C'è troppa violenza nelle serie tv?
Sempre più spesso le nostre serie tv preferite ci tengono attaccati allo schermo, sul filo del rasoio mentre seguiamo i colpi di scena e gli intrighi della trama. Tuttavia è sempre più frequente che in queste fiction si susseguano una serie interminabile di efferati omicidi e di violenza di ogni genere. Perché ne siamo affascinati? Theslotbuzz.com ha deciso di compilare una classifica delle 15 serie tv tra i drammi polizieschi più popolari del momento e ha contato il numero di omicidi rivelando il personaggio «cattivo» più violento di tutti i tempi. Da Gotham al primo posto con ben 1385 omicidi in 5 stagioni, a Peaky Blinders con 823. Ma tutta questa violenza può avere degli strascichi nella realtà?
I giovani
«Ho notato - interviene Eleonora Benecchi, sociologa e professoressa di culture digitali, social media management e produzione audiovisiva all’Università della Svizzera italiana - che tra le serie più violente che compaiono nello studio di Theslotbuz.com alcune sono state segnalate come «preferite» anche dai giovani adolescenti svizzeri interpellati nell’edizione 2022 dello studio JAMES, che si propone di indagare il rapporto tra giovani e media». Questo dato, «mostra dunque che ci sia una esposizione ai contenuti violenti», spiega Benecchi, che osserva: «Inoltre dallo studio JAMES si evince che il 65 %, ovvero molto più della metà dei giovani, dichiara di aver già visto video violenti sul cellulare o al computer. Circa un decimo ha già inviato video di questo tipo (11 %) e il 7 % ha già avuto problemi per contenuti non consentiti». La ricezione di video violenti aumenta continuamente in tutte le fasce d’età. A volte la violenza che ci si scambia nei video «è inscenata, è una recita, questo da una parte ha a che fare anche con la digestione di questi contenuti da parte dei giovani - spiega Benecchi -, il giovane rilegge la violenza, la reinterpreta in modo quasi catartico».
Tuttavia, a livello sociologico, «non abbiamo evidenze che dimostrano una causalità: dunque dai nostri studi non possiamo dimostrar che i giovani svizzeri che vedono o si scambiano video violenti, poi diventano più violenti». Tuttavia, continua la sociologa, «il vero problema è la normalizzazione della violenza: quando vedrò episodi violenti o discorsi d’odio sarò meno propenso ad intervenire». E allora come disincentivare questa tendenza? «Ritengo che - e la ricerca lo conferma - una vera educazione all’empatia possa essere l’unico vero antidoto. Va fatta sia in famiglia che fuori. La comunicazione online in qualche modo deresponsabilizza le persone, perché non essendo immediata, esse non colgono l’effetto delle loro parole, non possono empatizzare con l’altra persona, ecco allora che l’unica strategia è scardinare questo meccanismo per cogliere l’impatto che certe azioni o parole possono avere negli altri».
Il copycat
Quante volte nel corso della storia abbiamo sentito al telegiornale o letto su un quotidiano che un killer ha commesso uno o più omicidi «copiando» il modus operandi di qualcun’altro, in particolar modo, da un film, o da un fatto di cronaca riportato sui media. «Questo è quello che in criminologia viene chiamato copycat - spiega Roberta Schaller, criminologa e giurista -. Il primo caso verificatosi è lontanissimo da noi, era il 1916 quando a Londra gli omicidi di Jack lo squartatore gettavano il panico in città. I giornali riportavano i fatti accaduti comunicando anche i dettagli più raccapriccianti. Iniziarono a verificarsi altri omicidi, sul modello di quanto veniva scritto sui giornali, e gli investigatori scoprirono che non si poteva trattare dello squartatore perché commetteva errori nel copiare il killer». Ma chi commette tali crimini, è possibile farne un identikit? «Certamente ogni caso è differente, tuttavia nel corso del tempo si è evidenziato che chi fa «copycat» sono individui disturbati per cui ciò che vedono in un film o in una serie tv ha un effetto manipolatorio. Queste persone spesso vivono in una loro realtà che è sempre di più orientata al virtuale, staccata dalla socialità, oppure sono persone ossessionate da un hobby, dunque hanno poche relazioni con l’esterno, sono soggetti fragili e vulnerabili che commettono un crimine teatrale per poter essere visti per la prima volta nella loro vita da tutti, ottenendo i loro 5 minuti di popolarità: una delle più frequenti motivazioni in sede di interrogatorio è proprio «l’ho fatto per essere visibile».
Manipolazione psicologica
Questo studio che prende in considerazione le serie tv con un contenuto simbolicamente e operativamente violento secondo Andrea Raballo, Dr. med. psichiatra e professore di psichiatria presso la Facoltà di scienze biomediche dell’USI, «di fatto copre solamente una parte delle forme di violenza che ci sono e che a volte sono ben più pervasive e sottili che non quelle cinematograficamente rappresentate. Ad esempio le scene di abuso psicologico sono molto più impattanti e disgreganti che non necessariamente quelle della violenza esplicita, anche perché vanno a cogliere, a colpire, anche dei livelli che sono più sottili che non quelli della decodificazione immediata visiva di quello che succede». Questa lacuna nello studio colpisce il professore che precisa: «Si tratta di un aspetto importante per una ponderazione dei valori della violenza». Tuttavia Raballo è d’accordo con Schaller, esistono determinati profili di individui «per cui c’è un modo di guardare alcune scene delle serie tv o alcuni contenuti mediali che è già predisposto a un assorbimento».
Le 10 serie Tv più violente
1. Gotham: 1385 omicidi
2. Dexter: 920 omicidi
3. Ozark: 241 omicidi
4. Breaking Bad: 173
5. Better Call Saul: 98 omicidi
6. Vicenzo: 79 omicidi
7. Sherlock: 46 omicidi
8. Riverdale: 44 omicidi
9. Power: 32 omicidi
10. Peaky Blinders: 23 omicidi