L'intervista

Dal PLR all'UDC, ecco Hans Ulrich Bigler

Nella politica federale i cambiamenti di casacca alla Franco Denti sono piuttosto rari – Ne abbiamo parlato con il 64.enne zurighese
Hans Ulrich Bigler, a sinistra. © KEYSTONE / ALESSANDRO DELLA VALLE
Andrea Stern
Andrea Stern
04.09.2022 07:00

Nella politica federale i cambiamenti di casacca sono piuttosto rari. A Berna non esistono personaggi alla Franco Denti. È forse anche per questo motivo che sta facendo rumore il passaggio all’UDC di Hans Ulrich Bigler, direttore dell’Unione svizzera arti e mestieri (USAM) e già consigliere nazionale PLR. «Mi sentivo sempre più a disagio in un partito così ondivago - afferma il 64.enne zurighese -. Voglio far parte di un partito coerente».

Signor Bigler, i maligni sostengono che lei sia passato dal PLR all’UDC per calcoli elettorali. Vuole tornare in Parlamento?

«Questa domanda non si pone, poiché non c’è nulla di concreto sul tavolo».

Allora perché, da uomo dell’economia, lascia il partito dell’economia per andare in quello dei contadini?

«Vado in un partito borghese che fa una politica economica liberale. Il cambiamento è il frutto di un percorso che mi ha spinto ad andare dove mi sento più vicino a livello di temi».

Non si riconosceva più nel PLR?

«Per me era difficile accettare il continuo avanti e indietro. Prendiamo il dibattito sulle centrali nucleari. Nel 2019 ci fu il famoso sondaggio interno promosso da Petra Gössi in cui la base del partito si espresse a favore della costruzione di nuove centrali. Ma la presidenza decise di schierarsi contro. Poi quest’anno, prima delle vacanze estive, Thierry Burkart ha corretto questa posizione. Bene. Ma così non si va da nessuna parte. Un partito deve essere coerente nel difendere le sue posizioni».

La guerra in Ucraina? Su questi temi non mi esprimo, io mi occupo di politica economica

Non crede che anche l’UDC a volte sia ambivalente, per esempio sulla guerra in Ucraina?

«Su questi temi non mi esprimo, io mi occupo di politica economica. E qui l’UDC è sicuramente più coerente».

Ma lei crede davvero che in Svizzera si possano costruire nuove centrali nucleari?

«Sì, certo».

Però nessuno si fa avanti per costruirne.

«Chiaro, perché tutti parlano degli standard attuali. Solo in pochi parlano delle nuove tecnologie, degli small modular reactors, piccole centrali più sicure, efficienti ed economiche».

Ad ogni modo ci vorrebbero anni.

«Sono consapevole che si tratta di un’opzione a lungo termine e non per il prossimo inverno. Per questo mi aspetto che il divieto di costruzione di nuove centrali venga abrogato e che l’energia nucleare venga considerata alla stessa stregua delle energie rinnovabili».

Se temo una penuria il prossimo inverno? Dipende anche dal clima, se avremo un inverno mite o rigido

Non crede che le rinnovabili possano bastare?

«Io sostengo lo sviluppo delle energie rinnovabili, sono anch’esse importanti nell’ottica di garantirsi un mix energetico il più ampio possibile».

E per il prossimo inverno? Lei teme una penuria?

«La situazione è indubbiamente tesa, però allo stato attuale è difficile sapere come evolverà. Dipende molto da fattori geopolitici. Ma anche dal clima, se avremo un inverno mite o rigido».

Ritiene che ci sia troppo allarmismo?

«Ritengo che sia giusto affrontare la questione per tempo.Adesso non siamo in una situazione di crisi, ma è giusto chiedersi come reagiremmo in caso di penuria».

Come USAM avete scritto a Parmelin per dirgli che non volete divieti.

«È vero. In primo luogo noi chiediamo, come abbiamo già chiesto in primavera, che venga fatto tutto il possibile per aumentare la nostra capacità energetica. Per esempio eliminando gli ostacoli al potenziamento dell’idroelettrico attraverso l’innalzamento delle dighe. Questo è il primo punto».

Chiediamo dialogo con l’economia, perché ogni settore può elaborare un piano di risparmio specifico

Quali sono gli altri punti?

«Chiediamo dialogo con l’economia, perché ogni settore può elaborare un piano di risparmio specifico. Abbiamo fatto delle proposte al Consiglio federale che riguardano tra gli altri l’albergheria, la gastronomia e la sanità».

E poi?

«Come terzo punto chiediamo di rinunciare ai divieti, perché l’economia è in grado di risparmiare almeno il 10/15% dei suoi consumi, rendendo superflui i divieti».

Se l’economia può risparmiare il 10/15% dei suoi consumi, perché non l’ha ancora fatto?

«Le aziende lo stanno già facendo. Ogni impresa è molto attenta all’aspetto dei costi e quindi introduce volentieri ogni misura che possa favorire l’efficienza energetica. Quando noi parliamo di risparmio, invece, parliamo di come si possano limitare i processi produttivi».

Quindi?

«Se per esempio lei ha un albergo, potrebbe limitare gli orari di apertura della zona wellness.O potrebbe ridurre gli orari della cucina calda. Così potrebbe risparmiare energia, con una limitazione del processo produttivo».

Una bicicletta al posto della mia Harley? No. E la politica non c'entra

Lei guida una Harley Davidson. Sarebbe pronto a sostiturla con una bicicletta?

«No».

Perché?

«Perché l’Harley è cult, è piacere di guida, non è un mezzo per esprimere posizioni politiche».

Cosa le ha detto Marco Chiesa quando lei ha chiesto di aderire all’UDC?

«Mi ha dato un caloroso benvenuto».

Nell’UDC non ha paura di dover seguire i dettami di Christoph Blocher?

«No, nessuna paura. Mi aspetto e sono sicuro che le posizioni verranno decise attraverso il dibattito democratico e non con altri metodi».

Sono entrato in politica una trentina d’anni fa, la scelta fu influenzata da relazioni personali che avevo allora

Lei si è battuto per la No-Billag, contro il congedo paternità... Tutte posizioni UDC. Cosa ci faceva allora nel PLR?

«Sono entrato in politica una trentina d’anni fa, la scelta fu influenzata da relazioni personali che avevo allora. Ma allora il PLR era ancora un partito che faceva una solida politica borghese e sapeva difendere i valori liberali».

Non crede che con Thierry Burkart il PLR stia tornando a orientarsi verso destra?

«Sì, bisogna riconoscere che questo presidente sta cercando di cambiare rotta.Ma non è da solo nel partito».

Il presidente dell’USAM, Fabio Regazzi, fa parte del Centro. Avrebbe potuto immaginarsi di passare anche lei al Centro?

«No, da una parte perché nel canton Zurigo il Centro conta poco, dall’altra per la sua linea.Io voglio un partito che si batta coerentemente per le proprie posizioni».

Con Fabio Regazzi avete tanti punti in comune.

«Sì, ma questo è un altro discorso. Come USAM abbiamo una strategia che è stata approvata dal congresso e che per noi è vincolante. Con Fabio non discutiamo di posizioni partitiche, discutiamo di come raggiungere gli obiettivi formulati nella strategia dell’USAM».

Lei si è espresso per un aumento dell’età pensionabile a 67 anni. Ha ancora questa posizione?

«Sì».

Allora perché ha deciso di lasciare la direzione dell’USAM l’anno prossimo, a 65 anni?

«Lascerò l’USAM ma continuerò a lavorare. Mi concentrerò sui miei altri mandati. Sono presidente del Forum nucleare svizzero, faccio parte della direzione del Forum nucleare europeo Nucleareurope, sono presidente di una cassa pensioni. Non resterò inattivo».