Reportage

I frontalieri del Merlot: «La paga? Una bottiglia non basta»

Studenti, precari e pensionati: chi sono i raccoglitori (in gran parte italiani) che vendemmiano nelle vigne ticinesi?
Castel San Pietro, 25 settembre 2024 - vendemmia al vigneto Cadenazzi - persona intervistata da Illarietti - uva - cassette © CdT/ Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
29.09.2024 06:00

I grappoli si staccano come niente: tac. La forbicina fornita alla Domenica dalle mani callose del signor Carlo Cadenazzi - un omone gioviale dalla barba bianca - sarà anche uno strumento superato ma taglia e «fattura» che è un piacere. Centinaia di acini si accumulano nella cassetta gialla come da istruzioni - «dev’essere bella piena» - e valgono altrettanto denaro almeno virtualmente, cioè lo varrebbero se non fosse solo una prova. «Non devo fare un contratto, giusto? È lavoro volontario» si è assicurato Cadenazzi mandando una voce - vocione - dall’altro capo del filare prima d’iniziare.

Il lavoro non è volontario per gli altri raccoglitori occupati alla vendemmia sulle ricche colline di Castel San Pietro, frazione Corteglia. È pagato e anche bene - 17 franchi lordi l’ora - all’azienda Cadenazzi. Altrove si applica il minimo del contratto agricolo - 15.20 franchi l’ora - o anche meno e non sempre le modalità di lavoro sono altrettanto tradizionali. «Ho lavorato in posti dove abbondano con i pesticidi» racconta un giovane con i rasta chino su un’altra cassetta gialla, che armeggia con un identico paio di forbici. «La sera per pulire le mani dovevo lavarle quattro volte». L’uva è bassa e le gambe piegate - per chi è fuori allenamento - s’indolenziscono in fretta. «Non ti dico la schiena, la sera» sorride il giovane collega. Non sembra che la cosa gli dispiaccia più di tanto.

Reclutati via Whatsapp

Tra i filari carichi di chicchi bluastri c’è un’aria allegra e le facce sono sorridenti. Sarà il salario o l’uva spiluccata - qualcuno l’assaggia spesso, «non è troppo trattata» - fatto sta che a differenza di altri settori non sembrano esserci troppe difficoltà a reperire personale. «È un lavoro piacevole e rispetto all’Italia il trattamento è più che buono» spiega Serena, 23 anni, iscritta a una scuola serale di doppiaggio televisivo a Varese e arrivata nel Mendrisiotto per passaparola. È astemia e l’uva non le piace tanto «neanche da mangiare» ma è contenta comunque.

Un momento della raccolta a Corteglia (Cdt - Zocchetti)
Un momento della raccolta a Corteglia (Cdt - Zocchetti)

Negli undici ettari dell’azienda Cadenazzi lavorano una ventina di «avventizi» come vengono chiamati in gergo - né dipendenti, né stagionali - e il reclutamento funziona tramite Whatsapp. In pratica, spiega Serena, c’è un grande gruppo a cui è iscritto «un certo numero di persone» che negli anni hanno prestato servizio tra le vigne del signor Carlo. Il figlio Davide Cadenazzi, che tra l’altro è presidente dell’associazione di categoria Federviti, scrive nel gruppo il giorno prima indicando gli orari e il numero di persone di cui ha bisogno: chi prima risponde meglio alloggia. «Quest’anno dobbiamo correre dietro al tempo e siamo un po’ sotto pressione» avverte Cadenazzi figlio mentre carica le cassette sul rimorchio di un pick-up. «Quello che raccogliamo oggi deve arrivare in cantina già in serata e finché il tempo regge bisogna darci dentro».

La «festa» della vendemmia

Sono le quattro del pomeriggio e le nuvole grigie sopra il Mendrisiotto minacciano pioggia. Cadenazzi non perde tempo. Dagli «avventizi» pretende («nella vigna sono una iena ma fuori no») proprio perché li paga: «Non è più come una volta che potevamo affidarci ai volontari. Adesso se non pago l’uva può marcire sulla vigna». L’immagine della vendemmia come festa campestre è ancora viva in realtà più piccole - e in una certa goliardia che sfocia in grandi bevute, a fine raccolta - ma per i produttori medio-grandi del Mendrisiotto è più che altro un ricordo.

Al lavoro nelle vigne di Castel San Pietro (Cdt- Zocchetti)
Al lavoro nelle vigne di Castel San Pietro (Cdt- Zocchetti)

Il settore è cresciuto molto in Ticino negli ultimi decenni, sia in termini di fatturato che di professionalità (vedi articolo a fianco). Nelle grandi tenute del Sottoceneri spiccano insegne di plastica in stile Hollywood (o Alassio, per stare più vicini) e lavorano la maggior parte dei 690 addetti vitivinicoli registrati dal Cantone (dato 2022). La quota proveniente da oltre confine è elevata. «Ricorrere alla manodopera italiana è praticamente obbligatorio» conferma Piercarlo Saglini, presidente della Cantina Sociale di Mendrisio. Alla tenuta Montalbano di Stabio lavorano in questi giorni una settantina di raccoglitori e una buona metà vengono da oltre confine. «In gran parte sono persone che lavorano da noi da diversi anni, sono degli appassionati» assicura Saglini, che quest’anno ha dovuto dire di no a diversi candidati per esaurimento posti. «È chiaro che i frontalieri vengono per la paga - conclude - per questo dobbiamo proporre compensi attrattivi».

Pagati a bottiglie

Ciò non significa che i volontari del Merlot si siano estinti. Le offerte sul web non mancano e rispondendo ad esempio a un annuncio pubblicato su «Agricoltore ticinese» - cercansi vendemmiatori - si scopre che Roberto Frasa di Giornico ripaga i suoi aiutanti con «una bottiglia di vino al giorno e una bella cena a fine vendemmia». La gente è accorsa: «Molti giovani nei weekend, amici e anziani in settimana» spiega il 62.enne in pre-pensionamento. «Spesso sono gli stessi proprietari dei terreni, che per l’età non riescono più a vendemmiare da soli ma vogliono ancora dare una mano». Alla fine della raccolta Frasa farà i conti - «ma so già che è stata un’annata orribile» - e a ciascun volontario assegna un litro per giornata lavorata.

All’estremo opposto ci sono le aziende strutturate che coprono tutta la filiera, dalla raccolta alla vendita. Claudio Tamborini risponde al telefono tra una riunione con l’enologo e una chiamata al management («da alcuni anni non seguo più la raccolta di persona, devo informarmi») e assicura che nei suoi 27 ettari di vigne lavorano ormai soprattutto dipendenti fissi. La ditta di famiglia, alla terza generazione, è tra le più grandi in Ticino e dà lavoro a 28 collaboratori fissi. «Sono loro a occuparsi della raccolta coadiuvati di vigna in vigna da avventizi locali» spiega Tamborini. «Spesso questi ultimi sono clienti e appassionati, alcuni ci contattano anche dalla Svizzera interna ma poi difficilmente riescono a venire».

Largo ai giovani

Anna fa la contabile in una fiduciaria, è a un passo dalla pensione e al suo secondo anno da «bracciante». È l’unica ticinese nelle vigne di Corteglia, oltre ai nipoti del signor Cadenazzi - Matteo detto «Lupetto» e Carlo detto «Carletto» - che sono venuti ad aiutare ma non guadagnano «un franco» e devono correre più degli altri. «Anche io non lo faccio certo per i soldi» garantisce Anna che lavora ingioiellata e impeccabile come fosse in ufficio. «Mi piace stare all’aria aperta, i miei avevano un ronco nel Luganese e in gioventù ho fatto più volte la vendemmia». A due cassette da lei è chino Leonardo, 19.enne del Comasco in fase d’incertezza esistenziale: ha un diploma da metalmeccanico e da un anno cerca lavoro senza successo. «Vorrei lavorare in Ticino» dice serio. «Gli stipendi sono doppi o tripli ma le fabbriche vogliono solo giovani con esperienza».

In mancanza di altro la vendemmia è meglio di niente, specie dove anche i grappoli sono pagati il doppio - o il triplo. «In Valtellina i vendemmiatori prendono 6-8 euro l’ora, io mi sono rifiutata» dice Anna, 27.enne di Cermenate che ha raccolto anche castagne in Emilia (7 euro l’ora), olive in Liguria (10 euro) e asparagi in Francia (12 euro). A Corteglia invece con il ricavato di una stagione può pagarsi il viaggio in Cina che sogna da tempo. «Non penso di farlo per tutta la vita» dice ricordando che ha una laurea in scienze dell’educazione, lasciata nel cassetto. «Prima o poi la dovrò usare».

Ma la vigna in fondo è un luogo di passaggio: una fase di transizione come la intende Mauro, 54 anni, grafico pubblicitario di Venegono (Varese) che ha iniziato a vendemmiare «per compensare gli alti e bassi del mestiere, nei momenti morti» ma poi ci ha provato gusto. «È un modo per staccare dalla monotonia dell’ufficio». Ci si potrebbe fare un pensierino, magari un’altra volta però: quando il tempo sarà meno minaccioso. Dalle nuvole grigie addensatesi sopra Castel San Pietro iniziano a cadere le prime gocce. I vendemmiatori si affrettano sotto i bassi filari per lo sprint finale. Meglio riporre la cassetta gialla, e lasciarli lavorare.

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