Dal Giappone con religione
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Dal Giappone a Lugano per presentare “SanTO”, il robot che “sa tutto” sul cristianesimo, nell’ambito del Festival AI Ticino e Regio Insubrica. Il suo inventore è Gabriele Trovato, originario di Livorno, da 14 anni nel Sol Levante, da tre professore associato all’Istituto di Tecnologia di Shibaura a Tokyo. Componente dell’Innovative Global Program, comprendente studenti internazionali, lì ha fondato un proprio laboratorio, chiamato “Lab 22 - Laboratory for the Creation of Intelligent Systems”.
Con Gabriele Trovato entriamo subito in argomento. Chi è mai questo ‘santo’? «Il modo più facile di immaginarlo è di pensare a santini ed altre icone sacre. E se queste potessero parlare? L’idea è allora quella di creare delle nuove icone che siano un canale di comunicazione, come storicamente è successo con la stampa, la radio, la TV e internet. Da un punto di vista complementare, la robotica generalmente sta agli antipodi da questi aspetti spirituali. Dare una forma di qualcosa di sacro a un robot - per questo chiamato “teomorfo”, è una frontiera inesplorata. La Pontificia Università Cattolica del Perù ha dato un gran contributo a rendere quest’idea realtà».
A quale scopo ha creato SanTO? «Il target ideale sono sempre stati gli anziani, che sono la categoria di persone più religiose, e al tempo stesso con maggior bisogno di compagnia. Questo bisogno di supporto spirituale a casa si poi è esteso improvvisamente a causa della pandemia. Un progetto di ricerca chiamato e-ViTA, finanziato dall’Unione Europea e dal Giappone, ha permesso di sviluppare questo concetto ulteriormente. Un simile robot di compagnia chiamato DarumaTO, disegnato su misura per gli anziani giapponesi, è stato riprodotto in 15 esemplari e testato a casa di volontari a Sendai. Il suo corrispettivo europeo, una statua di un angelo chiamato CelesTE, è stato provato a Colonia, Parigi e Ancona».
Cosa sarà in grado di mostrare SanTO alle persone presenti al festival di Lugano? «SanTO sarà configurato per rispondere a singole domande dei visitatori. Il suo compito principale è tirar fuori parole sagge su qualsiasi argomento, attingendo alla dottrina ufficiale cattolica, alle storie dei martiri, e alle citazioni dei papi e dei santi. Basta accendere la candela elettronica e lui si attiverà. È necessario interagire una persona alla volta, in un luogo silenzioso».
L’amico immaginario, il doppelgänger, la guida spirituale, accompagnano silenziosamente l’umano come figure benefiche di sostegno, guida, stimolo, ma anche minacciose. Le figure robotiche come quella da lei realizzata sono forse una materializzazione di questi amici immaginari? «Un robot può essere un amico non più immaginario, ma semplicemente artificiale; un doppelgänger inteso come androide usato in telepresenza; una guida che fornisca risposte basate su dei testi teologici di riferimento. Tutto questo è inteso come supporto e sostegno, specialmente per chi magari ha bisogno di compagnia, oppure non si può muovere fisicamente, o sente il bisogno di conforto spirituale».
Facendo un balzo verso il futuro, tra scienza e fantascienza, James Lovelock, considerato un’icona della scienza del XX secolo, nel suo saggio Novacene. L’età dell’iperintelligenza (Bollati Boringhieri), sostiene che un giorno i cyborg «saranno in grado di autoprogrammarsi e potranno convivere con gli esseri umani… anzi magari si prenderanno cura di noi e ci terranno accanto a loro». Quale il pensiero in tal senso di Gabriele Trovato? «Lovelock va un po’ in controtendenza: in genere in occidente è diffusa la paura che le macchine si rivoltino contro il genere umano, e i tanti film di fantascienza lo testimoniano. La sua visione è invece messa in luce positiva. Devo dire però che l’idea di lasciare tutto il controllo alle macchine non mi entusiasma, perché significherebbe in pratica rinunciare al libero arbitrio, e se le cose poi andassero male, addirittura finire come gli Eloi di The Time Machine, cioè animali da macello. Ho chiesto una domanda simile a SanTO, che ha risposto: «Come tutte le tecnologie, dipende dall’uso che gli umani ne faranno. In ogni caso io sono qui per servire. Per ora».