Commercio

Da Como a Zermatt si vende anche l'aria

L’aria in scatola non sembra conoscere crisi, che si tratti di semplici boutade pubblicitarie o idee di business eccentriche: quella proveniente dalla contea dello Yorkshire costa circa mille euro
© Lake Como Air
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
02.02.2025 16:30

Se smettere di respirare è impossibile perché non respirare bene? Anzi, sano, anche solo per un istante? Chissà se chi compra l’aria in bottiglia o in scatola ha davvero questo proposito o è attratto soltanto dall’idea divertente di portarsi a casa un souvenir stravagante. Di certo, l’aria in scatola non sembra conoscere crisi, che si tratti di semplici boutade pubblicitarie o idee di business perlomeno eccentriche. Città, laghi, vette alpine, campagne inglesi. Oggi c’è solo l’imbarazzo della scelta. Anche a due passi dal Ticino. E in particolare a Como dove da qualche mese si vende l’aria del lago a 10 euro. E c’è chi la compra. Così come c’è chi non si fa problemi a spendere circa mille euro per respirare 580 millilitri di aria proveniente dalla contea dello Yorkshire in Inghilterra. «AethAer», questo il nome dell’azienda fondata nel 2015 da Leo De Watts, giovane imprenditore inglese, che cattura a mano l’aria, la mette in barattoli di marmellata e la etichetta.

Un’idea nata per scherzo

Follia o spregiudicatezza imprenditoriale? Difficile dirlo. Quel che è certo è che il primo ad avere un’idea del genere è stato forse Gennaro Ciaravolo nel secondo dopoguerra. Istrionico e conosciutissimo in città, da un giorno all’altro inventò «L’Aria ‘e Napule» in scatola. Più uno scherzo che un vero proprio business, in realtà. Che però fece proseliti. Di più. Piacque a tal punto che ancora oggi è ancora possibile acquistare l’aria di Napoli. Non è più quella di Ciaravolo, ovviamente Ma l’idea è la stessa. Una scatoletta costa 7 euro e stando al negozio di via Toledo che la vende «è un divertente regalo o un souvenir per chi vive lontano ma ama Napoli, o per chi è nato qui ma è dovuto andar via!».

Il papà della prima aria in bottiglia

Ciaravolo non è stato in realtà il primo a imprigionare l’aria che tutti respiriamo. Anche se per scherzo. La prima aria in bottiglia al mondo conosciuta si chiama «Air de Paris. Custodita in un’ampolla di vetro di 50 centrimetri cubici è stata creata nel 1919 dall’artista Marcel Duchamp, che la portò in dono all’amico e sostenitore Walter C. Arensberg a New York. Un’opera d’arte, quindi. Non soltanto divertente. Ma concettuale e capace di spiazzare e sorprendere. Così come altre opere di Duchamp. Come la «Fontana» che consiste in un comune orinatoio e viene considerata da alcuni storici dell’arte e teorici specializzati una delle maggiori opere d’arte del ventesimo secolo, seppur andata perduta.

Arte e non follia, dunque. Almeno così è nata l’idea. Che oggi scandalizza e fa arrabbiare più di qualcuno, che reputa l’aria in bottiglia una truffa o una presa in giro ai danni dei turisti. Che però non si fanno problemi a spendere. Anche in Svizzera. Dove si può acquistare l’aria di Zermatt, venduta in lattina a 9 franchi e 99 centesimi. «Aria pura di montagna dal cuore delle Alpi svizzere», così viene promossa sul sito internet dell’azienda. «Sicuramente la migliiore al mondo», si specifica, prima di consigliare di raffreddare il contenitore nel congelatore per sperimentare il «pieno effetto» all’apertura del barattolo.

Gli insuccessi

Certo, non sempre va tutto liscio. Non sempre, detto altrimenti, si può vendere aria (fritta). Lo sa bene la start up «Cape Grim», che faceva pagare 24,5 dollari una bomboletta contenente 7 litri di aria di Cape Grim in Tasmania. Senza riuscire a trasformare l’idea in un vero business. Stessa sfortuna ha avuto l’iniziativa di un’altra azienda svizzera, Swissbreeze. Nonostante il suo fondatore, Moritz Krähenmann raccogliesse personalmente l’aria sulle montagne elvetiche e la rivendesse a 25 dollari in confezioni da 8 litri, l’avventura imprenditoriale non ha preso quota. Meglio, si è sgonfiata come un palloncino. Pieno d’aria naturalmente. 

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