Ecco chi è il cacciatore di vinili
Una chitarra elettrica appoggiata in un angolo. Le pareti piene zeppe di scaffali dai quali straripano migliaia di copertine di dischi in vinile. Entrare nel locale adibito a «museo» di Stefano Wagner, ingegnere, pianificatore e titolare e direttore di uno studio proprio a Lugano è come fare un tuffo nel Dopoguerra del Novecento. Qui la musica ancora si tocca, si strofina, si tiene in mano.
Non come oggi che è nell’etere, meglio nel cloud e non appartiene a nessuno, a eccezione delle grandi aziende americane. «Quella copertina è un pezzo rarissimo - dice Wagner, indicando una custodia incorniciata e appesa al muro dei Beatles, dove John, Paul, George e Ringo indossano camici da macellaio imbrattati di sangue e sono circondati da pezzi di carne e parti di bambole in plastica smembrate -. Il giorno stesso in cui è stata messa sul mercato è stata ritirata proprio per lo scalpore che aveva subito suscitato».
Una collezione di 10 mila dischi
In realtà anche la copertina che ha per caso tra le mani, perché l’ha appena acquistata e la sta spostando, è una rarità. «È della Prestige Records - spiega - una etichetta discografica statunitense specializzata in album jazz, ma non solo, fondata da Bob Weinstock, che conobbe una grande importanza negli anni cinquanta e sessanta, perché fu una vera e propria fucina di talenti ed ebbe sotto contratto Miles Davis, John Coltrane, Sonny Rollins, Thelonious Monk ed altri giganti del jazz». L’emozione di Wagner non è solo nelle parole ma è palpabile. Come le migliaia di custodie che sta collezionando quasi da una vita, che hanno superato le 10mila unità.
Una passione, la sua, iniziata quasi per caso, frequentando i negozi di dischi di vinile che un tempo animavano gioventù e piazze. Quando ancora la musica era solo alla radio, ai concerti e nei giradischi, appunto. Niente a che vedere insomma con l’immaterialità di oggi che propone artisti e brani su piattaforme online e permette di acquistare i cantanti preferiti stando comodamente seduti davanti a un computer o a un telefono cellulare.
Tra follia e business
Ciò nonostante, collezionare non è da tutti e Wagner lo sa benissimo. Sa bene che anche potendo, avendo cioè i mezzi finanziari, non tutti si spingerebbero a collezionare 10mila dischi di vinile. «Collezionare è un atto egoistico e possessivo - rivela senza mezzi termini - io ho duemila dischi che sono la mia anima, chiamiamola così, la mia gioventù, la mia passione, i miei ricordi. E poi ho ottomila dischi che sono una cosa sistematica per completare, per avere la serie completa di una serie particolare di quell’artista, di quella casa discografica...».
Avere tutto, ma proprio tutto, di una cosa specifica. Che siano francobolli, monete o dischi di vinile non importa. L’importante è avere tutto quello che è stato prodotto in originale (le ristampe non contano). «Perché uno colleziona quadri? Potrebbe anche soltanto visitare una mostra o comprare il catalogo e invece compra proprio i quadri, gli originali. Ecco, collezionare dischi è la stessa cosa. Certo, siamo al limite della psichiatria, me ne rendo conto e ci scherzo anche».
Per spiegare ancora meglio cosa si nasconde nella mente di un collezionista, Wagner fa un altro esempio. «Il collezionare è anche quello che fa ogni bambino con l’album di figurine. L’obiettivo è arrivare a raggiungere la serie completa di una squadra, di avere tutte le figurine dell’album. Se ci si pensa bene è una follia anche quella. Però nel caso di alcune collezioni si può parlare tranquillamente anche di un enorme giro d’affari miliardario».
Oltre le collezioni, le mostre
Wagner però non colleziona soltanto. Ma condivide il suo tesoro attraverso esposizioni e mostre. Ha iniziato alla Biblioteca cantonale di Lugano, ha proseguito con il Museo Max di Chiasso e con il London Jazz Festival e il Jazz Ascona. «Quando collezioni a un certo punto viene anche voglia di condividere quello che si ha. E così faccio io che, detto chiaramente, non ho alcuna ambizione commerciale o economica».
Condividere una passione non è comunque sempre semplice. Ma richiede un impegno quasi superiore a quello del collezionismo. «Trovare spazi oggi è molto più arduo che in passato - spiega Wagner -. L’impressione che sta diventando sempre più una certezza è che sia sempre più complicato proporre proposte culturali che non hanno un immediato ritorno economico e non hanno importanti sponsor alle spalle». A mancare sempre più, soprattutto in Ticino, sono insomma spazi per una cultura diversa, alternativa, fuori dalle grandi logiche istituzionali e settoriali. Una cultura però anch’essa rilevante perché capace di accendere i riflettori su argomenti e profondità comunque creativi e artistici.