Il senso da riscoprire delle colonie

La colonia di vacanza non è solo «un’istituzione di vita comunitaria organizzata in un altrove e a contatto con la natura», come riferiscono Dario Bernasconi, Giancarlo Nava e Ivan Pau-Lessi nella presentazione del saggio «Per nuovi sentieri» scritto da Sergio Dagradi e Ilario Lodi per Fontana edizioni. O meglio, è senz’altro quello, ma è anche molto di più. «È fare esperienza di cittadinanza - spiega Ilario Lodi, che è anche direttore di Pro Juventute - è affrontare un percorso di crescita e di sviluppo individuale all’interno di una collettività». Peccato che sempre meno bambini, meglio, sempre meno genitori scelgono di far percorrere questa strada ai loro figli. Perché se nel 2008 erano stati 3mila i ragazzi a fare questo tipo di esperienza nelle circa 30 colonie di vacanza esistenti in Ticino, nel 2023 sono stati poco meno di 2.200 i partecipanti.
«Oggi si preferiscono le colonie diurne, quelle in cui i figli tornano a casa la sera o nel tardo pomeriggio, dopo le giornate di attività - continua Lodi -. È una scelta comprensibile sotto certi aspetti, però il prezzo da pagare è che si privano i bambini della possibilità di fare esperienze di cittadinanza, di sperimentare tutte quelle pratiche che poi, con il passare degli anni, diventeranno costitutive di un profilo di personalità legato alla collettività».
L’importanza del confronto
Sembra una questione di lana caprina e invece non lo è. Soprattutto in una società come quella di oggi dove «i bambini e i ragazzi nonostante un contesto globalizzato, sono molto più isolati dal resto del mondo rispetto a una volta», sottolinea Lodi. E questo per via dei social media e delle altre piattaforme internet che danno solo l’illusione di vivere in una collettività. Tutto questo quando «l’individualità cresce soltanto se c’è la collettività e viceversa. Oggi invece l’individuo si crede già concluso, senza, appunto il confronto con gli altri». Da qui l’esigenza, ma anche il bisogno di far riscoprire ai ragazzi l’importanza del confronto e del vivere realmente insieme ai propri coetanei. Tutto questo in un ambiente «protetto» come quello della colonia. Dove non si improvvisa niente, ma si vive e si fa vivere secondo precisi concetti educativi e pedagogici.
Ilario Lodi non ha scritto un saggio sulle Colonie dei Sindacati di Rodi a caso. Lui ci è stato in colonia. Prima da bambino, poi come monitore. Ed è per ripagare quanto ricevuto che ha deciso di ridarlo indietro. «Le prime vittime della deprivazione della dimensione della collettività e della socialità sono appunto i bambini e i ragazzi, a cui viene sottratta sempre più frequentemente qualsiasi occasione di confrontarsi con l’altro da sé in termini fattuali e concreti - torna a ripetere -. Da ciò consegue che nel non incontrare l’altro, non si incontra mai neppure sé stessi: vi è una conseguenze perdita di profondità di ogni esperienza, se non addirittura la possibilità stessa di fare esperienza, fino al dissolvimento del concetto di esperienza stessa».
Piccoli esempi
Chi non è mai andato in colonia non può saperlo. Gli altri, sì. «In colonia io posso imparare a rispettare i miei bisogni rispettando anche gli altri. Faccio un esempio. Se devo svegliarmi alle sette e mezza lo farò, ma senza disturbare chi dorme accanto a me. Così facendo, rispetto le mie abitudini e le mie esigenze ma al tempo stesso mi prendo cura della collettività in cui sono integrato. Sembrano esperienze molto semplici, e in colonia ce ne sono tante così, eppure sono fondamentali per un bambino».
La revisione della legge
Il mondo è cambiato, si diceva all’inizio. E anche le colonie hanno dovuto adattarsi. «Partendo dal fatto che il concetto di collettività deve rimanere al centrale, anche tutto quanto fa collettività deve essere ripensato», precisa Lodi. Si inserisce in questo senso la revisione totale della Legge giovani e della Legge colonie voluta dal Consiglio di Stato, che si appresta ad arrivare in Gran Consiglio. Una revisione che riconosce e migliora il quadro normativo, di sostegno ed educativo delle colonie in un contesto che non è più quello di molti anni fa. O meglio A oltre cinquant’anni dall’entrata in vigore della Legge colonie e dopo più di 25 anni della Legge giovani. Tutto questo con una certezza. Scritta nera su bianco dal Governo nel messaggio che accompagna la riforma. «Le attività sociali per i bambini e i giovani devono essere sostenute anche nei tempi più delicati dal profilo finanziario, tanto più che le incertezze dei giovani sulle prospettive future generano sconforto e un senso di impotenza. Investire sulle prestazioni necessarie ad alleviare le conseguenze della crisi e a sostenere i giovani significa riportare attenzione agli interessi e ai bisogni di questa fascia della popolazione affinché diventi parte attiva e responsabile della nostra comunità».