È COVID-19 o influenza?
Con l’arrivo dell’autunno, molti si chiedono come distinguere i sintomi dell’influenza stagionale da quelli del COVID-19 e quali precauzioni adottare per proteggersi dalle infezioni respiratorie. Il professor Enos Bernasconi, viceprimario infettivologo all’Ospedale Regionale di Lugano (EOC), fa chiarezza su questi temi visto che è abbastanza difficile distinguere i sintomi. Bernasconi spiega che le cosiddette «influenze like illness» sono «malattie simili all’influenza» e comprendono infezioni delle vie respiratorie sia superiori (raffreddore, sinusite, faringite) che inferiori (bronchite e polmonite). Attualmente, dice Bernasconi, «un terzo delle persone sono colpite comunque dal coronavirus». Tuttavia questo virus, aggiunge, «nella maggioranza delle persone sane causa una malattia relativamente blanda, in pratica è il classico raffreddore che poi sviluppa tosse, un po’ di febbre e male alle ossa».
L’importanza del vaccino
L’infettivologo sottolinea l’importanza della vaccinazione contro il COVID, soprattutto per le persone più a rischio di complicazioni, come gli anziani, i malati cronici e gli immuno compromessi. «Le raccomandazioni ufficiali dicono sopra i 65 anni - afferma - ma personalmente penso che rimane molto importante sopra i 75 o nelle persone che hanno un sistema immunitario molto compromesso». Queste persone, infatti, «sono quelle che vediamo ancora oggi finire in ospedale a volte anche con una polmonite malgrado una buona fetta di loro abbia ricevuto il vaccino magari due, tre o anche quattro dosi». Bernasconi raccomanda quindi la vaccinazione con «il vaccino adattato al ceppo XBB 1.5 e rispettive sottovarianti in circolazione. La più prevalente nelle ultime settimane è quella che si chiama Eris, cioè EG.5. Possiamo affermare che il vaccino che somministriamo attualmente è ben protettivo contro le sottovarianti in circolazione».
Il test e la terapia antivirale
Bernasconi spiega inoltre che il test per il COVID-19 «rimane importante per le persone che hanno un rischio di complicazioni più severe e che quindi sono candidate per una terapia antivirale». Questa terapia, spiega, «riduce fino all’80% il rischio di essere ospedalizzati e anche di complicazioni più severe». Per le persone sane, invece, «è meno importante sapere di che virus si tratta. In questi casi la raccomandazione è di riposarsi e rimanere a casa fino a 48 ore dopo la fine dei sintomi per ridurre il rischio di contagiare altre persone. Se si deve uscire è raccomandato l’uso della mascherina e la disinfezione delle mani».
Gli altri virus respiratori
Oltre al COVID-19, Bernasconi ricorda che ci sono altri virus, come quello dell’influenza e RSV, il virus respiratorio sinciziale. «Sono quelli che, con il coronavirus, causano il maggior numero di ospedalizzazioni delle persone a rischio, in particolare anziani o con malattie polmonari, cardiache, diabete o immuno compromesse». RSV è conosciuto come causa di severe bronchioliti nei lattanti e bambini piccoli ma anche «nell’anziano può condurre a ospedalizzazioni. Lo scorso anno abbiamo osservato tanti pazienti asmatici o con bronchite cronica che sono finiti in ospedale per quello e non per l’influenza». Bernasconi prevede che «il periodo più critico che potrebbe causare sovraccarico degli ospedali potrebbe essere quello compreso tra dicembre e gennaio».
Infine, alcuni consigli. «Per le persone a rischio sono raccomandati sia il vaccino contro il COVID-19 che quello per l’influenza. Ribadisco che in termini generali la cosa più importante è ridurre il contatto con altre persone quando si hanno sintomi respiratori».