Il commento

E alla fine a pagare sono ancora le famiglie

Prezzi in salita, due guerre e una crisi industriale e politica che si aggira per l'Europa – Il conto dell'instabilità, possiamo esserne certi, ci verrà presto presentato
Mauro Spignesi
24.11.2024 06:00

Non è uno scenario particolarmente rassicurante quello che si profila all’orizzonte. Due guerre in corso, crisi industriali (come quella dell’automobile), prezzi che crescono (con il punto interrogativo dei costi dell’energia), un’Europa che deve fare i conti con divisioni politiche sempre più marcate e una nuova fragile e inedita maggioranza che regge la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen.

I mercati attendono e solo a lungo termine si capirà come digeriranno queste tensioni e quali saranno le conseguenze dirette per i cittadini. Quel che è che certo è che il futuro prossimo, il passaggio tra questo anno e quello che sta arrivare, non sarà all’insegna della stabilità. Anche perché in questo orizzonte a tinte fosche sullo sfondo aleggia la nuova presidenza americana, quella dell’imprevedibile Donald Trump, che promette scintille.

Quel che è certo è che l’ordine mondiale che sino a qualche anno fa avevo garantito una stabilità, una precaria stabilità che comunque stava in equilibrio, non c’è più. Nessuno immaginava che Vladimir Putin si sarebbe spinto così avanti, sarebbe stato capace di invadere l’Ucraina davanti a una comunità internazionale, e alle sue organizzazioni ormai incapaci di gestire una crisi internazionale, che sino ad oggi non è riuscita a trovare una sintesi unitaria capace di bloccare la guerra. Stesso discorso si può fare per la crisi in Medio Oriente con il conflitto scatenato da Hamas il 7 ottobre e la risposta sanguinosa e rabbiosa di Israele ma soprattutto di Benjamin Netanyahu. Ora viviamo sotto la minaccia dei missili a lungo raggio di Putin che possono - per sua stessa ammissione - colpire l’Europa e nello stesso tempo con una tregua che appare lontana. Le recenti decisioni della Corte penale internazionale, che prima ha spiccato un mandato di cattura per Putin e poi per Netanyahu, hanno innescato ancora incertezze e divisioni, spezzando il fronte europeo dei paesi che dovrebbero mettere in atto il provvedimento. Tanti leader hanno già detto che non arresteranno mai il leader israeliano e quello che si annuncia in prospettiva è una delegittimazione della Corte che in partenza non può contare perché non ne fanno parte di Stati importanti, come l’America.

Tutto questo che sta accadendo ha già avuto ricadute pesanti sui cittadini, perché è impossibile pensare che in un mondo sempre più globalizzato le guerre e l’instabilità non abbiamo riflessi diretti. Tanto è vero che più di una volta i mercati, provati dall’inflazione dalla giostra dei tassi, hanno fatto accendere più di una spia. L’ultima è quella della debolezza dell’euro, moneta unica travolta dal rafforzamento del dollaro spinto dall’effetto Trump. Mentre i tassi stanno lentamente scendendo e le famiglie possono accedere a ipoteche pagando meno il denaro, mentre le imprese possono acceder a prestiti senza dover fare i conti con interessi pesanti, ecco riapparire la paura. Anche da noi, in Svizzera. L’euro è scivolato ai minimi storici sul franco e la Banca nazionale, così come capitato in passato, è dovuta correre in soccorso alla nostra moneta con robuste iniezioni per riequilibrare i rapporti. Certo, il tutto questo c’è anche il vantaggio che il franco svizzero, come sempre accade, diventi nuovamente una valuta rifugio. Ma intanto la Banca nazionale potrebbe essere costretta a spendere gli utili (oltre 62 miliardi) nell’operazione per disinnescare le minacce dell’euro. E questo (come ha fatto notare CdT Dimitri Loringett) vorrebbe dire zero o quasi versamenti nelle casse dei Cantoni che quindi per colmare le perdite - sostanziose in alcune aree della Confederazione - sarebbero costretti ad aumentare le imposte. A pagare la fattura delle tensioni e delle guerre che a noi appaiono lontane, come sempre, sarebbero le famiglie.

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