I politici che scivolano sul domicilio

Nemo propheta in patria sua. Ne sapeva qualcosa Stefano Franscini. Oggi lo veneriamo come «padre della pubblica educazione» (in Ticino) e «padre della statistica» (in Svizzera). Ma nel 1854, al sesto anno della sua presenza in Consiglio federale, fu umiliato proprio dal suo amato Ticino.
Vittima di un’alleanza tra conservatori e radicali dissidenti» (Marco Marcacci, Dizionario storico svizzero), non fu infatti eletto in Consiglio nazionale, il che all’epoca era considerato necessario per poter essere (ri)eletti in CF. È ben risapauto che il Franscini fu salvato dagli elettori sciaffusani. Sebbene le fonti che ho potuto consultare non precisino se fu obbligato a spostare velocemente il domicilio a Sciaffusa, è plausibile che lo abbia fatto ma in ogni caso è sicuro che mai visse per davvero in quel cantone.
La questione del domicilio dei candidati al CF fu spesso oggetto di dibattito, soprattutto durante il periodo dal 1848 al 1999 quando una clausola costituzionale stipulava che «da un Cantone non si può scegliere più di un membro [del CF]». Ma come sapere se un candidato viene da questo o quell’altro cantone? Fino agli anni 1980 non si considerava il domicilio politico bensì il comune di «attinenza». Così nel 1973 fu possibile eleggere Georges-André Chevallaz, sindaco di Losanna, nonostante in CF ci fosse già Pierre Graber, anche lui vodese e già sindaco di Losanna. Graber, però, era attinente di La Chaux-de-Fonds e, quindi, veniva considerato neocastellano. Questa situazione portò a una modifica legislativa: fu stabilito che ciò che contava era il comune di domicilio e non quello di attinenza.
Nel 1993, la questione riemerse con la candidatura di Ruth Dreifuss. Originaria di Endingen (Argovia) e domiciliata a Berna, con la regola dell’attinenza avrebbe potuto candidarsi senza problemi perché in quel momento il CF era privo di argoviesi. Ma essendoci già un bernese, Adolf Oggi, Dreifuss dovette trasferire in fretta e furia il suo domicilio a Ginevra e quindi poté essere eletta. Se il Tribunale federale avesse avuto la competenza (ma la Costituzione non glielo permette) di esaminare la «reale» situazione abitativa di Ruth Dreifuss, come ha fatto con lo sciaffusano Simon Stocker, avrebbe sicuramente concluso che il suo «centro d’interessi» si trovava a Berna, e non a Ginevra.
Questi episodi ci insegnano che oggi ha poco senso pretendere che un politico sia radicato in un solo comune o cantone. In fondo, la legge che regola le elezioni al Consiglio nazionale consente già di essere eleggibile in qualsiasi cantone, mantenendo il proprio domicilio in un altro cantone o all’estero. Anche in Ticino c’è una certa flessibilità: la legge stabilisce che, nelle elezioni cantonali (incluse quelle al Consiglio degli Stati), una persona svizzera è eleggibile senza dover risiedere nel cantone, a condizione che prenda domicilio in un comune ticinese entro tre mesi dall’elezione.
Tuttavia, per le elezioni comunali è richiesto un domicilio di almeno tre mesi nel comune. Questa regola potrebbe essere riformata, soprattutto considerando la difficoltà di trovare persone disposte a candidarsi in comuni piccoli. Ci si potrebbe ispirare dell’esempio del Canton Svitto, che consente ai domiciliati nel cantone di farsi eleggere nel municipio di qualsiasi comune svittese e di mantnere il domicilio fuori comune, se lo desiderano