I tifosi dell'HCL non se la passano bene

Scrive Nick Hornby nel suo libro «Febbre a 90’» edito nel 1997: «A Chicago esiste un team di baseball, i White Sox, che non vincono dal 1906. Un tifoso alla loro prima partita, dopo l’ennesima campagna acquisti ambiziosa, ha esposto uno striscione geniale: ‘non preoccupatevi, c’è sempre l'anno prossimo’. È il mio manifesto». Non sappiamo se quello stesso tifoso, nel 2005, abbia esposto un altro striscione per aver potuto vivere… dal vivo la vittoria della sua squadra nelle World Series della Major League a 99 anni di distanza dal primo titolo.
Quello che sappiamo è che «l’anno prossimo», cioè questa stagione, il Lugano non vincerà il campionato, anzi, da sabato prossimo 15 marzo incrocerà i bastoni con l’Ajoie per giocare i play-out, non succedeva dalla stagione 2010-11, e prima, nel 2007-08.
La scia di risultati deludenti da parte dei bianconeri ha toccato naturalmente i tifosi che, ognuno a modo suo, singolarmente e in gruppo e con sfumature diverse - qui non ne citeremo 50, ma solo due - in stagione hanno manifestato il proprio stato d’animo in forma di striscioni, con epilogo eclatante sabato primo marzo in occasione della sfida «vinta onorevolmente» contro il Bienne.
La versione dei «delusi»
Paolo Poretti, già capo Curva Nord da metà anni ’80 a inizio anni ’90, oggi segue le partite del Lugano comodamente seduto nella prima fila del secondo anello della tribuna ovest (verso la Curva Nord) della Cornèr Arena. Il primo marzo, con i compagni di fila si è esposto… esponendo lo striscione ("Superiamo-gli-ostacoli-per-te-con-te-ieri-oggi-domani-Lugano-non-molla") a sostegno di tutto il club. Perché? «Ci siamo detti che fosse il momento di chiudere quella bruttissima regular season lanciando un messaggio positivo agli altri tifosi, perché non tutti sono criticoni e arrabbiati contro qualcosa o qualcuno, ma ci sono anche quelli come noi a Ovest, semplicemente delusi. Un messaggio che guarda anche in generale allo sport dell’hockey, del quale siamo tutti appassionati».
Dall’alto della vostra fila come avete reagito agli striscioni esposti dalla «Nord», sia nell’ultima di regular season, sia durante la stagione? Paolo Poretti: «Con una stagione simile, protestare, contestare e lamentarsi è legittimo. Lo striscione ‘Stendiamo un velo pietoso’ rientra nei modi civili, non va sul personale come successo in passato. Non è che mi facciano piacere o che li trovi giusti, però ci stanno». «Mi sono piaciuti meno quelli che tacciavano ad esempio di ‘Lazzaroni’ i giocatori, li ho trovati non sportivi e non corretti nei confronti dei giocatori stessi».
Dopo «mille» partite vissute da spettatore, «amara» constatazione finale di Paolo Poretti: «Diciamolo. Non sono bastati 40 anni di livello competitivo per creare una cultura sportiva in stile anglosassone o come visto nei tifosi del Bienne».
La versione degli «arrabbiati»
Da cinque stagioni nella parte più «accesa» della Curva Nord, abbiamo inserito il nostro interlocutore nella categoria degli arrabbiati. Una Curva che è passata dal rituale del saluto al termine delle partite vincenti e degli applausi in quelle perdenti, al ritiro delle bandiere e di loro stessi quando le cose hanno cominciato a precipitare. Fino agli striscioni finali. Il tifoso: «Abbiamo vissuto con alti e bassi. All’inizio alti, come la classifica, eravamo tutti molto contenti, anche delle promesse della società».
Poi cosa è successo? «Penso che la cosa più fastidiosa siano tutte le promesse mai mantenute dalla società». Fastidio manifestato a suon di striscioni. «Sì, diciamo che quando c’è da contestare si contesta senza problemi». E pensa che prendersela con questo e quello colga il segno? «Diciamo che gli striscioni parlano chiaro, molte volte vanno dritti al bersaglio, quando si vede che non c’è impegno, non c’è voglia o appunto, quando la società fa certe scelte sbagliate».
La reazione allo striscione esposto dai tifosi «più fedeli» della Ovest? «Sono le due facce dello sport. C’è sempre la curva che pensa in un modo e la tribuna in quell’altro, va bene così. Paolo Poretti, poi, ha vissuto entrambi i lati e sa come si pensa in Curva».
In attesa dei forse play-out contro l’Ajoie, riprendiamo tra le mani il libro di Nick Hornby, sfegatato supporter dell’Arsenal, che di tifosi ne ha visti tanti: «Ovunque ho visto la stessa cosa, che la condizione naturale del tifoso di calcio (o di hockey, ndr.) è l’amara delusione, indipendentemente dal risultato». Forse.