Ticino

Giustizia ancora malata, parola di Pierluigi Pasi

L'ex deputato UDC: «Da tempo Parlamento, Governo e lo stesso apparato giudiziario se ne sono andati in vacanza»
©Chiara Zocchetti
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
20.10.2024 06:00

Ha lasciato il Gran Consiglio lunedì. Perché la carica di deputato (dell’UDC) con quella (materializzatasi a fine settembre) di giudice supplente al Tribunale penale federale è incompatibile. E però, visto che Pierluigi Pasi, oltre che avvocato, è stato responsabile della sede di Lugano del Ministero pubblico della Confederazione, ma anche membro della commissione parlamentare Giustizia e diritti, qualcosa da dire sulla Giustizia, appunto, ce l’ha ancora. A iniziare dal suo stato di salute.

Qual è dunque lo stato di salute della giustizia ticinese, secondo lei?
«Da tempo soffre di qualche malanno e i medici erano in ferie, bisticciano anche su diagnosi e cura. È una metafora e non è esattamente così, ma temo che i ticinesi lo pensino perché alle discussioni degli ultimi anni finora non è seguito granché di concreto».

Ma chi sono i medici e perché sono in vacanza?
«Il Governo, il Parlamento e l’apparato giudiziario stesso. Il primo perché nell’ultimo decennio almeno non ha realizzato riforme significative, il secondo perché ci bisticcia senza riuscire a produrre vere novità talvolta spettacolarizzando gli inciampi e le deficienze del terzo, che dal canto suo in taluni settori oggettivamente fatica a soddisfare le aspettative dei ticinesi».

E però la Commissione giustizia del Parlamento, della quale lei ha fatto parte, si è attivata con un paio di iniziative, approvate proprio questa settimana dal Gran Consiglio.
«Lo ha dovuto fare in urgenza, non dopo una riflessione su un progetto globale e strutturato con una proposta di riforma complessiva della Giustizia, che appunto s’attende. Ma d’altronde questo sarebbe piuttosto un compito del Governo. Non condivido tutti i punti dell’iniziativa, ho aderito al primo rapporto commissionale perché occorreva dare un segnale. Un pezzo di riforma potrebbe effettivamente consistere nel ripensare dapprima il Consiglio della magistratura, che con la seconda iniziativa fatta sua mercoledì dal Parlamento per ora acquisirà solo qualche competenza in più».

Perché? Come andrebbe ripensato il Consiglio della Magistratura?
«Professionalizzandolo, perlomeno in una parte dei suoi componenti, penso in primo luogo alla presidenza cui deve essere affiancato personale amministrativo in misura adeguata. Disponendo di risorse potrebbe anche essere incaricato di elaborare un progetto di riforma complessiva della Giustizia».

In marzo, all’elezione di due procuratori pubblici, lei ha detto che per com’erano andate le cose i ticinesi si meritavano delle scuse dalla politica. Le hanno ricevute con quest’ultimo sprint della Commissione giustizia?
«Non direi, ma le iniziative prese dopo l’ultimo cambio di presidenza hanno perlomeno il merito di volere colmare lacune lamentate dal Consiglio della Magistratura stesso e di avere anche fatto ordine fra rapporti, iniziative e atti parlamentari con cui da anni si suggeriscono dei miglioramenti nel funzionamento della Giustizia con alcune novità di sostanza, obbligando il Dipartimento delle istituzioni ad accelerare i tempi. Credo che i ticinesi questo lo abbiano capito».

La Giustizia ha bisogno di un complessivo ammodernamento. Da tempo affronta grandi sfide per i mutamenti importanti nella società e nel diritto e si confronta con una tecnologia che avanza senza aspettare nessuno

Le iniziative approvate questa settimana dal Parlamento che chiedono una riforma del sistema sono dunque meglio di niente?
«Forse, ma spero che non ci si accontenti. La Giustizia ha bisogno di un complessivo ammodernamento. Da tempo affronta grandi sfide per i mutamenti importanti nella società e nel diritto e si confronta con una tecnologia che avanza senza aspettare nessuno. Dunque, non penso solo alla modalità della nomina di alcuni Magistrati, che potrebbe non costituire un problema se solo il Parlamento e i Partiti che vi siedono recuperassero la loro piena responsabilità».

Ma è così difficile trovare un’intesa fra i partiti? Quali caratteristiche deve avere un procuratore? È così difficile trovare persone adatte?
«No, per fare quel lavoro essenzialmente occorrono equilibrio, distacco e capacità di spogliarsi del proprio idealismo facendolo. Conoscere il diritto ovviamente aiuta. Seriamente, basterebbe concordare su queste caratteristiche per individuare, sulla base dei preavvisi previsti dalla legge, un ventaglio di candidature su cui di volta in volta convergere in aula parlamentare con un voto d’intesa. Del resto, questo vuole la Costituzione ticinese».

Che idea si sono fatti, secondo lei, sempre i ticinesi sul caos al Tribunale penale cantonale e sul cosiddetto caso Gobbi?
«L’idea che ci si fa per vicende come queste, quando un punto finale ancora non è stato messo, è forzatamente basata sulla rappresentazione dei media e sulle informazioni a disposizione, che ovviamente mai sono complete. Nel primo caso credo che i ticinesi oggi temano piuttosto che dissidi personali all’interno del Tribunale possano incidere e negativamente sull’amministrazione della giustizia penale. Nel secondo, per farsela definitivamente immagino che attenderanno le risposte del Governo agli atti parlamentari in sospeso e gli esiti dei procedimenti penali».

In questo articolo: