Società

Dalle parole ai piatti: dopo l'addio a Milano Felix Lo Basso inaugura lo Chef's Table a Lugano

Lo chef stellato è pronto a stupire ancora tutti allo storico Sant’Abbondio di Sorengo: «Qui, ho trovato la serenità giusta»
Felix Lo Basso nella cucina del Sant’Abbondio a Sorengo. © CdT/ Chiara Zocchetti
Mattia Sacchi
09.03.2025 06:00

Il mondo dei social ha definitivamente rivoluzionato il nostro linguaggio. Una delle parole che più è entrata nella nostra quotidianità è «hype», un anglicismo che l’Accademia della Crusca definisce come «l’attesa febbrile, la trepidazione, la smania di conoscenza o di possesso riferite a un determinato prodotto lanciato sul mercato e intorno al quale si concentra un grande clamore mediatico».

In questo caso non è un prodotto bensì uno chef ad aver attirato le attenzioni su di sé. Da quando Felix Lo Basso ha deciso di lasciare Milano per sbarcare a Sorengo, nello storico Sant’Abbondio che ha visto le fortune di Martin Dalsass, si è scatenata una lunga sequela di articoli, commenti e pure polemiche. Non solo per le dichiarazioni dello stellato pugliese, che ha spiegato come la metropoli meneghina non sia più una location adatta all’alta gastronomia, ma anche per la proposta ristorativa che porterà in Ticino: oltre al classico menù alla carta, a cena sarà infatti possibile vivere l’esperienza dello Chef’s Table, dove Lo Basso preparerà le sue creazioni di fronte agli ospiti. Con alcune condizioni: si arriva tutti assieme, alla stessa ora, senza bambini, mangiando quello che prepara lo chef, indipendentemente da intolleranze o particolari regimi alimentari. Oltre a un prezzo che, almeno all’apparenza, è impegnativo: 210 franchi. È proprio nel giorno dell’inaugurazione di questa particolare esperienza gastronomica che abbiamo incontrato il 51enne molfettese.

Chef Lo Basso, tra poche ore si passa dalle parole, che sono state tante, ai fatti. O meglio, ai piatti. Ma almeno questo famigerato Chef’s Table è stato riempito?
«Finalmente si comincia e siamo contenti di farlo con questa offerta che ottenuto sin da subito un ottimo riscontro da parte dei clienti. Siamo pieni per tutto il weekend e siamo convinti che con l’arrivo della bella stagione manterremo questo ruolino di marcia che ci fa ben sperare per il futuro».

Un futuro, perlomeno il suo, che ha visto in Ticino, allontanandosi da Milano che pure l’ha vista ottenere premi e riconoscimenti, confermandola come uno dei più talentuosi chef italiani. Non è stato un rischio mettersi così radicalmente in gioco?
«Quando mi sveglio sono circondato dal verde, vedo le montagne e il lago. Mi ricordano l’Alto Adige, la terra d’origine della mia compagna dove ho vissuto per 15 anni. Sto trovando quella serenità di cui, in questo momento della mia vita, ho bisogno e che penso si rifletta nel mio modo di cucinare. Dopo la nascita del mio terzo figlio ho riflettuto molto sul posto dove avrei voluto che crescessero i miei figli e, grazie alla mia socia Emiliana Ferraroni che è di Maroggia, abbiamo optato per questo cambiamento che sto vivendo con grande entusiasmo».

Entusiasmo ma anche discussioni. Sia per quello che ha detto sulla ristorazione milanese che per le condizioni che ha posto per partecipare al suo Chef’s Table.
«Quello che non è stato chiaro è che io ho sempre amato Milano e ancora oggi ci vado spesso. Ma, dopo oltre 10 anni di lavoro e successi professionali, penso di poter essere nella posizione di fare un’analisi costruttiva sullo stato del fine dining, che è pieno di criticità. Per quanto riguarda il concept che sto portando a Lugano, si tratta di un’esperienza unica dove cucino un menù che varia di continuo di fronte agli ospiti. È chiaro che per far sì che tutto funzioni al meglio è necessario che tutti arrivino alla stessa ora e siano disposti a lasciarsi guidare da me anche nell’assaggiare nuovi abbinamenti. Non è semplicemente una cena ma un show riservato dove si mangiano cose buone. Tutti coloro che, per qualsiasi ragione, non sono convinti da questa proposta sono comunque i benvenuti nel nostro ristorante dove possono mangiare quello che vogliono dal menù alla carta».

Un menù dove non mancheranno alcuni dei suoi piatti iconici, nei quali ha attinto dalle tradizioni regionali nei posti dove ha lavorato per declinarli alla sua visione di cucina. Ha già trovato prodotti ticinesi che hanno stimolato la sua curiosità?
«Sono sempre stato molto curioso e anche in queste prime settimane sto girando molto per il Ticino a caccia di eccellenze. Sarebbe scontato parlare di salumi e formaggi, ma devo dire che hanno colpito la mia attenzione alcuni volatili e della carne di cavallo. Visto che quest’ultima è molto apprezzata nella «mia» Puglia, sto già ragionando su qualche idea».

Oltre alle materie prime, sta anche cercando manodopera locale?
«A parte qualche assunzsione, la stragrande maggioranza della brigata è quella che avevo a Milano. Non solo hanno cambiato lavoro ma pure vita: credono così tanto nel progetto che anche loro hanno preso il domicilio in Ticino. È bellissimo intraprendere questa avventura con ragazzi del genere, sono grato a tutti loro. In queste settimane ho ricevuto tantissimi curricula da ragazzi ticinesi che vorrebbero lavorare con me, a dimostrazione che giovani volenterosi ci sono: spero in futuro di poter ampliare il mio team con qualcuno di loro».

Per poter crescere serve però che il ristorante abbia successo: meglio che sia sempre pieno di clienti o i riconoscimenti delle guide gastronomiche?
c«È chiaro che il locale pieno permette di lavorare, che è la cosa più importante. Ma allo stesso tempo sono le stelle Michelin o i punti Gault Millau a portare ospiti e dare anche quella soddisfazione personale che fa superare meglio le difficoltà. Non nego quindi che mi piacerebbe riuscire a ottenere di nuovo la stella, che sarebbe la sesta della mia carriera: voglio però farlo senza fretta o ansie, portando avanti l’identità della nostra cucina e godendomi ogni aspetto di questa nuova esperienza ticinese».

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