Attualità

Furti compulsivi

Ruba mezzo milione al datore di lavoro: la storia di un contabile shopping-dipendente
© 2021 vetkit/Shutterstock
Davide Illarietti
09.10.2022 07:00

Sepolto in casa, come nella famosa docu-serie americana. Sommerso non dai rifiuti, ma da telefoni d’ultima generazione e relative custodie. Intatte. Gli iPhone, nascosti nella sua abitazione e recuperati dalla polizia, erano ancora impacchettati come appena usciti dal negozio, anche se erano stati acquistati magari anni prima e lì giacevano inutilizzati, tra la polvere, da tempo immemorabile. Idem per il resto: computer, macchine fotografiche, un casco da Formula 1 replica di quello del pilota Charles Leclerc. Una volta scoperto, non ha negato nulla. Colpa del «vizio», ha spiegato.

Il vizio degli acquisti

Non tanto il vizio di rubare. Anche, sì. Ma soprattutto di acquistare. Freneticamente e rabbiosamente, per lo più su Internet. Nell’epoca di Amazon e Zalando nessuno ne è del tutto immune: ma lui, insospettabile impiegato di un’azienda del Luganese, ci aveva preso un po’ la mano. Secondo il Ministero Pubblico, per soddisfare la smania di acquisti avrebbe derubato «sistematicamente» l’azienda per cui lavorava, attiva nel settore automobilistico, nell’arco di un decennio. Di professione contabile, italiano residente oltre confine, è finito sotto inchiesta per una serie lunghissima di malversazioni il cui principio esatto si perde tra le pieghe dei conti e della memoria.

Nemmeno l’interessato, reo confesso e collaborativo, è stato in grado di ricordare di preciso come e quando è iniziata. L’istruttoria si è conclusa il mese scorso. Ammanco totale: circa 600 mila franchi.

Spese folli

Soldi che il contabile non sottraeva direttamente dalle casse dell’azienda, ma che tramite false fatturazioni utilizzava per farsi recapitare merce di ogni tipo e soddisfare la sua dipendenza da shopping compulsivo. Tecnologia - tanta, troppa - e non solo. Appassionato di tuning, aveva acquistato diversi dispositivi per «truccare» e abbellire la propria auto. Ma l’impulso all’acquisto superava le sue possibilità di godimento, oltre che di spesa: buona parte del maltolto è andato quindi a stiparsi nella sua abitazione in provincia di Varese, inutilizzato. Un nuovo telefono ogni sei mesi, reflex di ogni marca e tipologia, biciclette elettriche di ultima generazione. La passione per l’optional e l’aggiornamento ora rischia di costare cara al 45.enne - difeso dall’avvocato David Simoni - ma è un problema anche per molte persone che non finiranno mai in carcere, si spera.

Fenomeno diffuso

Stando ai dati dell’Ufficio federale di sanità pubblica (UFSP) in Svizzera circa il 4,8 per cento dei consumatori ha comportamenti di acquisto problematico. Secondo l’ultima indagine Monam pubblicata nel 2020, il 3,8 per cento espleterebbe il «vizio» in negozi fisici, il 2,5 per cento online e l’1,8 per cento in entrambi. Su 1.012 intervistati, 49 hanno affermato che il proprio benessere era «compromesso» dal bisogno di fare acquisti. Non esistono dati a livello ticinese: il centro Ingrado sulle nuove dipendenze ha trattato finora pochi casi nonostante si tratti di «una problematica sicuramente molto più diffusa di quanto si pensi» spiega l’esperto Nicolas Bonvin. «I comportamenti di acquisto compulsivo sfociano spesso nell’indebitamento e può succedere che, come accade sovente anche per le dipendenze da gioco, chi ne soffre arrivi persino ad atti illeciti. Magari con l’intenzione di risarcire al più presto le vittime». Al contrario, in genere la storia finisce con il dissesto economico e la perdita del lavoro, se non peggio.

Così è successo anche al contabile del Varesotto. Scoperto dai colleghi che, nel corso di verifiche interne, hanno notato delle anomalie nei conti, è stato denunciato e licenziato. Ora è seguito da una psichiatra. Spetterà al Ministero Pubblico - l’indagine è stata coordinata dal procuratore Daniele Galliano - stabilire in che misura è «scusabile» e imputabile.