Chi lavora per Zalando a Sant'Antonino
Alla stazione di Sant’Antonino la banchina è già piena. Ad aspettare il treno delle 14.41 per Milano ci sono una cinquantina di persone: in buona parte donne, frontaliere. Si godono il sole che tracima sopra lo stabilimento più grande del Ticino. Fumano, chiacchierano.
L’attesa sta per finire. Zalando sulla carta non è (ancora) arrivato a sud delle Alpi, ma il centro logistico di Sant’Antonino sta lavorando già a pieno ritmo per smistare i pacchi del colosso dell’e-commerce tedesco. Gli abiti ordinati online e rispediti al mittente dai clienti insoddisfatti o annoiati convergono qui da tutta la Svizzera: vengono ripiegati, ri-impacchettati e rispediti altrove. I primi sono arrivati già a novembre, dopo che l’azienda aveva annunciato la «delocalizzazione» in Ticino: in precedenza il centro-resi di Zalando era a Neuendorf (SO) e impiegava 350 addetti. La decisione aveva suscitato non poche polemiche oltre Gottardo.
A Sant’Antonino il «big» dell’abbigliamento ha trovato ad aspettarlo nuove polemiche, ancor prima di esservi formalmente approdato. L’avvio era atteso a gennaio: in realtà, già negli ultimi due mesi i resi hanno iniziato a riempire l’enorme magazzino, dove in passato transitavano i capi dei grandi marchi (Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta) di proprietà del gruppo Kering, che è anche proprietario delle mura. Così, al posto dei pacchi del colosso francese - in ritirata dalla Fashion Valley a seguito dei procedimenti fiscali in Italia e Francia - gli operai e le operaie di Sant’Antonino hanno cominciato, progressivamente, a maneggiare quelli con il triangolo arancione di Zalando. Le mani sono in buona parte le stesse. E anche le condizioni di lavoro sono simili, sembrerebbe.
Segnali di continuità
Quelle descritte dai collaboratori, in una serie di interviste condotte dalla Domenica all’uscita dallo stabilimento e sul treno che li porta (quasi tutti) verso il confine con la Lombardia, sono storie già sentite. Il TiLo è arrivato puntuale, quasi vuoto: subito si riempie di una piccola folla silenziosa e stanca. Sotto le giacche indossano tutti delle felpe rosse. I loghi variano: LGL (Luxury Goods Logistics) è quello della «vecchia» società logistica di Kering, mentre le nuove divise sono marchiate GXO (la multinazionale americana in appalto con Zalando). Alcune felpe hanno invece il marchio delle agenzie interinali: le stesse che per anni hanno for nito personale a Gucci-Kering e con cui - raccontano i collaboratori - in realtà continua a lavorare buona parte della manodopera di Sant’Antonino, a prescidere dai loghi indicati sulle felpe.
Il colore rosso non è l’unico elemento di continuità. «Alcune di noi sono state assunte direttamente dall’azienda» a cui Zalando ha affidato la logistica «ma tante sono qui sotto agenzia» raccontano le lavoratrici addette all’impacchettamento. Il fatto che siano soprattutto donne - la quasi totalità di chi svolge questa mansione, come già a Neuendorf - si spiega con il fatto che «il lavoro consiste quasi interamente nel piegare vestiti che arrivano manomessi dai clienti» raccontano, scherzando fra di loro. «È un lavoro in cui gli uomini farebbero solo disastri!».
«Precari a oltranza»
A queste occupazioni create ex novo nello stabilimento - dove con l’arrivo di Zalando il personale è salito fino a raggiungere, oggi, circa 200 unità - si sommano le vecchie mansioni di smistamento e spedizione dei pacchi, svolte in gran parte da personale «riciclato». C’è chi lavora da anni a Sant’Antonino come interinale, sognando il miraggio di un contratto regolare. «Nei periodi di magra vieni chiamato a lavorare anche uno, due giorni alla settimana» raccontano. Un 30.enne del Comasco ha deciso di vendere la casa, perché non riesce a pagare il mutuo. «Veniamo avvisati dall’agenzia via Whatsapp, ci chiamano da una settimana all’altra o magari anche oggi per domani. Non c’è sicurezza».
Le condizioni di lavoro non sarebbero peggiorate con l’arrivo di Zalando: anche perché «peggio di così per lo meno in Ticino è difficile trovare» si sfoga un collega. La paga è la minima cantonale per gli operai semplici, 20 franchi l’ora (19 fino all’anno scorso) ma il problema principale è proprio l’irregolarità: da un mese all’altro il guadagno netto può anche dimezzarsi, tremila, duemila, mille franchi. «Ci è stato detto che adesso il lavoro dovrebbe aumentare ed è quello che spero». Un collega invece ha perso le speranze. «L’azienda promette che assumerà gli interinali, ma io non ci credo più» lamenta un altro frontaliere di lungo corso. «È da anni che sento queste promesse e mi sento preso in giro. Appena trovo altro, me ne vado».
Le nuove arrivate sembrano più ottimiste. Quelle reclutate come interinali contano su un’assunzione «a breve termine» o almeno questo «è ciò che ci è stato detto» spiegano. Alcune sono al primo impiego in Ticino e aspettano con ansia la busta paga. «È chiaro che c’è un periodo di prova, tutte speriamo che segua un contratto».
Le facce sono stanche, la voglia di parlare poca. Il lavoro è faticoso e ripetitivo - «a casa mia ho smesso di piegare vestiti, mi escono dalle orecchie» dice una ragazza - e la stanchezza è giustificata dal maggior guadagno. C’è chi in Italia ha lasciato impieghi a tempo indeterminato, pagati la metà, per lavorare a Sant’Antonino a chiamata. Zalando è un nome «che attira» - «chi non ha mai ordinato un vestito su internet? Lo abbiamo fatto tutti» - anche se qualcuno per il mondo dei resi ha sviluppato, nel frattempo, un’intolleranza. «Lavoro tutto il giorno in due metri quadri, facendo gli stessi due movimenti con una pistola spara-etichette» racconta una manovale. «Non sopporto più nemmeno la vista di un pacco, me li sogno anche di notte».
«No comment» dall’azienda
In realtà Zalando con tutto questo - paradossalmente - ha poco a che fare. Le richieste d’informazioni inviate al quartier generale del gruppo, a Berlino, cadono nel vuoto. All’ingresso dello stabilimento i custodi hanno la divisa (sempre rossa) della GXO ma per visitare la struttura invitano a rivolgersi non a Zalando ma alla LGI, che a Cadempino ha ancora gli uffici amministrativi. Da qui si viene indirizzati a un’ufficio stampa che sulle prime è disponibile, poi risponde via mail che LGI e LGL «si riservano un no comment».
Per chi lavorano dunque i collaboratori e le collaboratrici che entrano ed escono a pieno ritmo dallo stabilimento? Le agenzie interinali non rivelano il cliente, con cui vigono accordi di riservatezza. Ma i responsabili del personale e HR a Sant’Antonino non sarebbero cambiati: quelli con cui sono in contatto i sindacati ticinesi, per lo meno sono le stesse persone della gestione Gucci-Kering. Anche il Comune di Sant’Antonino riferisce di avere avuto incontri l’anno scorso con dirigenti di Kering, che hanno assicurato la «precedenza indigena» nel reclutamento di personale.
Come pacchi senza meta
Quanto ai lavoratori intervistati dalla Domenica, la loro speranza rimane quella di essere assunti dal «nuovo inquilino» subentrato a Sant’Antonino: non Zalando, ma la citata GXO Logistics. La multinazionale americana gestisce - guarda caso - anche il centro logistico di Tradate, in provincia di Novara, dove a sua volta Kering ha delocalizzato nel 2019 (circa 300 persone, il piano sociale finirà a giugno). La filiale italiana - GXO Logistics Italy - è finita sotto inchiesta quest’estate con l’accusa di avvalersi «in modo fraudolento» di personale in sub-appalto, per evadere il fisco ed evitare assunzioni dirette. La Guardia di finanza di Lodi ha eseguito un sequestro preventivo di 84 milioni di euro.
Le premesse insomma non sono incoraggianti. Anche perché l’azienda che ha reclutato - o dovrebbe assumere - circa duecento persone nel nuovo centro-Zalando non ha, per ora, nemmeno un recapito raggiungibile in Ticino: l’ultimo indirizzo era un capannone a Bioggio di proprietà di Kering, che è stato venduto l’anno scorso (come riferito a dicembre dal Cdt). La sede svizzera è presso uno studio legale a Langenthal (BE). Per gli uffici operativi bisogna chiamare a Milano, ma anche qui le richieste d’informazioni cadono a vuoto.
In tutto questo anche il Cantone - e non stupisce - sembra avere gettato la spunga. Il mese scorso il Consiglio di Stato ha chiarito, rispondendo a un’interrogazione del gruppo UDC (primo firmatario Alain Bühler), di avere «allacciato un contatto con chi attualmente gestisce il centro di Sant’Antonino» senza precisare di chi si tratta. Quanto a Zalando e all’americana GXO, invece, «non ci sono stati contatti» in vista di un loro trasferimento in Ticino, ha precisato il governo rispondendo all’interrogazione e a una domanda identica presentata dai deputati dell’MPS.
Il ping-pong ricorda un po’ quello dei pacchi resi, «rimbalzati» da un magazzino all’altro e da un cliente all’altro in cerca di una meta. Il treno di Zalando nel frattempo è arrivato al confine: la maggior parte dei lavoratori sono ancora a bordo. Qualcuno scherza: «Speriamo prima o poi di arrivare alla destinazione». E che l’attesa di un impiego regolare non assomigli a quella di Godot. O di certi treni in perenne ritardo - «la causa è un evento verificatosi all’estero» - che non arrivano mai.