La storia

I fratelli Gottardi sfidano il tempo: «Ma senza mai guardare l'orologio»

Nella storica officina in via Peri a Lugano, una vita trascorsa a rimettere in moto le lancette
©Gabriele Putzu
Prisca Dindo
04.02.2024 16:45

Quando si apre la porta del loro laboratorio in via Peri a Lugano, ci si ritrova in un’altra dimensione. Qui il tempo è scandito unicamente dai tic tac degli orologi e delle pendole che osservano impettite gli avventori dalle pareti delle due stanzette. Alcuni sono in attesa di passare sotto i ferri dei due titolari del laboratorio, Giovanni e Gabriele Gottardi, perché sono guasti. Altri sono già tornati a nuova vita grazie agli interventi eseguiti con gran maestria dai due fratelli. Per loro, aggiustare orologi è una passione che viene da lontano. «Io ho iniziato a quindici anni» racconta Gabriele «detto Gabri» alzando per un attimo lo sguardo dal tavolo da orologiaio. Lui di anni ne ha 84. «È un giovane apprendista» lo prende in giro Giovanni forte dei suoi «soli» 72 anni. Il loro sodalizio è iniziato il 2 agosto del 1972 e da allora i due fratelli non si sono più separati. Oggi lavorano soltanto tre giorni la settimana ma fino a pochi anni fa il loro laboratorio era aperto tutti i giorni. «Abbiamo sempre lavorato a testa bassa senza mai guardare l’orologio» dice Gabri, il quale iniziò il suo apprendistato a 15 anni presso un orologiaio che aveva un negozio in via Soave a Lugano.

Nelle famiglie ticinesi c’era un orologio solo

Quelli erano gli anni ‘50, l’epoca della grande rinascita dopo la seconda Guerra Mondiale. «In quel periodo quasi tutte le famiglie possedevano un orologio; era una vera ricchezza; perciò quando si fermavano le lancette era un dramma per tutti. Noi li dovevamo aggiustare in tempi record, altrimenti subivamo le furie dei proprietari» ricorda Gabriele. «Oggi è cambiato tutto - gli fa eco Giovanni - i clienti ci lasciano qui la merce da riparare anche per un mese, «Tanto a casa ho tre orologi» ci dicono. L’orologio è diventato un bene comune e spesso quando non funziona più lo si butta via».

Dalla cipolla della nonna al pezzo prezioso

Malgrado le regole spietate del consumismo, il lavoro per i due fratelli non manca. Ricevono pendole, cipolle, cronometri per la navigazione. Inoltre gli orologi da polso d’antan sono diventati oggetti da collezione, anche per i giovani. Tuttavia Giovanni e Gabriele riparano tutto: anche gli oggetti dal valore puramente affettivo. «Noi non diciamo di no a nessuno perché sappiamo bene cosa significa rimettere in moto le lancette di una vecchia pendola oppure di una cipolla appartenuti a una persona cara».

Dietro ad ogni campanile c’è una storia

I fratelli Gottardi sono richiesti anche per riparare quei pochi orologi meccanici da campanili rimasti. In questi casi Giovanni e Gabriele lasciano il loro laboratorio e si recano sul posto per smontare e rimontare tutto il meccanismo. «Siamo stati chiamati anche in Piemonte» dice Gabriele, il quale ci confida di aver scoperto che dietro ad ogni orologio da campanile c’è una storia. «Prendiamo quello di Vezio, da noi aggiustato alcuni anni fa: ci hanno raccontato che quello era l’orologio del vecchio Municipio di Bellinzona, smontato a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. Per anni rimase accatastato chissà dove. Poi un giorno un abitante di Vezio che lavorava alle Officine FFS comprò un biglietto della lotteria e vinse: in palio c’era proprio l’orologio del Municipio della Capitale. Lui lo prese e lo portò a Vezio con l’intenzione di posarlo sul campanile, che però risultò troppo basso. Il vincitore della lotteria fece alzare la torre campanaria e finalmente l’orologio trovò una degna collocazione; oggi continua a funzionare alla perfezione».

Orologiai riparatori in via di estinzione

Poi ci sono gli orologi preziosi e Gabriele ne ha aggiustati parecchi. «Lavorando per diverse case d’aste della Svizzera ho rimesso in funzione diversi orologi poi battuti all’asta per diverse centinaia di migliaia di franchi» spiega. Proprio in questi giorni i due fratelli Gottardi hanno ricevuto una telefonata urgente da parte di una casa d’aste di Zurigo. «Pensi che hanno dovuto bussare alla nostra porta perché in tutta Zurigo non sono riusciti a trovare neppure mezzo orologiaio in grado di aggiustare un oggetto di valore che volevano mettere in vendita». Il lavoro c’è, ma non gli orologiai riparatori: la loro è una professione in via di estinzione, anche in Ticino. «Conoscevamo un ragazzo che voleva imparare il nostro mestiere a tutti i costi ma purtroppo ha gettato la spugna perché non é riuscito a trovare un datore di lavoro per la sua formazione. In Ticino siamo ormai in pochissimi e noi non potevamo formarlo perché lavoravamo già allora soltanto tre giorni la settimana».

«Importante il contatto umano»

Ma alla vostra età, perché non smettere di lavorare? Domandiamo noi. Ci risponde Gabriele, il più anziano. «Perché l’orologio è tutto per noi. È un oggetto meraviglioso, che non si ferma mai. Io a casa ho diverse pendole del ‘700 che continuano a scandire il tempo con il loro preciso tic tac. E poi c’è il contatto umano, che è molto importante. A me piace stare in laboratorio e accogliere la gente, a differenza di alcuni miei amici che con il passare del tempo si sono isolati. E quando mi chiedono «Ma te se a mò chì?? Io rispondo si sono qui, questa è la mia vita».

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