Commercio

Gli ambulanti «tartassati» si lamentano

Per gli affitti «esagerati» delle bancarelle – Locarno e Lugano li hanno aumentati – Il record però è ad Ascona e Mendrisio
©Gabriele Putzu
Davide Illarietti
09.03.2025 06:00

Alla fiera di Agno c’è una cosa che non è mai cambiata, negli ultimi cinque secoli. Gli ambulanti provenienti da tutto il Cantone - arrivati ieri, sbaraccheranno lunedì - sono accomunati dal buon umore iniziale, che aumenta o diminuisce in base agli incassi fino a San Martino, quando si chiudono i conti.

Il merito non è solo di San Provino - e della sua reliquia, una scheggia del cranio conservata nella chiesa parrocchiale - a cui gli ambulanti fanno voti e scongiuri per la stagione che inizia. L’ottimismo è anche dovuto ai prezzi: gli affitti delle bancarelle sono fermi da anni e restano tutto sommato economiche (70 franchi al giorno per un gazebo medio, 6 metri per tre, corrente inclusa) se si considera l’afflusso di clienti. «Qui si lavora sempre bene, magari i mercati ticinesi fossero tutti così» strizza l’occhio Roberto Barboni, artigiano del legno e presidente dell’associazione di categoria Ar-Ti. Di recente ha scritto una lettera a Comuni e associazioni responsabili dei mercati in Ticino, per sensibilizzarli su un problema che rischia di scaricarsi sui consumatori.

Il santo patrono dei commercianti (che non è San Provino ma San Francesco d’Assisi) negli ultimi anni non è riuscito a frenare l’inflazione. Se ne sono accorti non solo gli acquirenti - dopo due anni di rincari record, quest’anno ad Agno dovrebbero trovare un «ritocco» ai minimi del 2021 se valgono le tendenze registrate dall’USTAT - ma anche gli ambulanti stessi. Gli affitti delle postazioni sono aumentati in modo diffuso nei mercati pubblici ticinesi: in alcune località una bancarella può costare più di 55 franchi al giorno (cifra che raddoppia in occasione di eventi speciali) e sforare addirittura i 200 franchi nei mercati privati.

Dove costa di più

L’associazione Ar-Ti è in attesa di risposte alla sua lettera. Nel frattempo Barboni si dà da fare con i clienti interessati ai suoi utensili di legno. «Un ambulante deve cercare di vendere almeno dieci volte il prezzo della bancarella, se non vuole chiudere in perdita» spiega.

In altre località questa proporzione è ormai difficile da raggiungere, almeno con determinate categorie di merce. La Domenica ha messo a confronto le tariffe standard per una postazione di piccole dimensioni nelle principali «piazze» in Ticino. Per quanto riguarda i mercati settimanali, si va da un minimo di zero franchi a Mendrisio ai 55 di Ascona, dove i prezzi sono stati aumentati prima del Covid dalla società dei commercianti locale. Bellinzona è a metà strada (34 franchi al giorno, nel 2019 erano 25) ma nonostante il rincaro rimane la meta più ambita dagli ambulanti, per il grande afflusso di clienti da oltre Gottardo (arrivano addirittura con treni speciali).

Aumenti fino a cinque volte

Le note più dolenti arrivano in realtà da Locarno e Lugano, dove di recente i prezzi sono stati «ritoccati» innescando malumori e trattative ancora in corso (vedi articolo a fianco) tra commercianti e Comuni. Nel mercato del mercoledì in Piazza Grande - gestito fino all’anno scorso dall’Ente Turistico, ora dal Municipio - il costo base per una bancarella è aumentato da 30 a 50 franchi al giorno. Ma i prezzi e gli aumenti sono differenziati in base a dimensioni e tipologia della postazione - in genere si acquistano con abbonamenti annuali - e alcuni commercianti si sono visti preventivare un costo cinque volte superiore, rispetto all’anno scorso. «È evidentemente un problema e ci stiamo interfacciando con il Comune per trovare una soluzione» spiega Massimo Taffini dell’associazione MercaTi, che rappresenta una novantina di commercianti ambulanti. La sua bancarella di frutta secca e dolciumi non è tra le più toccate ma «ci sono colleghi che d’un tratto non possono più permettersi di partecipare a un appuntamento fisso e questo è un peccato» sottolinea. «I mercati pubblici sono anzitutto un servizio al territorio e qualcosa su cui i Comuni non dovrebbero fare cassetta».

Primo maggio salato

A Lugano la situazione è diversa ma anche qui c’è chi storce il naso. Il mercato settimanale (martedì, venerdì e sabato) è tra i più economici del Cantone: la postazione base è stabile a 16 franchi al giorno - si paga in base alla misura fronte-cliente, non ai metri quadri - e il problema principale è piuttosto la scarsità di clientela. Tra ambulanti e Comune è in corso «un dialogo costruttivo per rilanciare la piazza che ha tutte le possibilità di diventare attrattiva come quella di Bellinzona» auspica Taffini. Nel frattempo però i mercati «speciali» - quelli organizzati in occasione di eventi come LongLake, le sagre stagionali o i mercatini natalizi - sono molto più frequentati e costano di più: qui i rincari ci sono stati e non sono passati inosservati.

Per il prossimo mercato di primavera (il weekend del 1. maggio) l’affitto complessivo di un gazebo in riva al Ceresio è più che raddoppiato, da 50 a 108 franchi al giorno. Non siamo ai livelli dei mercati sui passi alpini, come quello organizzato dall’associazione grigionese Alpina Vera (anche sul Gottardo) che chiede 120 franchi al giorno a bancarella. Nel mercato dell’antiquariato di Mendrisio - quattro volte l’anno - il costo sale addirittura a 200 franchi al giorno. La differenza è a riscuotere in questi casi, come anche al mercato artigianale di Maggia (50 franchi a bancarella, aumentato di 10 franchi) non sono enti pubblici ma associazioni private, ancorché no profit.

«Lo spirito dovrebbe essere diverso» lamenta Luisa Gysel, 79 anni, di Locarno. Per dieci anni ha portato al mercato di Piazza Grande i suoi merletti fatti in casa - «il pizzo al tombolo è una tradizione svizzera, diverso dal pizzo di Cantù» - senza vendere quasi niente. «Tanti complimenti e pochi soldi, ma va bene così. La mia speranza era più che altro attirare persone interessate a portare avanti quest’arte». Con l’aumento dell’affitto ha deciso di smettere - «va bene rimetterci, ma c’è un limite» - e dedicarsi alle fiere storiche come San Provino.

Il bilancio è amaro anche per chi il mercato lo fa per professione, e non per beneficenza. Mattia Bernasconi, 59 anni, gestisce un banco di panettiere di grandi dimensioni e «a fronte di prezzi che lievitano da tutte le parti» sta riflettendo sul da farsi. Secondo i suoi calcoli, per rientrare dei costi maggiorati dovrebbe aumentare del 20 per cento il costo della pagnotta, nei mercati più cari. «Dispiace perché alla fine così a rimetterci sono sempre i consumatori, che non hanno nessuna colpa. E mi chiedo se in questo modo continueranno a servirsi da me» ragiona a voce alta. Un dubbio legittimo, che probabilmente anche i Comuni interessatisi sono posti o si stanno ponendo. Non resta che votarsi ancora a San Provino, e sperare che valga ancora la candela.

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