Il reportage

Come si dorme nell'hotel delle capsule

Abbiamo passato una notte a Kloten, incapsulati in un nuovo tipo di ospitalità: claustrofobici astenersi
(KEYSTONE/Michael Buholzer)
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
27.10.2024 15:49

Caustrofobici e asociali è meglio che stiano alla larga. Perché dormire in un capsule hotel - al momento ne esistono 3 di questo tipo in Svizzera, a Basilea, all’aeroporto di Zurigo e a Lucerna - significa riuscire a prendere sonno in una capsula, appunto, in cui si sta solo sdraiati e mai in piedi, il soffitto è quindi alto pochi centimetri, non esistono finestre, ma solo ed esclusivamente aria condizionata e qualche piccolo scaffale sporgente in cui depositare cellulare, chiavi e poco altro. Le misure ufficiali normalmente sono circa 2 metri di lunghezza, un metro di larghezza e 125 centimetri di altezza. Se si riesce a fare questo, allora si potranno apprezzare la tecnologia che permette di accedere al proprio box pigiando alcuni tasti e in generale il senso di moderno, pulito ed efficiente che pervade gli alberghi di questo tipo. Alberghi dove appunto le stanze sono capsule, i gabinetti e le docce sono condivisi e tutto il resto del tempo è possibile trascorrerlo conversando con gli altri ospiti davanti a una birra.

Un ostello 2.0. Forse è questo ciò che assomiglia di più all’esperienza di dormire chiusi dentro a una piccolissimo spazio stretto e angusto. Perché, capsula a parte, è proprio la convivialità che si sperimenta di più scegliendo di trascorrere una notte in un hotel a tutti gli effetti particolare. Ma meglio sgombrare subito il campo dai dubbi. Il prezzo di una notte non assomiglia per niente a quella di un ostello. Visto che rasenta almeno il triplo del prezzo. Una notte al Capsule Hotel dell’aeroporto di Zurigo può arrivare a costare anche 150 franchi. Tanti? Possibile. Anzi, possibilissimo, visto che con quei soldi si possono trovare alternative molto più classiche. Che hanno ad esempio il bagno in camera, finestre, letti matrimoniali, televisione, armadi, comodini... e chi più ne ha più ne metta.

Aadhya è indiana ed è appena atterrata a Zurigo. È in Europa in vacanza e alle prime luci dell’alba riprenderà l’aereo per tornarsene a casa. Della Svizzera ha apprezzato tutti i paesaggi da cartolina, dal Cervino a Interlaken, dal ponte di Lucerna alle vette delle Svizzera centrale. Aadhya ha scelto il Capsule Hotel per comodità. Perché è atterrata di notte e il volo di rientro ce l’ha appunto quasi all’alba. In realtà non è stata la sola. Chi è qui lo ha fatto per lo stesso motivo o perché ha perso una coincidenza e a tarda notte non ha avuto voglia di prendere un taxi e andare in centro. Non a caso l’albergo è sempre aperto. Quando non ci sono i simpatici giovanotti alla reception, che si occupano anche del bar, è possibile prenotare, pagare e ritirare la chiave elettronica tutto digitalmente. Senza guardare nessuno negli occhi, quindi.

Ma il bello (o il brutto, a seconda dei punti di vista) è che non c’è bisogno di umani per orientarsi e capire come funziona il tutto. Perché tutto, appunto, è come apparecchiato in funzione degli ospiti. Informazioni, indicazioni e cartelli sono comprensibili e ben visibili quasi ovunque. E se non si capisce qualcosa nessuno dei clienti che si stanno rilassando davanti a un calice di vino ascoltando musica o lavorando al PC si infastidirà se verrà consultato. Non è così nelle aree notte. Negli stanzoni cioè dove sono impilate una sopra l’altra le capsule. Là il silenzio è d’oro. Nessuno può parlare e a malapena si sopportano gli scricchiolii delle scarpe, delle valigie e delle porticine a scomparsa che per aprire bisogna spingere. Fatto questo, ci si infila dentro la propria capsula, lasciando le scarpe nel corridoio. Nessuno dorme con le porticine aperte. Tutti le chiudono a chiave dall’interno. Anche quelli che hanno prenotato una capsula doppia e vogliono riposare stando leggermente più larghi. Solo leggermente, ovviamente.

Tutti chiudono perché, effetto claustrofobico a parte, una volta chiusi dentro si è al riparo dai rumori esterni. Le pareti sono insomma insonorizzate e a prova di ogni disturbo notturno... Anche se in realtà non ce ne sarebbe bisogno. Perché tutti sono estremamente educati e quando camminano nel corridoio in comune sembrano fare a gare a chi fa meno baccano. Non resta che chiudere gli occhi, insomma. Perché lasciarli aperti e fissare il soffitto a pochi centrimetri dal naso non è consigliato. A meno che non si voglia diventare all’improvviso claustrofobici.

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