Calcio

Dopo Bottani... il deserto?

Ticino terra di talenti che non emergono – «Una questione di infrastrutture, ma è necessario cambiare mentalità»
© CdT / Gabriele Putzu
Marco Ortelli
15.12.2024 06:00

Vntisei settembre 1995. Stadio Meazza. Coppa UEFA. Inter-Lugano. In campo, 6 ragazzi cresciuti nel settore giovanile bianconero: Morf, Penzavalli, Esposito, Colombo, Manfreda e Carrasco. Più i 3 ticinesi Belloni, Gentizon e Fornera cresciuti calcisticamente a Mendrisio e Locarno. 12 dicembre 2024. Conference League. Legia Varsavia-Lugano. In squadra 1 giocatore formato nel settore giovanile del FC Lugano: Mattia Bottani.

Sfogliando le statistiche della rosa bianconera dal 2010 a oggi, si può estrapolare il seguente dato: i giocatori formati dal club o ticinesi cominciano a diradarsi a partire dal 2015, anno della promozione in Super League. Il nostro sguardo, focalizzato sul FC Lugano, oggi unica squadra in Super League, si può allargare sull’intero movimento calcistico ticinese, «avaro» in questi anni recenti di giovani formati localmente che abbiano raggiunto stabilmente il calcio d’élite nazionale e internazionale. Come mai?

A Cornaredo abbiamo intavolato una conversation sur l’herbe con tre figure che in fatto di formazione sul campo se ne intendono: Bruno Quadri, istruttore ASF, già responsabile tecnico della sezione allievi del FC Lugano per 25 anni e fondatore nel 1989 della prima scuola calcio «strutturata» a livello nazionale; Eugenio Jelmini, membro di comitato della sezione giovanile di allora; Roman Hangarter, dall’aprile 2022 direttore tecnico dell’FC Lugano Academy, in precedenza per 14 anni direttore tecnico della Federazione calcistica Regione Zurigo e per 6 anni direttore dell’Academy del Grasshopper Club Zürich.

Sport e studio

Da diversi anni i giovani calciatori ticinesi che emergono non si contano più sulle dita di una o due mani, ma su un dito solo. Come interpretate questa situazione?

Bruno Quadri lancia una frase che lambisce la questione: «Possibile che in Ticino non ci siano 5 ragazzi che possono giocare almeno in Serie B, non dico la serie A del Lugano, ma almeno in Challenge League? Io sono sicuro che ci sono, ma non ne vedo…». Da conoscitore di giovani calciatori, Quadri volge poi il suo sguardo su una fase cruciale del loro sviluppo: «Ripensando alla mia esperienza formativa, ritengo che un problema si manifesti quando i ragazzi arrivano intorno ai 14 anni, con le famiglie forse più interessate che i figli si orientino sulla formazione scolastica e professionale che non sulla carriera sportiva».

Il connubio studio-lavoro e sport, un tema che ha interessato i giovani ai primordi del professionismo negli anni ‘80 e tocca i giovani di oggi, forse più agevolate grazie alla SPSE di Tenero nata nel 2001, i licei e le scuole medie per sportivi d’élite, operativi da alcuni anni. «Indubbiamente si può riuscire - riprende Quadri - non so cosa ne pensa Roman…».

Talenti, formatori, infrastrutture

Hangarter riceve l’assist di Quadri ed esplicita la sua visione filosofica: «Sono tre i pilastri che devono integrarsi a vicenda per la riuscita: l’individuazione di giovani giocatori di talento, bravi formatori che li seguano e strutture adeguate lungo tutto il percorso».

I bravi formatori ci sono, i talenti e le strutture? «Sì, i talenti ci sono, non solo in Svizzera, ma anche in Ticino - prosegue Hangarter -. Rispetto alla Regione di Zurigo, qui nel cantone ho però riscontrato due punti critici, uno legato alle infrastrutture e l’altro alla mentalità dei giovani. A Zurigo, a livello di strutture, è tutto molto più semplice perché è tutto concentrato, c’è un unico centro sportivo raggiungibile da tutti in modo agevole... Interviene «a gamba tesa» Bruno Quadri: «Ricordo che quando si stava creando l’Associazione Team Ticino dissi ai dirigenti a Berna: Un ragazzo che abita a Chiasso e deve raggiungere Tenero per allenarsi e poi tornare a casa, ma vi rendete conto a che ora arriva? Perché non fate un centro nel Sopraceneri e uno nel Sottoceneri?». Riprende Roman Hangarter: «Ora stiamo andando un po’ nella direzione accennata da Bruno, mi riferisco al club bianconero, la situazione è decentralizzata, siamo in parte a Tenero e in parte a Lugano, una situazione logistica piuttosto complicata».

Diceva delle differenze di mentalità tra i giovani incontrati a Zurigo e in Ticino. «Uso sovente l’immagine del frigo pieno e del frigo vuoto - osserva Roman Hangarter -. In generale, posso dire che a Zurigo ho trovato giocatori, soprattutto quelli di origine albanese del Kosovo di seconda generazione, molto «affamati», con tanta grinta e voglia di diventare professionisti. Quando sono arrivato in Ticino nel 2022 ho trovato invece nei ragazzi come una mancanza di spinta, quella che porta a credere di potercela fare, di poter arrivare a fare il salto».

Interviene Eugenio Jelmini, con una bordata da fuori area: «Oltre a quanto hanno detto Roman e Bruno sulle criticità, un aspetto che ritengo importante è anche quello inerente ai dirigenti. Prima dell’arrivo del Team Ticino, per il settore giovanile del FC Lugano prendere decisioni era abbastanza semplice o perlomeno queste erano più dirette. Oggi è tutto un po’ più complicato. Ci vorrebbe maggiore collaborazione tra squadre, dalla Challenge League alla Prima Lega. Certo, magari talvolta bisogna sacrificare il risultato immediato, ci sono delle ambizioni, per cui si preferisce importare giocatori per arrivare terzi in Prima lega o ottavi in Challenge League. Mi dico, sono quelli gli ambiti in cui le squadre dovrebbero cominciare a formare giocatori che poi faranno il salto. Non solo formazione interna al Lugano, oggi riferimento in Ticino, ma anche negli altri club. Ogni squadra di Challenge e di Promotion League dovrebbe avere almeno due, tre giovani formati in Ticino da preparare per palcoscenici superiori». Bruno Quadri: «Bisognerebbe introdurla come regola».

La ben nota struttura a piramide. Secondo Roman Hangarter in Ticino ci sono le condizioni per portare giovani nel calcio d’élite. «Il percorso sarebbe ideale, in ogni categoria abbiamo almeno una squadra, è questo è ottimo per i giovani. Se ci fosse maggiore collaborazione tra i club lo sbocco per i più bravi potrebbe essere la Super League». Tasto dolente, passiamo oltre.

«Sonderfall Luzern»

Se in Ticino, i talenti ci sono, si lavora comunque bene, ma la Super League i ragazzi finiscono magari solo per sognarsela senza vederla materializzarsi, in Svizzera - come si può vedere dall’infografica - ci sono squadre ben per-formanti, con soprattutto il Lucerna, ad aver inserito molti giovani inseriti in prima squadra - Loretz, Villiger, Jaquet, per citarne alcuni -. Roman Hangarter: «Oltre a Basilea e Young Boys, soprattutto Zurigo, GC e San Gallo stanno lavorando molto bene, direi da circa 7 anni. Poi in effetti c’è il Lucerna. Un club che dà fiducia ai giovani facendoli giocare stabilmente in prima squadra. A Lucerna stanno seguendo una precisa filosofia d’azione per ora davvero pagante». Quando dalla necessità (economica) fiorisce la virtù di puntare sui giovani.

Tra collaborazione e modelli di riferimento

Concludendo questa conversation sur l’herbe, come vedono Bruno Quadri, Eugenio Jelmini e Roman Hangarter lo sbocco futuro dei giovani calciatori ?

Bruno Quadri: «Penso proprio che un margine di miglioramento ci sia. Cosa fare? A livello di conduzione, che tutti i dirigenti delle squadre più importanti in Ticino si riuniscano, parlino fra loro per fare in modo che prioritario sia l’interesse per il giovane. A livello tecnico, evidenziare un gruppo di talenti e analizzare la loro situazione familiare, scolastica, lavorativa. Bisogna fare poi in modo che questi talenti non si disperdano, perché quando sei adolescente è un conto, quando passi alla fase matura le cose cambiano completamente».

Eugenio Jelmini: «Il mio pensiero conclusivo è un pensiero un po' più pessimista. In teoria sappiamo tutti cosa bisognerebbe fare, nella pratica, a partire dal calcio regionale e risalendo, le ambizioni personali, il narcisismo, gli interessi di bottega rendono molto più difficile il percorso della carriera individuale, della collaborazione tra società, proprio perché c'è di mezzo questa voglia di mettere davanti sé stessi all'interesse del giovane».

Roman Hangarter: «A mio avviso ci vorranno ancora un paio d’anni di lavoro interno all’Academy e al settore giovanile per raggiungere il livello tale per formare giovani pronti per la prima squadra. Attualmente c’è effettivamente un «buco», ma i talenti, come detto, ci sono. C’è da dire inoltre che oggi, ai giovani mancano effettivamente modelli ticinesi di riferimento, quelli che accendono lo spirito d’emulazione portando a dire «voglio arrivare anch’io». Anche il futuro nuovo stadio potrà fungereda stimolo».

Morf, Penzavalli, Esposito, Colombo, Manfreda, Carrasco... Regazzoni, Behrami, Gavranovic... Padalino, Maric… Mattia Bottani, e poi?

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