Cultura

Edda Ciano «la svizzera»

La figlia del Duce passò il confine a Stabio prima di andare a Neggio e poi a Monthey
Edda Ciano, figlia primogenita di Benito Mussolini.
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
22.10.2023 15:00

È il 9 gennaio 1944. Il sole a Stabio non è ancora sorto, quando Edda Ciano, figlia di Benito Mussolini e moglie di Galeazzo Ciano, sposta il fieno che la ricopre e scende dal carro agricolo che l’ha portata da Cantello a Stabio. Con lei ha attraversato il confine nascosto pure lui sotto uno strato di fieno Emilio Pucci, futuro celebre stilista di moda. Il 9 gennaio del 1944 è domenica. Le campane della chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo non suonano ancora. Perché non è neppure l’alba. Edda Ciano passa davanti ai buoi che hanno trascinato il carro. Forse saluta il contadino. Forse no. Perché, anche se è presto, in realtà non c’è tempo da perdere. Suo marito sta rischiando seriamente di morire. E vuole salvarlo. Anche se a condannarlo è stato suo padre Benito, il Duce. Che Galeazzo ha sfiduciato il 25 luglio del 1943 e per questo è stato accusato di alto tradimento insieme ad altri gerarchi fascisti, pure loro, secondo il regime, cospiratori.

Edda ha provato prima a convincere suo padre, poi la madre Rachele, ma non c’è stato nulla da fare. Galeazzo ha tradito e deve morire. Anche se è suo marito e lei è la figlia del Duce. Edda si incammina. Deve fare presto. Non solo perché a Neggio l’aspettano le suore domenicane che sono pronte ad ospitarla assieme ai figli nel piccolo convento del paese. Deve fare presto perché sa che la fucilazione è imminente e forse può ancora salvarlo. Deve solo riuscire a consegnare i diari di suo marito agli inglesi, gli odiati nemici. Diari che ha con sè. E che ha letto. Pagine forti. Pagine in cui Galeazzo è molto critico nei confronti della Germania nazista. Edda è sicura. Quei diari sono una merce di scambio. Un salvacondotto per suo marito. Ma deve fare in fretta. Molto in fretta. Non c’è tempo da perdere.

A Cantello

Ecco perché la sera prima, l’8 gennaio, è arrivata a Cantello, sempre insieme al marchese Emilio Pucci e ha preso una stanza all’albergo La Madonnina, un’ex stazione trasformata in hotel. Vuole fuggire in Svizzera. Serve solo il momento giusto per attraversare il confine. Meglio di notte. Almeno così gli ha detto don Angelo Griffanti che a Cantello ha un fratello, prete pure lui. Così Edda aspetta anche se ha una fretta tremenda. Aspetta il buio e intanto pensa a Galeazzo. Senza sapere che il suo tentativo non avrà successo. Perché Ciano, prima delfino, poi nemico giurato di Mussolini, verrà giustiziato pochi giorni dopo, l’11 gennaio a Verona.

La ribelle

Ma Edda, la primogenita del Duce, la figlia di cui il dittatore dirà «Sono riuscito a sottomettere l’Italia, ma non riuscirò mai a sottomettere mia figlia», Edda la ribelle, che il giorno delle nozze con Galeazzo, il 24 aprile 1930, indossa un abito bianco che le lascia scoperte le caviglie, Edda l’emancipata, che fuma e beve, che assomiglia in modo inquietante al padre, Edda ancora non lo sa. Non sa che sarà tutto inutile. Così come ignora che quel prete che l’ha aiutata a fuggire in Svizzera, don Angelo verrà arrestato e imprigionato dai tedeschi. E sei anni dopo morirà a seguito delle percosse e delle torture ricevute dai nazisti.

In una clinica psichiatrica

A Neggio la figlia del Duce, a cui quest’anno sono stati dedicati diversi libri (come Morire è poco - L’esilio di Edda Ciano), perché da quel 25 luglio del 1943 e dalla sua strenua battaglia per salvare la vita al marito, sono passati 80 anni esatti, passerà due anni. Poi otterrà asilo politico. A condizione di passare il tempo in una clinica psichiatrica nei pressi di Monthey. Dove non smetterà comunque di cercare di consegnare i diari di Ciano agli inglesi. Questa volta per salvare sé stessa e il suo passato fascistissimo. Visto che era stata lei, agli inizi del ‘40, a battersi per l’entrata in guerra dell’Italia. Sempre lei a palesare la sua grande ammirazione per Adolf Hitler.

Attraverso quei Diari Edda tenterà di auto-assolversi. Senza riuscirci. Perché quei sette quaderni non finiranno mai agli inglesi. E alla figlia del Duce non resterà a guerra finita di tornare in Italia, prima al confino a Lipari, poi, dopo l’amnistia promulgata da Palmiro Togliatti di abitare tra Capri e Roma. Fino alla morte che sopraggiungerà l’8 aprile 1995, a 84 anni.

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