L'intervista

«Dalla Palestina agli USA troppe crisi aperte»

La giornalista Monica Maggioni passa in rassegna gli spettri che minacciano la pace nel mondo
Monica Maggioni
Francesco Mannoni
27.10.2024 06:00

Gli Spettri (Longanesi) non sono solo israeliani e palestinesi. Fra loro ci sono nazisti americani, neo nazisti europei, torturatori iraniani che continuano a tenere chiuse donne e ragazze e insistono a torturarle solo perché hanno chiesto di andare in strada senza velo. Gli «Spettri» inquisiti da Monica Maggioni, giornalista e scrittrice, presidente della Rai dal 2015 al 2018 prima donna a dirigere il TG1 dal 2021 al 2023, sono sette e incarnano gli aspetti più brutali del male che aleggiano da vivi e da morti in ogni angolo del mondo, pronti sempre a tornare, quando le crisi mondiali arrivano allo zenith del disastro. Sono lo sceicco Ahmed Yassin (1936 - 2004 politico e terrorista palestinese cofondatore del gruppo fondamentalista islamico Hamas); Mahmud Tawalbe (1979 - 2004 responsabile della Jihad islamica); August Kreis (1945- sovranista bianco, neonazista americano); Anders Breivik (1979 - il mostro di Oslo, terrorista norvegese che nel 2011 uccise 77 persone); Stella Colnaghi (una ragazza italiana che si era convertita all’Islam, aveva sposato un arabo che l’aveva portata in Siria dove lui è diventato un terrorista ed è morto. Lei è tornata in Italia con due figli); Morteza Talai (politico iraniano) e Mawlawi Nabi Omari (1968, politico afghano). Di loro traccia profili e storia nell’ambito delle vicende che li hanno coinvolti dentro guerre e tragedie che hanno sconvolto il mondo, e il 7 ottobre 2023 le loro idee sono riapparse con incredibile crudeltà in Israele seminando morte e distruzione.

Partiamo dalla Palestina. Ci eravamo illusi?
«Sì ci eravamo illusi - premette la Maggioni a Pordenonelegge - che la questione palestinese fosse accantonata, perché di Palestina da un decennio non si parlava più. Il mondo sembrava tranquillo, e lo sguardo verso il Medio Oriente ci restituiva l’idea di una questione che in qualche misura si stava ricomponendo. Nel 2021 c’erano stati gli accordi di «Abramo», si era a un passo dall’intesa con l’Arabia Saudita. Invece gli spettri quando si fa buio si materializzano a presentarti il conto».

Poi una strage ha cambiato lo scenario.
«Stavolta la Storia si è ripresentata in una delle sue versioni peggiori: il 7 ottobre è la conseguenza della prima intifada, della seconda e di tutte le altre che si sono succedute; è la mancata costruzione di un rapporto fra israeliani e palestinesi sui quali nessuno ha più deciso di investire per una possibile convivenza mentre chiusi in un campo profughi al confine tra Iraq e Siria languiscono quarantamila persone».

Come crescono i bambini nei campi profughi?
«I bambini sognano i sogni degli adulti. Se lo stesso bambino messo a vivere in un negozio di giocattoli, avrebbe sognato un mondo di lego, quello nei campi profughi in Cisgiordania o a Gaza dove l’elemento di fondo è uccidere, è chiaro che apprenda quel tipo di percorso. Il difficile è capire perché accettare che ci sia una società nella quale i bambini sognano la guerra, non perché gli altri sono cattivi ma perché non è stata costruita una società diversa».

Non c’è via d’uscita?
«Un ex prigioniero di Guantanamo, Mohammed Nabi Omari, odia persino gli oggetti fabbricati dagli americani. Dice anche che se scrivesse un libro, per mesi o per anni, le persone continuerebbero a piangere pensando alle cose che gli sono state fatte. E lo capisco. Io ci sono stata, ho visitato questo carcere, e anche se tengo moltissimo alla pace, sono portata a dire che chi è stato per anni in questa galera, difficilmente guarderà con fiducia il futuro».

Siamo di fronte a fratture profonde che dividono le nostre società; fratture che attraversano il Medio Oriente, l’Europa, gli Stati Uniti e una società difficile come quella iraniana

Gli spettri tornano perché superiamo i problemi o li ignoriamo?
«Li ignoriamo. Se fosse una storia di problemi superati, Spettri non avrebbe ragione di essere. Perché nel problema superato c’è la ricomposizione delle cose».

Invece qui siamo di fronte a delle storie non ricomposte. È così?
«Siamo di fronte a fratture profonde che dividono le nostre società; fratture che attraversano il Medio Oriente, l’Europa, gli Stati Uniti e una società difficile come quella iraniana. Poi ci sono le nostre colpe definitive, come decidere un giorno di andarsene via dall’Afghanistan perché la realpolitik e le decisioni politiche impongono di chiudere le porte su vent’anni di storia e di aspettative, cancellando tutte le speranze di chi ha creduto alle promesse. E questi sono errori gravi che aprono la strada agli spettri».

Come incidono le elezioni americane sull’opinione pubblica mondiale?
«La società americana è spaccata in due. Il verbo dell’estrema destra e dei neo nazisti non è più guardato con un senso di assoluta estraneità come accadeva anni fa, ma alcuni termini e alcune modalità sono stati sdoganati. I primatisti bianchi che io incontrai per la prima volta vent’anni fa, venivano in qualche misura riposti in un angolo come una specie di folclore: oggi alcuni dei loro discorsi sono entrati nella società americana».

È preoccupata di questa deriva?
«Come faccio a non spaventarmi? Così come faccio a non spaventarmi del pazzo che nel 2011 uccise in Norvegia 77 persone? Il suo manifesto delirante viene continuamente scaricato da Internet. Lui è in una prigione norvegese, ma il suo discorso delirante va avanti. Come faccio a non preoccuparmi del fatto che il potere reale in Iran - nonostante in questi giorni il presidente abbia tentato di dire delle cose in controtendenza - ce l’ha un regime religioso?»

Farà differenza sul futuro del mondo che il nuovo presidente americano sia di destra o di sinistra?
«Quello che farà la differenza sarà l’elezione di un presidente che considera le istituzioni nazionali e internazionali come qualcosa da rispettare».

In questo articolo: