Chi c’è dietro a Viola Amherd
Pare che il Centro sia talmente tanto il partito della famiglia che i suoi esponenti preferiscono starsene al calduccio a giocare con i figli piuttosto che andare a confrontarsi sui palcoscenici internazionali con personaggi come Volodymyr Zelensky o Donald Trump. Uno dopo l’altro, tutti coloro che erano considerati i principali papabili alla successione della consigliera federale dimissionaria Viola Amherd si sono tirati fuori dalla corsa, a partire dal presidente Gerhard Pfister, colui che in tanti consideravano il predestinato.
Sorprendente ma non troppo
«Effettivamente tutti gli osservatori davano per scontato che Pfister ambisse al Consiglio federale - commenta Nenad Stojanovic, professore di scienze politiche all’Università di Ginevra -. La sua rinuncia ha sorpreso, così come quelle di Martin Candinas e Philipp Bregy, entrambi personaggi che avrebbero avuto tutte le carte in regola per candidarsi al Consiglio federale ma che hanno deciso di privilegiare la famiglia. Anche Isabelle Chassot, quando si è candidata alla presidenza della Commissione d’inchiesta su Credit Suisse, aveva dato l’impressione di voler utilizzare quella carica come trampolino di lancio per salire ancora più in alto, invece oggi dice di non averne voglia. Tutti questi ritiri possono sorprendere, però in realtà è già successo anche in passato che dei papabili eccellenti si tirassero indietro».
Stojanovic torna con la mente al 2009, quando l’allora presidente nazionale del PLR Fulvio Pelli disse chiaramente di non volersi candidare alla successione di Pascal Couchepin ma poi fu comunque gettato nella mischia dalla sezione ticinese e finì per accettare la candidatura. «Non bisogna mai escludere ripensamenti e colpi di scena - afferma Stojanovic -. Ricordo ad esempio il caso di Ueli Maurer, che fino al giorno prima dell’elezione sosteneva di non essere in corsa, salvo poi figurare sul ticket ufficiale al momento del voto. Un colpo di scena è possibile anche nella successione di Viola Amherd, ma proprio perché sarebbe un colpo di scena non è possibile prevederlo».
Di successo all’esterno, ma all’interno?
Al momento si può solo osservare questo fuggi fuggi di candidati che, a prima vista, potrebbe sembrare il primo grande errore tattico diGerhard Pfister, un presidente cui va riconosciuto il merito di aver saputo rilanciare un partito che da decenni era in perdità di velocità ma che ora sembra non aver preparato a dovere la successione sua e di Viola Amherd.
«Pfister ha saputo frenare l’emorragia di voti e rilanciare il partito, ciò che nessuno prima di lui era riuscito a fare - osserva Stojanovic -. Questo è quanto vediamo dall’esterno. Poi è difficile giudicare quali siano le dinamiche interne. È possibile che Pfister sia stato troppo decisionista, scontentando altri parlamentari troppo suscettibili o egocentrici. Le antipatie personali a volte possono avere un ruolo molto più importante di quello che ci si immagina da fuori».
È possibile quindi che la presidenza Pfister abbia rilanciato il partito a livello di voti ma abbia creato delle spaccature interne che in questo momento si palesano davanti all’opinione pubblica. È possibile. O forse no. Forse la serie di ritiri è effettivamente dovuta solo a questioni di priorità, alla volontà di privilegiare altre funzioni o anche solo la famiglia, sintomo di un’epoca in cui anche gli uomini si calano sempre più volentieri nel ruolo genitoriale. «Capisco Candinas e Bregy - commenta Stojanovic -, io stesso lasciai la politica per stare più vicino ai miei figli».
Le altre possibilità
Resta il fatto che l’attuale situazione del Centro è in parte anomala, concorda Stojanovic, ma non tragica. «Christophe Darbellay potrebbe essere un buon candidato, è francofono ma si destreggia molto bene anche in schwiizerdütsch - afferma -. In parlamento ci sono altri profili validi e oltretutto il Centro può contare su tanti consiglieri di Stato di grande esperienza. Non è da escludere che alla fine sul ticket ci sarà anche un membro di un governo cantonale».
Tra i candidati ufficiali potrebbe forse anche esserci un ticinese, nonostante il nostro Cantone sia già rappresentato in Consiglio federale da Ignazio Cassis. Proprio oggi, domenica, è in programma una riunione in tal senso. «Noi abbiamo ricevuto indicazione dal partito nazionale di valutare le persone a disposizione e di fare un nome - spiega il presidente cantonale Fiorenzo Dadò -. Bisogna essere realisti. Ci rendiamo conto che una candidatura ticinese avrebbe la strada estremamente in salita. Ciò non toglie che faremo le nostre valutazioni. Se individueremo un profilo adatto, che abbia conoscenze e competenze a livello federale, lo segnaleremo al partito nazionale».