depongono le uova in frutti fermentati per proteggerle dai parassiti. Se parassitate, le larve aumentano l’assunzione alcolica suggerendo un comportamento di automedicazione. Christian Bernasconi: «Per i primi due comportamenti, non penso che ci sia una scelta deliberata da parte dei moscerini di puntare sull’alcol, bensì che siano dei comportamenti indiretti. È importante sottolineare che l’etanolo è anche fonte di energia per gli animali e che quindi lo consumano non tanto per il côté inebriante, quanto per accumulare energia».
L’affermazione del divulgatore scientifico apre uno spazio ulteriore di domande attualmente senza risposta - ad esempio se gli animali consumino alcol intenzionalmente o solo per necessità nutrizionali - e ricerche future inerenti ai benefici del suo consumo. Prezioso apporto energetico dato dalle molte calorie presenti nei frutti fermentati; maggiore socialità e interazione tra gli animali, date dall’attivazione da parte dell’alcol del sistema delle endorfine e della dopamina che favoriscono il rilassamento. Lo studio citato evidenzia anche rischi e svantaggi dell’alcol, specialmente in situazioni di pericolo durante la fuga da predatori. Per le «nostre» scimmie ragno della foto accanto, troppo alcol in corpo potrebbe pregiudicarne l’arrampicata sugli alberi. Per il beccofrusone del cedro, ghiotto di bacche fermentate, volare in stato di ebbrezza può farlo schiantare contro un ostacolo.
«Un altro esempio inerente a sostanze «volatili» e forse noto ai più - chiosa Christian Bernasconi - è un curioso comportamento dei delfini. È stato osservato che questi mammiferi interagiscono con i pesci palla muovendoli con il muso per far rilasciare una sostanza chiamata tetrodotossina; in piccole quantità ha un effetto «sballante» su di loro, li si vede galleggiare immobili come ipnotizzati». Se i delfini agiscano volutamente per cercare un effetto narcotico non è certificato da prove definitive. Certo è che il loro comportamento testimonia di come gli animali siano in grado di interagire con il loro ambiente in modi complessi.
Ed è proprio su questa intelligenza animale che Christian Bernasconi volge lo sguardo conclusivo. «Tra i filoni di ricerca più interessanti vi è quello inerente all’intelligenza degli animali e delle piante, intesa come la loro capacità di adeguarsi e sopravvivere in ambienti diversi. Negli ultimi anni si son fatti dei grandi passi avanti nella comprensione di questi temi, anche grazie alle nuove tecnologie. Penso ad esempio alla bioacustica che fonde biologia e acustica: oggi siamo in grado di registrare i suoni della natura e, grazie all’intelligenza artificiale, di decodificare il linguaggio degli animali, aiutandoci a capire cosa si dicono. Comprenderlo diventa interessante anche per noi e per l’interazione con loro». Un esercizio: avete mai pensato a cosa si dicono i cinguettanti e assordanti passeri nascosti dalla chioma dell’albero in quella che sembra una riunione serale di condominio?