«Il secondo pilastro non funziona e il terzo è inutile»
«Sono abbastanza realista da sapere che un film o un libro non possono fare cambiare ciò che gli svizzeri pensano del nostro sistema previdenziale. Spero però di chiarire e sfatare almeno i miti che aleggiano, appunto, sul nostro sistema pensionistico». Di sicuro, Pietro Boschetti, storico di formazione e per oltre trent’anni giornalista per diverse testate, in particolare per la radiotelevisione romanda e il programma Temps présent, ha scavato a fondo. Ha chiesto e letto i verbali delle commissioni parlamentari che dal 2000 al 2003 si sono occupate della prima riforma della Legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità (LPP), ricavandone «una marea di informazioni». E si è convinto. Si è convinto di dover raccontare in un libro - disponibile da mercoledì scorso in libreria con il titolo L’affare del secolo (Edizioni Casagrande) - «lo scandalo dei 20 miliardi di franchi scomparsi dai fondi del secondo pilastro gestiti dagli assicuratori privati tra 1985 e 2000». Uno scandalo portato alla luce nel 2022 grazie a un documentario, Il protocollo, realizzato dallo stesso Boschetti con il regista Claudio Tonetti. Ma anche uno scandalo che oggi si riempie di nuovi dettagli grazie appunto alla pubblicazione dell’autore.
Boschetti sa che il suo libro esce quasi in contemporanea con la votazione del 22 settembre sulla LPP. Di più. Su una riforma che si prefigge di rafforzare il finanziamento proprio del secondo pilastro, che è appunto il tema centrale del suo libro. «Diciamo sempre che il nostro è il miglior sistema del mondo e che è un esempio per i Paesi circostanti, ma non diciamo mai che questo sistema è stato progettato dalle compagnie di assicurazione sulla vita svizzere, da loro e per loro», afferma convinto. Si badi bene, non che sia un segreto. Al contrario. «È la stessa storiografia svizzera sulla storia dello stato sociale svizzero a metterlo in evidenza». Ma sottolineare che «il sistema è stato progettato da compagnie private di assicurazione sulla vita mi sembra un chiarimento essenziale da fare quando si discute del futuro o del presente del secondo pilastro».
Tra costi e conti
Perché in fondo il problema è sempre lo stesso. E tutti sembrano più o meno d’accordo. Andare avanti così non si può più. Bisogna cambiare. Boschetti ha le sue idee. Ma prima vuole scendere nei dettagli. Vuole spiegare bene perché la previdenza professionale oggi sia così sbagliata. «Per spiegarlo userò dei numeri. Per ogni 100 franchi di contributi all’AVS oggi vengono finanziati 99,50 franchi di rendita. Per ogni 100 franchi di contributi nel secondo pilastro vengono invece finanziati 75 franchi di rendita. Perché questa differenza? Semplice. Il primo pilastro ha pochissimi costi amministrativi e quasi nessuna commissione di gestione patrimoniale. Nel secondo pilastro, i costi amministrativi sono invece molti perché è un sistema composto da 1.300 fondi diversi che si dividono completamente il sistema senza calcolare le enormi commissioni di gestione che pesano sui conti».
Ma non è tutto. Anzi, il bello o il brutto deve ancora arrivare. Almeno secondo Boschetti. «Mentre negli ultimi 20 anni la pensione del secondo pilastro - che tra l’altro maltratta molto le donne perché la differenza di pensione tra uomini e donne è di circa il 40 o addirittura il 50 per cento - è diminuita del 40%, le compagnie private di assicurazione sulla vita tra il 2005 e il 2021 hanno realizzato un utile cumulato di 9,51 miliardi di franchi e la somma degli attivi del secondo pilastro è arrivata a 1.200 miliardi di franchi. Sono tanti soldi! Si tratta di una volta e mezza il prodotto interno lordo della Svizzera. Nelle casse del secondo pilastro c’è una volta e mezza l’economia svizzera, eppure le pensioni che eroga diminuiscono».
Da qui la necessità di cambiare. Subito. Anche se «sono cosciente che ci vorranno anni». Come? Boschetti, come detto, le sue idee ce le ha. «Bisognerebbe dirottare questo denaro nelle casse dell’AVS, sarebbe molto più utile», afferma. «Credo che si debba procedere verso una triplicazione delle rendite AVS, perché oggi sono troppo basse. Un’operazione che non si fa in due giorni, ovviamente». Toglierle ai ricchi per darle ai poveri, verrebbe da dire. Anche se le metafore letterarie non sono forse le più azzeccate quando di parla di previdenza.
Via anche il terzo
«È soltanto la mia opinione. Non tutti la condividono». Idee sull’intero sistema pensionistico. Detto del secondo pilastro, «che dovrebbe essere ridotto, se non abolito del tutto a favore dell’AVS», secondo il giornalista, si dovrebbe intervenire anche sul terzo. «Che secondo me è inutile», chiarisce, prima di aggiungere. «Prima di tutto, si rivolge solo a una categoria di popolazione che ha stipendi abbastanza alti da poter davvero usufruire di questa esenzione fiscale. Poi, la maggior parte dei contratti del terzo pilastro sono dei contratti di risparmio con statuti fiscali specializzati e speciali. Quindi, nel sistema pensionistico generale il terzo pilastro può essere praticamente eliminato, perché è inutile». Anche perché, prosegue, «porta miliardi e miliardi all’industria finanziaria che gestisce questo denaro. Ma tutto questo non ha alcun ruolo in termini di previdenza per la vecchiaia».
Boschetti esprime la sua opinione senza farsi troppe illusioni. Sapendo benissimo che oggi non esiste alcuno spazio per andare nella direzione da lui indicata. «Persino i sindacati, non tutti, il Partito socialista e i Verdi - precisa - stanno davvero percorrendo una strada come questa. Anche se si tratta di una prospettiva, la mia, davvero a lungo termine». Ecco perché «magari a sinistra, magari in ambienti interessati a difendere gli interessi dei pensionati forse si può trovare uno spazio possibile di discussione per vedere quali passi si potrebbero fare per emanciparci sempre di più dal secondo pilastro e nello stesso tempo gonfiare il primo pilastro».
Ma le difficoltà non finiscono qui. Perché opposizioni potrebbero arrivare anche dai diretti interessati, gli assicurati. «Sarà difficile portare a termine una riforma del sistema pensionisto come quella che io ho prefiguato senza toccare quelli che chiamiamo diritti acquisiti. Non credo che un assicurato attivo nel secondo pilastro sia molto contento se con i suoi soldi finanziassimo l’AVS».
La strada per Boschetti è comunque tracciata. E questo perché «la previdenza professionale esclude qualsiasi solidarietà sociale. Se nell’AVS i ricchi pagano per i poveri, nel secondo pilastro tutti pagano per se stessi, e non c'è alcun effetto di redistribuzione. Quindi, nella misura in cui il secondo pilastro assorbe la gran parte del sistema pensionistico complessivo abbiamo una rete di sicurezza sociale che è distorta, che non funziona bene, che non copre le persone che ne hanno più bisogno», sottolinea.