Differenze d'età da colmare
Colmare il divario generazionale. Unire le sapienze dei lavoratori più esperti con le idee e l’entusiasmo di chi ha appena messo piede in azienda. È questa una delle sfide a cui sempre più imprese devono far fronte. Almeno secondo l’Unione Cristiana Imprenditori Ticinesi (UCIT) che di recente ha organizzato un evento dedicato al tema della gestione strategica del personale per la sfida dell’intergenerazionalità. Il focus dell’evento è stato sulle nuove generazioni e in particolare su come attrarre i giovani talenti e trattenerli in azienda, nonché come facilitare la trasmissione di competenze tecniche e attitudinali.
«La nostra associazione ha come focus il capitale umano e la missione di generare valore per le aziende, ma anche per i giovani e gli imprenditori stessi - spiega - Stefano Devecchi Bellini, presidente dell’UCIT-. Ecco perché abbiamo voluto organizzare questo evento. Ci rendiamo conto infatti che ci sono due criticità nelle aziende: da una parte, far appassionare i giovani al mondo del lavoro, come lo erano gli imprenditori all’inizio della loro carriera; dall’altra parte, far emergere la visione e l’identità dell’azienda, che spesso non sono chiare ai dipendenti e creano uno scollamento tra la proprietà e il personale».
«Silenzio! Non hai esperienza»
Per affrontare queste sfide, l’UCIT ha coinvolto diversi attori del territorio, tra cui la SUPSI, che ha dato il proprio contributo sotto forma di un progetto formativo sulle aspettative e le motivazioni dei giovani delle generazioni X e Y nei confronti del lavoro. Come si vive il rapporto tra giovani e meno giovani nel mondo del lavoro? Quali sono le sfide e le opportunità che emergono da questa tematica? Alessandra Salvatore, studentessa del secondo anno di Master in Business Administration presso la SUPSI, che assieme a Cristina Andreotti e Glenda Agliani ha svolto il progetto sul tema delle intergenerazionalità in azienda spiega che tra le problematiche emerse vi era quella delle differenti necessità tra generazioni. «Tipicamente il giovane richiede magari più flessibilità in quello che è il proprio lavoro, dagli orari ridotti a quelli flessibili. Si parla tanto di settimana lavorativa di quattro giorni proprio perché i giovani oggi hanno altri interessi al di fuori del lavoro che vorrebbero sviluppare. Non c’è più quella mentalità stakanovista incentrata solo sul lavoro». Questo - Ça va sans dire - non vuol dire che i giovani non abbiano voglia di lavorare, tutt’altro, ma che abbiano bisogno di un’organizzazione del lavoro più intelligente e veloce. Tra le altre evidenze emerse dal progetto, il giovane ha voglia di portare idee all’interno dell’azienda, ma spesso si scontra con la resistenza di chi ha più esperienza lavorativa ma un livello scolastico inferiore: “Una delle situazioni più usuali è quando i giovani non vengono ascoltati proprio perché non hanno esperienza lavorativa, questo li fa sentire frustrati».
I nuovi strumenti
L’evento ha visto anche una tavola rotonda con operatori economici e industriali del settore, che hanno condiviso le loro esperienze e le loro buone pratiche in materia di gestione del personale. «Gli imprenditori ci hanno detto due cose: non riusciamo a capire come poter ingaggiare, entusiasmare i giovani al mondo del lavoro; i manager ci hanno detto che non sempre la missione, la visione, l’identità dell’azienda sono chiare al nostro interno», riporta Devecchi Bellini. Per questo motivo, è stato fondamentale ascoltare quanto i giovani che hanno partecipato al lavoro di ricerca della SUPSI hanno spiegato. «Ben vengano gli strumenti nuovi che vengono attuati dai responsabili delle risorse umane, ma spesso si cerca una figura chiave al di fuori dell’azienda quando basterebbe capire il potenziale delle persone che lavorano già per l’azienda», sostiene Devecchi Bellini.
Bisogna mediare
Per superare queste difficoltà, Alessandra Salvatore suggerisce l’importanza di avere una figura all’interno dell’azienda che faccia da «Buddy», cioè da guida e da mediatore tra le parti soprattutto nella fase iniziale: «Quando ci sono delle problematiche all’interno dell’azienda sulla relazione giovani e meno giovani è importante che ci sia una persona che riesca a mediare tra le due parti e a fargli trovare un accordo». Questa figura potrebbe essere anche di età differente rispetto alla persona che segue, in modo da favorire lo scambio di competenze e di esperienze. Non a caso, spiega Alessandra citando Ernesto Sirolli, noto economista e autore di diversi TEDx: «Per aiutare bisogna tacere e ascoltare». Questo significa che prima di creare discriminazioni tra le generazioni, bisogna capire quali sono le necessità di ognuno, le loro aspettative, le loro motivazioni. Solo così si potrà creare un clima lavorativo positivo e produttivo.
Viva l’alternanza scuola lavoro!
E quindi per facilitare questo scambio l’UCIT promuove l’alternanza scuola-lavoro come un fattore fondamentale per formare i giovani talenti. «Ben vengano esperienze di lavoro contemporanee allo studio, come start up, stage o apprendistato. Il Ticino è un tessuto molto produttivo e molto legato alle arti e mestieri e quindi un percorso anticipato di acquisizione di una professione per noi è fondamentale», dice Devecchi Bellini. Infine, va da sé, non bisogna dimenticare l’importanza che ha la diversità e l’autoimprenditorialità giovanile. «Vogliamo dotare i giovani di quella intraprendenza personale, di quella imprenditorialità che non è solo dell’azionista ma dello stesso dipendente».