Lo studio

Dopo l'impeachment di Yoon

Cosa c'è dietro la crisi e le tensioni sociali nel Paese di Squid Game e Gangam Style
© Ahn Young-joon
Francesco Mannoni
15.12.2024 06:00

Destituito dal Parlamento con il procedimento di impeachment, il presidente della Repubblica di Corea Yoon Suk Yeol che il 3 dicembre scorso aveva dichiarato la legge marziale, suscitando un acceso dibattito politico. Ma che cosa aveva giustificato un tale provvedimento rimosso dopo poche ore? Cosa sta succedendo veramente nella Corea del Sud? Ne parliamo con Natan Mondin, che conosce bene questa realtà per aver lavorato per 15 anni in una agenzia coreana per la promozione delle relazioni commerciali con Repubblica di Corea. Forte di questa esperienza, Mondin ha da poco pubblicato un saggio «La via coreana» (Utet, 208 pp).

Molti osservatori ritengono che la legge marziale sia stata una scusa per consolidare il potere attraverso un colpo di stato. È così?
«Dopo essere stato presidente e quindi capo dell’esecutivo, con un margine risicato rispetto al rivale del Partito Democratico, e dopo l’esito delle elezioni legislative dello scorso aprile, Yoon si è trovato a governare con una maggioranza parlamentare completamente avversa. Dopo aver visto respinto il suo disegno per il bilancio governativo del 2025, consigliato - pare - dal ministro della difesa e suo braccio destro Kim Yong Hyun, ha invocato la legge marziale».

Una mossa sbagliata?
«È stata una violazione della Costituzione e rappresenta una seria minaccia per la democrazia. La legge marziale è stata dichiarata circa 16 volte nella storia del Paese: il primo caso risale all’agosto 1948, quando fu istituita la Repubblica di Corea. Una delle ultime volte è stata utilizzata durante il colpo di stato di Chun Doo-hwan che ha dato il via al regime militare durante il quale si è verificato il massacro di Gwanju, descritto nel romanzo «Atti Umani» scritto da Han Kang, scrittrice a cui a ottobre è stato assegnato il premio Nobel per la letteratura. Dalla democratizzazione degli anni ‘80, la legge marziale non era mai più stata dichiarata».

Il presidente era scampato alla prima procedura di impeachment, ma al secondo round il Parlamento lo ha destituito: la democrazia della Repubblica di Corea è forte e solida?
«L’impeachment del Presidente Yoon è sempre stata una possibilità concreta, dato che le sue azioni sembrano violare i principi costituzionali. Dopo il primo fallimento il Parlamento è tornato alla carica e l’ha destituito. Non è una novità. L’esempio più recente di impeachment è quello dell’ex Presidente Park Geun-hye nel 2016, rimossa dall’incarico per abuso di potere. Tuttavia, il processo di impeachment può causare divisioni politiche e sociali, aumentando il rischio di instabilità.»

Qual è ora la posizione del presidente?
«Yoon si trova isolato dal suo stesso partito dopo le proteste di massa che invocavano le sue dimissioni. Gli eventi di questa settimana hanno dimostrato che gli anticorpi della giovane democrazia coreana sono stati più forti delle spinte autocratiche di un politico molto controverso».

Il pericolo denunciato dal presidente Yoon Suk Yeol (le simpatie dell’opposizione per il Nord comunista), è reale?
«La denuncia del presidente Yoon, secondo cui l’opposizione avrebbe simpatie verso il Nord comunista, appare più come una strategia retorica che una realtà con solidi fondamenti. Queste accuse sono state utilizzate nella politica coreana, soprattutto da forze conservatrici, per delegittimare l’opposizione progressista, in particolare il Partito Democratico».

Perché?
«Tradizionalmente, i progressisti sudcoreani hanno favorito un approccio più conciliante verso la Corea del Nord, attraverso politiche di dialogo e cooperazione economica, come quelle perseguite durante la cosiddetta «Sunshine Policy» negli anni 2000, ma ciò non implica un sostegno al regime nordcoreano».

Che cosa tentava di nascondere il presidente?
«Il suo operato sembra essere una risposta alle crescenti critiche contro la sua gestione politica e agli scandali che coinvolgono il suo governo e la sua famiglia. L’opposizione con minacce di scioperi a oltranza ha criticato duramente la dichiarazione della legge marziale e ha definito la misura come un atto più orientato a mantenere il potere che a rispondere a reali minacce alla sicurezza nazionale».

Che ripercussioni potrebbe avere in campo politico la sua «bravata»?
«Dal punto di vista politico l’episodio della legge marziale potrebbe danneggiare seriamente l’immagine della Repubblica di Corea come democrazia stabile. La reazione di massa contro il presidente, riflette un sentimento diffuso di tradimento dei valori democratici da parte dell’attuale amministrazione così come la reazione pronta dell’Assemblea parlamentare e gli inchini di scuse verso la popolazione dei militari, sono testimonianza della solidità delle istituzioni democratiche».

E in campo economico?
«La dichiarazione di scioperi a oltranza da parte dei sindacati di alcuni settori chiave avrebbero potuto portare a un rallentamento della produzione in gran parte votata all’export; l’incertezza e l’instabilità governativa portano a un calo di fiducia degli investitori esteri e di una riduzione della competitività».

Come incide la politica aggressiva e guerrafondaia della Corea del Nord sulla popolazione della Corea del Sud?
«Le provocazioni della Corea del Nord sono una costante nella vita dei sudcoreani e non rappresentano più un elemento di grave preoccupazione. Tuttavia, il Presidente Yoon aveva utilizzato le minacce del Nord come pretesto per giustificare la legge marziale».

Come avviene la conquista dell’Occidente?
«Cultura popolare, tecnologia e innovazione, soft-power e immagine nazionale sono gli ambiti in cui la Corea sta influenzando non solo l’Occidente, ma anche i «vicini» asiatici. Aziende come Samsung, LG e Hyundai sono pionieri nei rispettivi settori e dominano i mercati globali. Le piattaforme coreane di gaming e streaming stanno guadagnando spazio, accrescendo il prestigio tecnologico del Paese. Piatti come il kimchi, il bulgogi e il bibimbap sono entrati nella cultura gastronomica occidentale. Di fatto, attraverso il fenomeno della «Korean Wave» la Corea del Sud promuove attivamente la propria immagine».

Si può dire conclusa la conquista dell’Occidente?
«Il Paese ha avuto un enorme impatto sull’Occidente, affermandosi come un’icona globale in diversi ambiti, ma parlare di «completa conquista» è forse un’esagerazione. La Repubblica di Corea ha fatto passi da gigante nell’affermare la propria influenza in Occidente, ridefinendo cosa significhi essere una superpotenza culturale».

Il sistema di classi sociali basato sulla ricchezza, l’istruzione e l’occupazione è ancora presente nella Corea del Sud?
«Formalmente le classi sociali sono scomparse con la guerra, che ha azzerato tutto. Ma di fatto il divario tra ricchi e poveri, basato su istruzione, occupazione e reddito, è ancora presente. Se si vanno a studiare gli indicatori di disuguaglianza si scopre che il coefficiente di Gini è inferiore a quello di USA e UK».

Quali sono le maggiori contraddizioni del Paese?
«Sono le contraddizioni di un Paese che ha affrontato in pochi decenni uno sviluppo economico unico nel suo genere, se si pensa che la Repubblica di Corea alla fine della guerra del 1950/53, aveva un prodotto interno lordo pari a quello di uno stato subsahariano e ora si colloca tra le prime dieci economie al mondo. Innovazione e competizione permeano la vita dei coreani. L’espressione «palli! palli!», «veloce! veloce!» in Corea si sente ripetere continuamente, in qualsiasi situazione: è un mantra esistenziale. La competizione è motore dell’ascesa sociale in una società che rispetta valore e successo, ma condanna il fallimento».

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