Economia

Anche l'innovazione si è (r)innovata

Fare ricerca e sviluppo all’interno dell’azienda? Per Giorgia Pati – imprenditrice e vicepresidente AITI Up! – è meglio guardare quel che già c’è sul mercato
© Gabriele Putzu
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
20.10.2024 06:00

Innovare è la chiave di successo per molte imprese. Ma non per forza bisogna osare internamente. Anzi. Meglio aprirsi alle innovazioni che offre il mercato. A esserne convinta è Giorgia Pati, imprenditrice e vicepresidente di AITI Up!, (l’associazione di nuove imprese dentro l’associazione delle industrie ticinesi, l’AITI), che lancia così un modello diverso di fare impresa.

Verrebbe quindi da dire che anche l’innovazione si è... innovata.
«In un certo senso,sì. Anche perché questo nuovo approccio consente di ridurre i tempi di sviluppo, contenere i costi e migliorare la capacità di adattamento dell’azienda (anche ai cambiamenti del mercato). In definitiva permette all’impresa che vuole innovare di rimanere più competitiva».

Ma perché fare innovazione internamente non è più la soluzione, secondo lei?
«Non è detto che non sia più la soluzione. Dico solo che un’azienda che si affida esclusivamente alle risorse interne potrebbe essere limitata nello sviluppo delle nuove soluzioni che sta cercando. Mentre invece se sceglie la strada dell’apertura ha più opportunità di scegliere, valutare e integrare le migliori idee e le migliori competenze che sono già disponibili all’esterno».

Il pensiero va automaticamente alle start-up, giovani imprese con idee innovative, che stanno cercando di affermarsi e che potrebbero trarre giovamento da questo nuovo modello.
«Certo, si può subito pensare al processo dicollaborazione tra un’azienda consolidata e una start-up, perché da un lato l’azienda consolidata può attingere all’innovazione che sta sviluppando la start-up, dall’altro la start-up ha l’opportunità di poter più facilmente avvicinarsi all’introduzione di questa innovazione nel mercato, perché può attingere alle risorse dell’azienda già consolidata. Possiamo quindi parlare di una congiunzione di intenti».

Ma una start-up non è quasi obbligata a cercare collaborazioni non avendo, in quanto giovane impresa, tutti i servizi aziendali al proprio interno?
«Infatti quando parliamo di Open Innovation lo facciamo dal punto di vista dell’azienda consolidata».

Può fare qualche esempio di Open Innovation?
«Se un giorno una grossa azienda del settore idroelettrico, che si occupa anche ad esempio della produzione di turbine, volesse inventare una turbina più efficiente invece di investire internamente per lo sviluppo e l’invenzione della nuova turbina potrebbe guardare cosa c’è sul mercato e trovare quello che sta cercando».

È un esempio a caso o c’è effettivamente una start-up che ha inventato una turbina più efficiente?
«Certo che c’è! Si chiama Gaia Turbine, è ticinese e ha sviluppato una micro e mini turbina idroelettrica plug- and-play con elevate efficienze. Un prodotto testato presso dei centri specializzati nell’idroelettrico e ora in fase pilota, che però non è stato ancora necessariamente industrializzato. Ecco allora che la grossa azienda del settore idroelettrico di cui si diceva prima in ottica Open Innovation potrebbe bussare alle porte della Gaia Turbine».

Servirebbe insomma un po’ più di coraggio. Meglio, di una visione d’innovazione più aperta.
«Certo, è così, anche perché in realtà le idee sono veramente tante e il capitale per investire in Svizzera non manca».

Cos’è che manca, allora?
«In Europa abbiamo forse un po’ troppo la tendenza a pensare che dietro un’idea ci debba essere subito un successo altrimenti è una cattiva idea. Oppure che non si possa sbagliare o imparare dagli errori. Dal mio punto di vista si dovrebbe cominciare a cambiare idea sul fallimento, che non dovrebbe essere visto per forza di cose come negativo, ma come l’inizio di un percorso di crescita e di formazione. Dovremmo insomma imparare un po’ di più dagli americani».

Di cosa si occupa la sua azienda?
«Assieme a un mio collega di università qualche anno fa ho fondato a Lugano Match Strategies Sagl. Siamo una boutique di innovazione. Da una parte, supportiamo le start-up con un approccio sia strategico che operativo, dall’altra le guidiamo per cogliere le opportunità erogate dagli ecosistemi di innovazione. Quindi possiamo dire di fornire alle giovani imprese una struttura a 360 gradi per partire. Andiamo insomma a completarle dando loro quegli strumenti iniziali per poter avviare l’attività».

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