Il personaggio

Il ritorno stellato in Piazza Riforma dei Mantegazza

La famiglia luganese aprirà un nuovo ristorante in centro a Lugano – Mario Mantegazza: «Mio padre, mio zio, Gabbani e Poggioli non si fermavano al nostro piccolo mondo»
Mattia Sacchi
22.12.2024 14:00

Nel suo «Il nome di Dio è Misericordia », Papa Francesco spiega come «non dobbiamo mai perdere la memoria delle nostre origini, del fango da cui siamo stati tratti». Anche se, in un senso decisamente più profano, al posto del fango c’è della cioccolata. Nello specifico quella dei Vanini, importante famiglia di maestri cioccolatai e ristoratori nonché l’altra metà della discendenza di Mario Mantegazza. Forse è proprio questo richiamo al passato che ha portato l’importante imprenditore luganese a volgere le sue attenzioni, tra le sue tante attività professionali, alla ristorazione con l’apertura nel 2003 del Meta. Un’avventura nel mondo dell’alta gastronomia costellata di prestigiosi riconoscimenti dalle più importanti guide gastronomiche, da Michelin a Gault Millau e Top50, che recentemente ha posto il ristorante di Palazzo Mantegazza al 36. posto per la migliore proposta di cucina italiana all’estero.

Si chiude il cerchio sul passato

Ormai 12 anni dopo, è tempo per Mantegazza di chiudere il cerchio con il proprio passato, tornando dove tutto è nato. In Piazza Riforma fervono infatti i lavori al ristorante Federale, molto più di un semplice restyling. «Tutto questo è nato per passione, negli anni abbiamo imparato il mestiere e creato una squadra solida e competente - spiega Mantegazza alla Domenica -. È quindi arrivato il momento di proseguire questo percorso portando non un semplice locale ma un progetto che racconti la nostra visione di gastronomia e accoglienza nel cuore della città, nella stessa piazza dove sono cresciuto con i miei nonni, i miei zii e i miei genitori, cercando di rivivere quelle sensazioni che provavo da bambino e che vorrei condividere con i nostri ospiti».

Le proposte gastronomiche

Un progetto a più livelli, nel vero senso della parola. «Il nuovo ristorante, battezzato Federale 1855, dove l’anno indica la prima presenza di un ristorante nello stabile, renderà omaggio alla lunga storia gastronomica della città, con un rispetto della tradizione ma allo stesso tempo uno sguardo all’innovazione. Tre diversi piani con tre proposte gastronomiche diversificate, in modo da offrire un’esperienza a 360 gradi. Dai pranzi veloci del bistrot al ristorante stellato, ma anche la pizza, per venire incontro a ogni esigenza».

Certo, Mantegazza e pizza nella stessa frase sembra quasi un ossimoro. «Ma la realtà è che per me e la mia famiglia Piazza Riforma è sempre stata il salotto di Lugano. Non quello snob, riservato a pochi, ma aperto a tutti. È in questi luoghi di aggregazione che la comunità prende vita e genera tutto quel movimento sociale e culturale che porta benefici all’intera città. Ricordo ancora quando la domenica mattina ci si ritrovava in piazza per ascoltare la Civica Filarmonica, per poi bere qualcosa insieme alle persone che si incrociavano per caso, senza appuntamento ma sapendo che comunque qualche amico c’era sicuramente. Proprio per queste ragioni una delle cose più appaganti è il lavoro di squadra con i miei cari: da mia moglie che sta curando il design degli interni a mia nipote Evelyn e il suo compagno Marco, che gestiranno il Federale 1855».

Come in un gioco di squadra

Un gioco di squadra che vuole estendersi ben oltre alla cerchia familiare. «Vogliamo collaborare con gli altri ristoratori, molti dei quali amici di lunga data - prosegue Mantegazza -. L’idea è di creare una sinergia, non una competizione, perché l’unione fa crescere tutti, dagli esercenti ai commercianti. La piazza deve tornare a essere un centro d’attrazione per i turisti e per i ticinesi».

La teoria sembra semplice, l’attualità racconta di un settore della ristorazione in grande difficoltà, con un calo del fatturato tra il 20% e il 50%. «La chiusura della galleria di base del Gottardo non ha aiutato, con la riapertura si è vista immediatamente una ripresa. È però assolutamente necessario valorizzare la nostra cultura gastronomica, che non ha nulla da invidiare

a regioni ben più rinomate, puntando sulla qualità dell’offerta. Non solo con l’attenzione generata da iniziative pregevoli come Sapori Ticino, ma anche con il sostegno della politica comunale e cantonale: serve una visione a lungo termine che, oltre agli investimenti, renda meno rigide le regolamentazioni da seguire, che a volte creano inutili complicazioni ai ristoratori. Magari prendendo ispirazione da esempi virtuosi fuori dai nostri confini grazie ai quali i locali sono costantemente pieni».

Parlando di qualità dell’offerta, quella del Meta era di un livello tale da essere riuscita a ottenere l’inserimento nella prestigiosa guida Michelin. Oltre al trasferimento del ristorante è però cambiato lo chef, con Arturo Fragnito che ha preso il posto di Luca Bellanca: non sarà affatto scontato mantenere la stella. «In tutti questi anni Luca ha mostrato le sue qualità ed è stata una parte importante del nostro percorso, gli saremo sempre grati. Però per questo nuovo capitolo avevamo bisogno di energie fresche e propositive, siamo convinti che Arturo sia la persona giusta per portare avanti la nostra filosofia di ristorazione. Anche a costo di dover rinunciare inizialmente a qualcosa, convinti che poi riusciremo a raggiungere tutti gli obiettivi prefissati. I riconoscimenti e i premi fanno certamente piacere, ma noi lavoriamo per fare felici i clienti e riempire i tre piani del locale».

Vedere la gente sorridere

Con l’apertura prevista il prossimo settembre, il grande sogno di Mario Mantegazza sarà dunque quello di vedere il ristorante pieno? «Ovviamente è l’ambizione di chiunque avvii un’attività simile. Alla mia età e con le cose che ho fatto e vissuto ho inevitabilmente cambiato prospettive e punti di vista. Mi piacerebbe quindi vedere i ticinesi tornare a sorridere. Questi ultimi anni sono stati particolarmente difficili per tutti e sento che stia mancando un po’ la gioia di vivere, di condividere un momento di serenità. Che spero possano trovare al Federale 1855 e in tutta la piazza».

È quello che avrebbe voluto anche Geo Mantegazza, padre di Mario scomparso lo scorso 10 ottobre? «Certamente. Quest’anno oltre a lui ho perso anche mio zio e mia zia, quasi un’intera generazione della famiglia. Che, assieme ad altri grandi personaggi recentemente scomparsi come Lino Gabbani e Sandra Poggioli, hanno dato tanto alla nostra società. La mia grande paura è che questo lascito, il loro amore verso la città e i valori con i quali sono sempre stati coerenti, vengano definitivamente persi. Dobbiamo ricordarci della Lugano di una volta per costruire insieme quella del futuro. Senza fermarsi al proprio angolo di mondo, ma ricordandoci che ogni nostra azione ha una conseguenza verso l’intera comunità. Per questo vale la pena superare gli egoismi provinciali per pensare in grande».