L'intervista

Gobbi non si ferma a quota 100: «Ma attenzione alla prossimità»

Il consigliere di Stato riflette sulle aggregazioni passate e future, e sui rischi per la coesione sociale
©Gabriele Putzu
Andrea Stern
Andrea Stern
13.04.2025 06:00

«Occorre rimettere al centro il cittadino e non le istituzioni», afferma Norman Gobbi. Il direttore del Dipartimento delle Istituzioni è chiaramente soddisfatto dell'avanzamento dei processi di aggregazione tra i Comuni ticinesi, appena giunti a quota 100. Ma è anche consapevole della necessità di considerare sempre e comunque i bisogni della cittadinanza. «Il dialogo è a prima vista dispendioso, ma è l’unica via possibile», sostiene.

Consigliere Gobbi, il Ticino a 100 comuni può essere considerato un suo successo?
«Il successo della politica aggregativa promossa dal Canton Ticino è la risultante del lavoro svolto da più consiglieri di Stato, funzionari dell’amministrazione cantonale, politici e amministratori locali che si sono succeduti negli ultimi trent’anni. Convinto fusionista della prima ora, da quando sono alla testa del Dipartimento delle istituzioni mi impegno a favore delle aggregazioni, sia per i comuni che sono in uno stato di necessità che per quelli per i quali le aggregazioni costituiscono un’opportunità di sviluppo del proprio benessere residenziale. Una convinzione, la mia, che mi ha sempre portato a rispettare le autonomie locali e, conseguentemente, a sostenere le iniziative promosse dai comuni medesimi».

Quali sono i vantaggi di questa riduzione?
«Storicamente le prime aggregazioni hanno permesso ai comuni più piccoli e deboli di recuperare la necessaria capacità di funzionamento, sia sul piano finanziario che su quello amministrativo o democratico. Molti di essi faticavano a trovare persone disposte ad assumere una carica pubblica. Col passare del tempo queste aggregazioni, che possiamo definire di necessità, hanno lasciato il posto ad aggregazioni di opportunità, la cui caratteristica principale è quella di permettere al nuovo comune di di contribuire con più determinazione al benessere delle persone e delle aziende presenti sul proprio territorio»

E quali sono gli svantaggi?
«I trent'anni trascorsi e gli svariati progetti portati a termine con successo hanno evidenziato che le aggregazioni hanno contribuito ad allontanare il cittadino dalle istituzioni. In questo senso i comuni aggregati devono impegnarsi maggiormente a favore di una politica capace di rafforzare la coesione sociale e promuovere un’identità locale».

Dire che finora sono state fatte solo aggregazioni facili o inevitabili non è corretto
Norman Gobbi

Finora sono state fatte le aggregazioni «facili» e quelle «inevitabili». Ora restano le «difficili».
«Dire che finora sono state fatte solo aggregazioni facili o inevitabili non è corretto. Basti pensare a Lugano o Bellinzona per rendersi conto delle difficoltà incontrate per dare vita a questi nuovi comuni. Certo è che quando l’aggregazione è di necessità la popolazione è più propensa a sostenerla, mentre quando si affrontano aggregazioni di opportunità occorre avere gli argomenti giusti per convincerli a votare favorevolmente. Fatta questa precisazione, per quanto ci siano ancora alcuni comuni in una situazione di necessità, il futuro è fatto principalmente di aggregazioni di opportunità, e quindi più difficili da realizzare».

Pensa che l’onda aggregativa si stia esaurendo o si sia già esaurita?
«No, malgrado le difficoltà appena menzionate rimango convinto che le aggregazioni saranno un tema anche nei prossimi anni. Penso in modo particolare al Locarnese e al Basso Mendrisiotto, che a mio giudizio avrebbero vantaggio ad unire le proprie forze, anche solo per recuperare quel peso specifico che nel corso degli anni hanno progressivamente perso a vantaggio delle altre regioni del Cantone, che si sono trasformate sul piano istituzionale proprio grazie alle aggregazioni».

Di recente sono emersi casi di insoddisfazione nei quartieri aggregati (p.es. Sessa e Carona). Non crede che se questi quartieri fossero ancora autonomi potrebbero difendere meglio le loro esigenze?
«Per rispondere a questa domanda occorre sottolineare che a seguito delle aggregazioni i cittadini e le aziende di molti quartieri traggono vantaggio dalla possibilità di usufruire di servizi pubblici qualitativamente migliori rispetto a prima. Tuttavia, come sottolineavo in precedenza, le aggregazioni hanno portato all’allontanamento del cittadino dalle istituzioni. Una delle sfide che gli organi politici dei comuni aggregati devono accettare di affrontare con maggiore consapevolezza e determinazione consiste nel dialogo con la cittadinanza. Un dialogo che deve essere ricercato non tanto o solo per promuovere le proprie soluzioni, ma per riconoscere le differenze che possono sussistere da un quartiere all’altro e cercare insieme il modo per soddisfare i loro bisogni particolari. Si tratta di preservare quella prossimità al cittadino che nel nostro sistema federale costituisce la caratteristica principale del Comune. Un impegno a prima vista dispendioso, ma che costituisce l'unica via per ridurre il rischio di ricorsi o referendum che politicamente possono avverarsi assai più costosi».

Per quanto ognuno di noi tenda a dimenticare velocemente i vantaggi che ha potuto acquisire in quanto cittadino di un Comune aggregato, è lecito affermare che quasi tutti i neo quartieri hanno visto migliorare la propria situazione
Norman Gobbi

In generale, le commissioni di quartiere stanno giocando un ruolo o sono un esercizio alibi?
«Ogni Comune aggregato ha interpretato le commissioni di quartiere a modo proprio. Esse sono spesso viste più come un fattore di disturbo che come un’opportunità. Le commissioni di quartiere devono diventare proprio quello strumento attraverso il quale gli organi politici del Comune, nel rispetto delle proprie competenze, entrano in contatto con la cittadinanza, le loro difficoltà, i loro bisogni e le loro aspettative. Inoltre, esse possono essere lo strumento ideale per promuovere la coesione sociale e il sentimento di appartenenza al Comune, che sono alla base dell’impegno civico».

Potrebbe citare degli esempi di quartieri che stanno meglio rispetto a quando erano Comuni?
«Per quanto ognuno di noi tenda a dimenticare velocemente i vantaggi che ha potuto acquisire in quanto cittadino di un Comune aggregato, è lecito affermare che quasi tutti i neo quartieri hanno visto migliorare la propria situazione. Lo dico nella consapevolezza che ve ne sono alcuni per i quali la mancanza di attenzione da parte della classe politica, propensa a perseguire obiettivi generali o fiscali, può aver comportato la disattesa delle loro aspettative».

Secondo lei la presenza a Lugano di enclavi (o quasi enclavi) come Paradiso o Massagno rafforza o indebolisce la Città e, più in esteso, il Luganese?
«Dal punto di vista funzionale, la presenza di un’enclave, come Paradiso o Massagno per Lugano o Mezzovico-Vira per Monteceneri, costituisce un’opportunità mancata nella misura in cui non facilita e talvolta non permette di risolvere i problemi o la realizzazione delle opportunità offerte dal comprensorio. Queste difficoltà, tuttavia, per quanto in maniera più impegnativa rispetto alle realtà nelle quali vi è un solo Comune, possono essere superate se vi è una fiducia reciproca e la volontà di cooperare piuttosto che di competere».

Occorre rimettere il cittadino e non le istituzioni al centro
Norman Gobbi

È ipotizzabile, come già successo nel lontano passato, che un comune aggregato si disaggreghi?
«Sì, legalmente è possibile, ma la vera questione è sapere se questo è opportuno. Fatte alcune eccezioni, dove le aggregazioni si sono forse spinte oltre un limite funzionale, generalmente i problemi riscontrati possono essere risolti. Perché ciò avvenga, tuttavia, occorre quel cambiamento di cultura politica cui facevo riferimento in precedenza. Occorre rimettere il cittadino e non le istituzioni al centro. Occorre recuperare quella sensibilità democratica che porta la classe politica a dialogare con la cittadinanza, anche solo per spiegare perché alcune delle loro aspettative non possono essere soddisfatte. Fatta questa premessa, rimango convinto che le aggregazioni portano con sé più vantaggi che svantaggi».

Secondo lei, intorno a quale cifra si assesterà il numero di Comuni in Ticino?
«Spiacente, ma questa mattina mi si è rotto l'oracolo, per cui non sono in grado di rispondere in maniera assoluta a questa domanda. Posso solo sperare che qualsiasi sia il numero definitivo dei comuni ticinesi, questi siano sempre in grado di assicurare il giusto equilibrio tra vicinanza alla cittadinanza, efficienza amministrativa e sostenibilità economica».

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