È stato il Papa del cambiamento per le donne

«Mi piace leggere e incoraggiare questo mensile, e non è una sorta di femminismo clericale del Papa. È aprire la porta a una realtà, una riflessione che va oltre»
Con queste parole circa due anni fa Francesco salutò le donne della redazione di «Donne Chiesa Mondo», il mensile femminile dell’Osservatore Romano. Per me, che facevo parte del gruppo redazionale, quelle parole furono un sollievo. Finalmente un uomo che non si dichiarava femminista per piacere e compiacere. Ma che diceva la sua sulle donne e comprendeva la fatica che noi del giornale facevamo per affrontare un tema tanto delicato quale era la questione femminile nella Chiesa. Rimaneva da vedere in che modo lui, a capo di una istituzione tradizionalmente e concretamente misogina volesse «aprire la porta ad una realtà» e a «una riflessione» che andasse oltre. In che modo pensasse potesse essere almeno avviata una discussione su un tema caldo che lo stesso sinodo aveva sollevato a livello planetario.
In questi anni «Donne Chiesa Mondo» ha messo sotto attenzione ogni parola e ogni gesto del pontefice, l’ha commentato, elogiato e criticato. Ha notato in Francesco una comprensione e un apprezzamento quasi istintivo nei confronti delle donne insieme ad un approccio che, soprattutto nel linguaggio, si rivelava tradizionalista. Le sue parole erano qualche volta quelle di un uomo di vecchio stampo poco incline a comprendere i cambiamenti della cultura femminile. Qualche volta ci hanno turbato. E tuttavia non ci siamo fermate alle parole. Per capire fino in fondo il pontefice, la sua idea della donna nella società, e quello che il suo papato intendeva promuovere abbiamo guardato i fatti. Solo questi non i proclami, le affermazioni più o meno femministe avrebbero chiarito quale era il ruolo che Francesco auspicava per le donne e come concretamente avrebbe agito per riparare ai guasti di una cultura patriarcale se non misogina. I fatti ci sono stati. Chiari e inequivocabili. Il papa non femminista ha portato avanti un cambiamento radicale intervenendo sull’ingiustizia di fondo nei confronti delle donne: il mancato riconoscimento di competenze e professionalità, il loro essere subalterne a capi maschi anche quando erano molto più colte ed esperte. Una ingiustizia di fronte alla quale il papa che veniva da lontano non ha risposto con alate parole e fumose promesse ma collocando le donne competenti in posti importanti, dando loro una funzione dirigente, non privilegiandole ma semplicemente riconoscendo lavoro, passione, conoscenza.
In questi anni sono state decine e decine le donne messe in posti e funzioni fino a qualche tempo coperte solo da uomini. Non possiamo fare tutti i nomi. Sono troppi e a tutti i livelli. Ci vorrebbe e sono sicura che ci sarà una mappa dettagliata. Ci limitiamo ad alcuni. Suor Alessandra Smerilli, prima consigliera di Stato e prima donna nominata segretaria di un dicastero, quello del per lo Sviluppo umano integrale. Barbara Iatta, prima donna dopo 500 anni alla direzione dei Musei Vaticani. Suor Simona Brambilla prima prefetta di un Dicastero di peso, quale quello per la Vita consacrata. Suor Raffaella Petrini, prima presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. È stato un inizio. C’è chi non lo ha apprezzato. C’è chi ha detto che è stato troppo poco. Però c’è stato. Fino alla fine. Fino ai suoi ultimi gesti.
Ricevendo i sanitari che lo avevano curato al Gemelli qualche giorno prima di morire, riferendosi alle cure ricevute, con un sorriso benevolo e ironico Francesco ha detto : «Quando comandano le donne le cose vanno meglio». Un messaggio - anche l’ultimo - chiarissimo.
*Ritanna Armeni è giornalista e scrittrice, il suo ultimo libro è «A Roma non ci sono le montagne» (Ponte alle grazie), scrive per L’Osservatore Romano.