Caro partito, ti faccio un «dono»

Qualcuno ritiene che il giudice dimissionario Mauro Ermani avrebbe meritato una qualche forma di sostegno dal Partito socialista, con tutti i contributi che gli ha versato negli anni. Migliaia e migliaia di franchi che lui, come altri magistrati di ogni partito, ha scucito come forma di ringraziamento facoltativa, volontaria, ma di fatto caldamente raccomandata.
Perché in Ticino nessun partito parla apertamente di «obbligo di contribuzione». Tutti si trincerano dietro alla forma volontaria degli oboli che i magistrati versano ai partiti che hanno avuto il buon cuore di candidarli a una carica pubblica. Ma il fatto è che in base a un sondaggio effettuato l’anno scorso dall’Associazione svizzera dei magistrati, circa i tre quarti dei giudici affermano di versare regolarmente un contributo finanziario al proprio partito politico. Segno che questa forma di ringraziamento è, se non obbligatoria, quantomeno molto diffusa.
L’iniziativa parlamentare
«È qualcosa di grave, è una sorta di pizzo», sostiene Matteo Pronzini, deputato dell’MpS che nel settembre scorso ha presentato un’iniziativa parlamentare, al momento ferma in qualche cassetto, con la quale chiede semplicemente di vietare ogni forma di contributo finanziario dei magistrati ai loro partiti politici di riferimento. «Dal sondaggio emerge in maniera chiara che gli stessi magistrati vivono questa richiesta di contributo come un’imposizione - aggiunge Pronzini -. Dobbiamo fare come con gli alcolisti, togliere loro l’alcool».
Parole forti che, nella sostanza, sono condivise anche all’altro estremo dello spettro politico, in casa UDC. «Sono favorevole a un divieto per i magistrati di versare contributi ai partiti - afferma Roberta Soldati, che fa parte della Commissione giustizia e diritti -. Chiamare questi contributi ‘pizzo’ mi sembra un po’ eccessivo, però è chiaro che si instaura un meccanismo psicologico perverso, in cui i l magistrato si sente in debito verso il partito. Motivo per il quale è innanzitutto necessario uscire da questo sistema arcaico di nomine che abbiamo in Ticino, allargando il raggio a quelle persone competenti che non vogliono legarsi a un partito».
Il sistema di nomina dei magistrati è pur sempre simile a quello della Confederazione.La differenza è che in Ticino i contributi restano avvolti nel mistero, in nome di una non meglio precisata privacy, mentre a livello federale sono elencati con precisione centesimale. Si sa così che i giudici più generosi sono Christian Kölz e Laurent Merz, entrambi attivi al Tribunale federale di Losanna, che versano ai Verdi 21.840 franchi l’anno a testa. Seguono i giudici eletti in quota PS, i cui contributi al partito oscillano tra 13.000 e 15.000 franchi. Meno esosi sono i partiti borghesi, in particolare il PLR, al quale il ticinese Giuseppe Muschetti, giudice federale, versa soli 500 franchi l’anno. In totale, secondo un’inchiesta dell’emissione romanda Temps Presents, i versamenti dei magistrati ai partiti ammonterebbero a 2,5/3 milioni di franchi l’anno.
Parola ai presidenti
In Ticino bocche cucite. I partiti non divulgano le cifre. Anche perché, a quanto pare, in certi casi non sarebbero nemmeno loro note. «Da noi non c’è alcun obbligo, i magistrati non sono tenuti a versare alcun obolo al partito – afferma Alessandro Speziali, presidente del PLRT -. Capita che qualcuno di loro voglia versare un contributo a titolo volontario e allora noi lo indirizziamo al Club dei 1000, che è un’associazione culturale che organizza incontri e conferenze».
Questo cambiamento di prassi rende impossibile sapere quanti magistrati eletti in quota PLR esprimano in seguito la loro riconoscenza in termini monetari. «C’è chi aderisce e chi no - afferma Speziali -. Non saprei dare delle percentuali. Si parla ad ogni modo di cifre modeste. E posso garantire che la nostra scelta di puntare su un candidato piuttosto che un altro si basa unicamente su criteri tecnici. Nel PLRT abbiamo una commissione composta da avvocati ed ex magistrati che si occupa di scegliere le migliori candidature in base alle competenze. Su questo siamo molto rigorosi. Anche perché se dovessimo proporre un candidato inadeguato solo sulla base della partecipazione a un club, ci esporremmo al rischio di incorrere in una brutta figura come partito».
È invece in nome dell’indipendenza della giustizia dalla politica che in casa PS, spiega la copresidente Laura Riget, si è deciso di non pretendere assolutamente nulla dai magistrati. «Non esiste alcun contributo obbligatorio - premette Riget -. Poi se la singola persona vuole fare una donazione perché si sente particolarmente legata al partito e ne ha a cuore le attività, lo può fare. Ma in genere queste sono persone che sono già attive politicamente, spesso a livello locale. La stragrande maggioranza dei magistrati eletti in quota PS non versa nulla al partito».
In casa Lega il neocoordinatore Daniele Piccaluga dice di non essere in grado di fornire delucidazioni. Non gli risulta che i magistrati leghisti versino qualcosa al movimento ma ammette di non essersi ancora chinato sulla questione. Dal passato emerge solo una dichiarazione dell’ex coordinatore Attilio Bignasca secondo cui Claudio Zali, da giudice, non versava mai un franco al movimento e il movimento non gli chiedeva mai nulla.
Anche nel Centro i contributi dei magistrati sembrano essere cosa rara e modesta, tanto che dopo aver consultato tutti i partiti di governo viene da chiedersi come sia possibile che nel sondaggio, in forma anonima, tre quarti dei giudici hanno ammesso di pagare.
«Non esiste alcun obbligo, non esiste alcuna convenzione - spiega Fiorenzo Dadò, presidente del Centro -. Se un magistrato vuole versare qualcosa, come qualsiasi altro aderente al partito, è libero di farlo. Ma non sono di certo queste donazioni, per altro modeste, a influenzare i processi di nomina».
D’altra parte Dadò sostiene di essere il primo a vedere di buon occhio un cambiamento del sistema di nomina dei magistrati. «È da anni che ne discutiamo - afferma -. Io sono convinto che il sistema vada rivisto. Ma per farlo ci vorrebbe dapprima un po’ di tranquillità da parte della magistratura, di modo che si possa ragionare a bocce ferme. Mi pare di capire che c’è una parte della magistratura che vorrebbe autonominarsi. Ecco, dopo i fatti che abbiamo visto in questi mesi, mi sembra che l’ipotesi diventi piuttosto problematica».