L'inchiesta

I brasiliani-fantasma di Chiasso

Nella città di confine una piccola società avrebbe procurato il passaporto (italiano) a ben 19 mila migranti – Il Comune non ne sa niente
©Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
20.10.2024 06:00

«Brasiliani? Qualcuno ne arriva, a volte». Davanti al bar della stazione di Chiasso il via vai è continuo, ma gli habitué sono sempre i soliti quattro-cinque. Le comitive in transito non passano inosservate specie se numerose. «Dipende - s’informa un fumatore sull’uscio - di quanti brasiliani parliamo?».

Diciannovemila in teoria.

Nessuno se ne è accorto ma negli ultimi anni dalla città di confine è passato - se non fisicamente, almeno sulla carta - un vero e proprio esodo di migranti carioca in cerca di un futuro migliore, o semplicemente delle proprie radici. Donne, uomini, giovani e non, provenienti soprattutto dal sud del Brasile ma spesso con nomi italiani e conoscenze di base (non sempre) della lingua di Dante: forse anche per questo hanno dato meno «nell’occhio».

Dal Brasile a Chiasso

Il fenomeno della re-immigrazione dall’America Latina ha raggiunto numeri significativi negli ultimi vent’anni in Italia: di recente, ha generato anche non poche inchieste giudiziarie. I cittadini brasiliani, in particolare, secondo la stampa italiana si rivolgerebbero spesso a «intermediari» più o meno seri, pagando anche somme ingenti per dimostrare di avere antenati italiani e accedere quindi al passaporto europeo. A volte, è stato accertato, anche falsificando le carte.

Quello che non era noto è che una parte del flusso (piccola, relativamente) negli ultimi anni è passata (virtualmente) anche dal Ticino prima di approdare nel Belpaese. Per l’esattezza, da un ufficietto su corso San Gottardo a Chiasso a pochi passi - non più di cinquecento metri - dal confine italiano.

La scala che conduce al primo piano è insolitamente stretta. Sul campanello c’è una targhetta, con il nome della «Sagl». L’ingresso è angusto eppure è da qui che sarebbero entrati nell’Unione europea 19.749 nuovi cittadini comunitari per la precisione, con altrettanti passaporti. Almeno questo è il numero pubblicizzato sul web dalla società e sui social dalla fondatrice, un’avvocatessa italo-brasiliana residente nel Sottoceneri: non è detto che sia accurato. Ma merita comunque una verifica.

Niente pubblicità

«Non si può entrare senza appuntamento». Nell’ufficio alla mattina presto ci sono solo due collaboratrici, i titolari «arrivano dopo» e sono gli unici a poter dare informazioni. Al telefono sono diffidenti - «non vogliamo essere citati per nome» - e dopo un’iniziale disponibilità a un’intervista si chiudono a riccio.

La diffidenza è comprensibile. Di recente gli intermediari che si occupano di facilitare le naturalizzazioni in Italia - non quelli di Chiasso - sono stati oggetto di procedimenti giudiziari, anche nel Comasco. A luglio scorso una donna brasiliana con casa nel Mendrisiotto è finita in carcere a Como: è accusata di avere organizzato la «trasferta» in Italia di 171 connazionali, con residenze di comodo e finte dichiarazioni di ospitalità, per procurare loro la cittadinanza.

Briciole, rispetto ai numeri della «Sagl» di Chiasso. Le cifre sono da prendere con le pinze ma sembrano riflettere una crescita esponenziale: su Facebook la società chiassese (creata nel 2018) pubblicizzava già 2.500 «riconoscimenti di cittadinanza» nel 2022. Nell’autunno dello stesso anno il numero di «passaporti italiani emessi» dall’agenzia, indicato dalla stessa sul suo sito web, era aumentato a 4.381 in totale. Nell’ottobre di quest’anno la cifra è stata aggiornata a 19.749. Oltre 15 mila passaporti «chiassesi» generati in soli due anni, se bisogna credere alle affermazioni dell’azienda. La società vanta anche 1.876 presunti «casi impossibili risolti», di cui 1.157 negli ultimi due anni.

Cosa s’intenda con «casi impossibili» andrebbe chiesto ai titolari. Ma questi ultimi, se in rete non risparmiano informazioni ai potenziali clienti (tutte in portoghese), con l’informazione in Ticino sono molto meno generosi. Per «motivi di forza maggiore e rispetto della privacy dei nostri clienti» declinano le domande della Domenica con una mail, che si conclude con l’invito a «leggere la Costituzione italiana».

Cosa dice la legge

In effetti, la Costituzione italiana prevede la trasmissione della cittadinanza per «ius sanguinis», il diritto «di sangue» ossia di discendenza. Si stima che nel solo Brasile - destinatario di una forte immigrazione italiana negli ultimi due secoli - gli aventi diritto siano centinaia di migliaia. Il business vale milioni e fa gola a intermediari. Tra il 2014 e il 2019 circa 40 mila richieste di naturalizzazione presentate presso una quindicina di Comuni, dall’Abruzzo al Piemonte, sono finite sotto la lente della magistratura italiana. Gli intermediari chiedono fino a 7 mila euro a persona (quella arrestata a Como 3.500) ma per chi paga sono soldi ben spesi.

Il tariffario della società di Chiasso non è noto. Lo sono invece i vantaggi di cui può beneficiare la clientela. Il passaporto italiano è tra i più«forti» al mondo - dà accesso a 192 Paesi, due in più di quello svizzero - e chi lo acquisisce non per forza è intenzionato a trasferirsi nella vicina Penisola. Proprio la «strumentalità» delle pratiche di naturalizzazione - molti richiedenti non avrebbero mai messo piede in Italia - hanno allarmato le Procure italiane. Migliaia di « italodiscendenti-fantasma», si è scoperto, risultavano residenti in paesini di poche anime (in Veneto in particolare) e addirittura centinaia in un singolo appartamento. Secondo gli inquirenti le residenze fittizie servivano ad accelerare le pratiche e a consentire ai neo-naturalizzati un accesso «facilitato» ai Paesi UE ma anche allo spazio Schengen (Svizzera compresa) e agli Stati Uniti.

«Ma sarà legale?»

Di tutto questo a Chiasso nessuno sembra essersi accorto. All’ufficio Controllo abitanti del Comune non risultano «movimenti sospetti» di cittadini stranieri: i brasiliani residenti nella città di confine sono 27 in tutto, e sono «registrati regolarmente presso il nostro sportello, alcuni anche da molti anni». Per legge - precisa il funzionario - non è possibile domiciliare delle persone presso una società.

Dove sono finiti dunque i 19 mila presunti naturalizzati? Le pratiche di per sé non necessiterebbero di un passaggio burocratico in Ticino. Per quanto rappresentino una mole di lavoro considerevole - per quanto svolto in una quindicina d’anni di attività, sempre secondo il sito internet della società - l’assistenza che viene offerta a Chiasso sembra gestibile da remoto: dalle «analisi dell’albero genealogico» dei candidati al patrocinio legale presso i tribunali italiani, dove avviene il riconoscimento dello «ius sanguinis».

Resta il mistero su come tante pratiche possano essere state sbrigate (in maniera legale fino a prova contraria: non risultano procedimenti penali aperti) nel piccolo ufficio in corso San Gottardo. Fino a poco tempo fa, sempre stando a quanto mostrato dall’azienda, vi lavoravano quattro persone compresi i due titolari. Al Comune la «Sagl» risulta effettivamente ancora operativa, ma con un nome diverso rispetto a quello a Registro di commercio. «Sappiamo che ci sono ma non esattamente di cosa si occupano», spiegano dall’Ufficio delle contribuzioni. La «consulenza amministrativa e giuridica nell’ambito del rilascio di permessi» figura del resto nello scopo sociale, osservano i funzionari. «Speriamo che sia tutto in regola».

In questo articolo: