«E dire che da giovane volevo fare il maestro»
Una splendida storia di imprenditorialità che parte dal cuore di Lugano - dal ristorante gestito fino agli anni ’60 da nonna Angiolina in via Pessina - e oggi abbraccia la Svizzera intera.
A fondare la Tamborini Vini, nel 1944, sono Carlo Tamborini (il figlio di Angiolina) e sua moglie Bice: lei manda avanti l’ufficio, lui si occupa del magazzino, cura le relazioni coi clienti, li rifornisce del vino di cui hanno bisogno.
Ottant’anni dopo, la Tamborini Vini SA è una delle realtà vitivinicole più importanti del Ticino: i vini non li commercia soltanto come faceva agli albori, ma li produce anche, occupandosi della gestione di 27 ettari di vigneti, mentre a mandare avanti l’azienda, sotto la guida del figlio dei fondatori Claudio e del nipote Mattia Bernardoni che rappresenta la terza generazione, ci pensano qualcosa come 38 dipendenti.
All’inizio si vendeva la gazzosa
«Ai tempi del ristorante gestito dalla nonna Angiolina, che iniziò la sua attività nel 1911, si vendevano la gazzosa, un po’ di birra e non più di due o tre vini, ma con gli anni il consumo incrementò e mio papà nel 1944 pensò bene di avviare - dopo aver costruito la sua cantina a Cassarate - un commercio importando e vendendo vini. La produzione ticinese era lungi dall’essere quella qualitativa che conosciamo oggi, i vini esteri andavano per la maggiore» racconta Claudio Tamborini, che dal papà ha ereditato l’azienda, facendola diventare quell’eccellenza che conosciamo oggi, e che mercoledì presenterà il suo libro Art&Vino Ticino (l’arte è un’altra grande passione di Tamborini).
Eppure, nei sogni del giovane Claudio non c’era spazio per immaginare un futuro alla guida dell’allora piccola azienda paterna.
«Mi ero diplomato alla scuola di commercio e francamente non sapevo cosa avrei fatto da grande. Però allora la professione del maestro godeva di un certo prestigio e così decisi di iscrivermi alla Magistrale di Locarno. Alloggiavo nel convitto, ma un giorno mi venne un attacco di appendicite e la direzione decise di mandarmi a casa, chiedendo a un mio compagno di accompagnarmi. Quel compagno era Giovanni Cansani, che anni più tardi divenne municipale di Lugano» ricorda Tamborini. Fu durante il viaggio in treno da Locarno a Lugano che l’orizzonte si schiarì davanti al candidato docente. E il merito fu di Giovanni Cansani.
Il merito fu di Giovanni Cansani
Racconta ancora Claudio: «Durante il tragitto, Giovanni mi disse che non capiva cosa ci facessi in Magistrale. «Io sono figlio di un tramviere, ma se fossi al posto tuo, col papà proprietario di una piccola azienda ben avviata, non esiterei ad affiancarlo per garantirgli la successione» mi disse. Ecco, su certe cose, se te le dicono i genitori non rifletti nemmeno, ma dette da un amico hanno un altro effetto e mi hanno illuminato! Ci ho pensato un po’, quindi ho deciso che mi sarei iscritto alla Scuola di enologia, che a quei tempi era a Losanna».
Diplomato, Claudio non si ferma: la sua curiosità e la sete di sapere sono inesauribili, sa benissimo che per farsi strada nel mondo dei vini le conoscenze non bastano mai. Qualche anno dopo lo troviamo in Germania a perfezionarsi, quando riceve una lettera del papà che gli chiede di tornare a casa e occuparsi dell’azienda, perché è malato. Siamo nel 1969, Carlo Tamborini scompare prematuramente e Claudio con la mamma eredita la guida dell’azienda.
La scomparsa del padre, l’aiuto della madre
«In due o tre anni, lavorando sodo e con al fianco la mamma, ho sviluppato l’azienda di papà, ampliando la gamma dei nostri prodotti, ma soprattutto realizzando il sogno di diventare produttore dei nostri vini. Inizialmente compravo l’uva da terzi, soprattutto Merlot perché vedevo che il prodotto tirava; da Cassarate ci siamo trasferiti a Lamone, dove ancora oggi abbiamo la sede, ma dentro di me sapevo che il vero produttore di vino è colui che vinifica l’uva dei propri vigneti ed è lì che volevo arrivare. Così abbiamo comprato terreni a Gudo, a Lamone, poi la storica tenuta Vallombrosa a Castelrotto creata dal dott. Giovanni Rossi nei primi anni del Novecento. La culla del Merlot ticinese: fu lì che venne messo a dimora il primo vigneto del Ticino con le barbatelle di uva Merlot e questa eredità mi addossa la responsabilità di doverla gestire con grande rispetto per i fondatori».
Nascono grandi Merlot: Poggio Solivo, San Zeno, più tardi il Comano; si mettono a dimora nuove varietà come Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon per creare vini in stile bordolese. In breve, la Tamborini sotto l’impulso di Claudio diventa un’inesauribile fonte di iniziative e sviluppo della viticoltura cantonale, la cantina di Lamone viene ampliata e aggiornata con tecnologie e macchinari sempre più all’avanguardia.
Miglior viticoltore dell’anno
Sono anni di grandi soddisfazioni, i vini dell’azienda conquistano premi e favori della critica, Claudio Tamborini nel 2012 viene insignito del massimo riconoscimento che un produttore possa ottenere in Svizzera, quello di Miglior viticoltore dell’anno assegnato nell’ambito del Grand Prix du Vin Suisse.
«Ricevere quel premio mi ha procurato un’emozione incredibile. Era un riconoscimento che non premiava solo il sottoscritto, ma il risultato di un lavoro di squadra. Da anni in cantina lavora un gruppo molto competente, capitanato dall’enologo Luca Biffi, con noi dal 2015. Coi miei collaboratori mi piace sperimentare, così nascono vini come il Passo di Tambo, fermentato dopo appassimento di 10-15 giorni in fruttaia, o come l’Osé d’hiver, un rosato riserva dai colori tenui che ricorda quelli prodotti in Provenza».
«Peccato far solo una vendemmia all’anno»
L’elenco dei vini un po’ particolari prodotti dalla Tamborini sarebbe lunghissimo, in azienda c’è spazio per la sperimentazione e la creatività.
«Ho collaboratori che guardano avanti, sono innovativi e a volte sanno sorprendermi. Siamo un’azienda tradizionale, ma aperta al nuovo che avanza. Il mio rincrescimento è che coltivando la vigna ci sia soltanto una vendemmia all’anno da sfruttare, se producessi birra avrei molte opportunità in più…» dice Claudio, che nonostante una propensione del consumatore a bere meno vino e le difficoltà climatiche che rendono difficile la coltivazione della vigna, rimane ottimista riguardo al futuro.
«Basterà fare vino di qualità per reggere il confronto con gli altri. Dobbiamo essere coscienti che il nostro mercato è quello svizzero, dove vendiamo il 98% della produzione, nonostante i nostri vini escano bene dal confronto internazionale, sia a livello qualitativo, sia di prezzo se li compariamo ai vini «Premium». E poi noi abbiamo un terroir straordinario e un vitigno altrettanto straordinario, il Merlot. Ogni etichetta è differente dall’altra per via della regione di produzione, della composizione del terreno e del microclima, il vitigno è adatto per fare bianchi, rosati, rossi e persino spumanti di qualità. Il clima è sempre più caldo? Noi stiamo studiando soluzioni per il futuro!»