La domenica

Da Londra e Ruvigliana

Che cos’era il richiamo che sentiva Luigi Buttiglione e che ha portato «Mister euro» a Lugano? Glielo ha spiegato, un giorno, la madre – «Quando faccio delle videoconferenze da casa, gli interlocutori vedono il paesaggio mozzafiato e pensano che io sia in vacanza, invece sto lavorando, esattamente come facevo prima»
Andrea Stern
Andrea Stern
31.10.2021 07:30

Si torna sempre sul luogo del delitto. Luigi Buttiglione, «Mister euro», ha scelto l’anno scorso di lasciare Londra e venire a vivere a Lugano dopo essersi lasciato incantare, un po’ casualmente, da uno scorcio di Ruvigliana. Avrebbe potuto scegliere qualsiasi blasonata località. Eppure ha scelto Lugano, dove era stato solo due volte in vita sua e non conosceva nessuno. Ma dove sentiva un richiamo.

Qualche mese dopo Luigi Buttiglione è riuscito a dare una spiegazione a questo richiamo. «Un giorno è venuta a trovarmi mia madre, da Bari - racconta l’economista -. Ha ammirato la casa, la vista, le montagne. Poi mi ha svelato qualcosa. Sai Luigi, mi ha detto, tu sei stato concepito proprio qui. Era il secondo giorno di nozze e con tuo padre alloggiavamo all’Hotel Splendide».

Il destino ha riportato Luigi_Buttiglione a Lugano. Una città dove lui, uomo di mondo, si trova benissimo. «I ristoranti saranno forse meno cool che a Milano - afferma -, però in compenso mi sento circondato da gente seria. È un aspetto che apprezzo tantissimo. Qui ci sono educazione e Stato di diritto. Credo che questo territorio abbia le potenzialità di diventare ancora più florido di quanto non lo sia stato nel recente passato».

Un vicino di nome Draghi
Luigi Buttiglione è un entusiasta. Uno che coglie le sfide, una dopo l’altra. Nato e cresciuto in Italia, dove si è laureato nel tempo record di soli due anni, ha proseguito gli studi ad Harvard. In seguito ha ricoperto incarichi di primaria importanza alla Banca centrale europea e alla Banca d’Italia, dove ha avuto come collega un certo Mario Draghi. È stato capo economista di Barclays, responsabile delle strategie globali di Brevan Howard ed è ancora oggi tra i principali protagonisti del mondo della finanza.

L’anno scorso, lontano dai riflettori, si è trasferito da Londra a Lugano, portandosi dietro la sua società di consulenza, la LB_Macro SA. Una scelta resa possibile dalla tecnologia. «Fino a non molto tempo fa - dice Buttiglione - per fare finanza era indispensabile essere in quel miglio quadrato della City di Londra, o di New York. Eravamo tutti lì, ci respiravamo addosso. Ora invece la tecnologia ci offre delle nuove opportunità. Ci permette di restare al centro dell’azione pur operando da remoto».

Nel caso di Buttiglione, dalle pendici del Monte Bré. «Quando faccio delle videoconferenze da casa, gli interlocutori vedono il paesaggio mozzafiato e pensano che io sia in vacanza. Invece sto lavorando, esattamente come facevo prima», ha spiegato Buttiglione durante un incontro organizzato a Giornico dal presidente del Lions Club Alto Ticino, Michele Guerra. La prima occasione in Ticino, finora, per sentire parlare dal vivo colui che, tra le tante cose, ha curato il rapporto di convergenza dell’Italia verso l’euro, su richiesta del solito Mario Draghi.

La fede di Ciampi
«Chiese a me di redigere il rapporto - ricorda Buttiglione - e io lo confezionai con grande applicazione, nonostante da economista nutrissi dubbi sul grado di preparazione dell’Italia all’euro. Consegnai infine il rapporto, immaginando che avrebbe suscitato un dibattito. Invece fu grande il mio stupore quando già il giorno successivo lo vidi presentato su tutti i giornali come se fosse il risultato di un grande processo di concertazione».

Perché sull’euro, ai tempi, non c’era la volontà politica di dibattere. «Ciampi aveva un approccio idealistico all’euro - spiega -. Faceva parte di una generazione che vedeva nell’euro un modo per evitare una terza guerra sul continente. Anch’io ero favorevole al principio di una moneta unica._Ma pensavo che realizzare l’unione monetaria senza un un’unione politica ed economica fosse un azzardo che avrebbe accresciuto le disuguaglianze. Rischiando alla fine proprio quel conflitto che si voleva evitare».

Disunione
Il conflitto, almeno finora, non è scoppiato. Sono però in molti, soprattutto nei Paesi del Sud Europa, a ritenere che l’euro abbia creato più danni che altro. «L’Italia è forse il Paese che più di tutti ha pagato l’adozione di questo progetto molto ideologico - sostiene Buttiglione -. Se dal Dopoguerra al 2000 la crescita della produttività italiana non si era mai discostata più di tanto da quella tedesca, dal 2000 a oggi invece l’Italia ha perso 30 punti percentuali rispetto alla Germania. Sono tantissimi. Sono l’esatto opposto di un’unione economica».

Negli ultimi tempi si registrerebbero però alcuni progressi. «Prima con il “whatever it takes” di Draghi, e poi con gli acquisti della BCE e il Recovery Plan a seguito della pandemia - osserva - si sono fatti dei passi nella direzione giusta, per rinsaldare un’unione che sia non solo valutaria». Ad ogni modo Buttiglione è ben felice di essere in Svizzera. «Il franco è una moneta forte - osserva - perché è l’espressione di un Paese forte. Un Paese che conta università e politecnici tra i migliori al mondo e dove c’è la certezza del diritto. Io ho scelto di venire a vivere e lavorare qui, perché vedo delle potenzialità straordinarie. Bisogna solo saperle cogliere».

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