(Im)mobilità

Il Ticino verso la paralisi viaria: «Non potrà che peggiorare»

Crescono gli utenti di treni e bus, ma anche il traffico sulle strade – I pareri degli esperti non sono confortanti
©Gabriele Putzu
Andrea Stern
Andrea Stern
02.06.2024 06:00

Avrà fatto piacere, agli automobilisti incolonnati sulla strada del rientro verso casa, sentire la radio annunciare il forte aumento dell’utenza del trasporto pubblico l’anno scorso in Ticino, +12% sui bus e +15% sui treni.

Avrà fatto piacere, ma non avrà ridotto il loro fabbisogno di pazienza. Al contrario, gli imbottigliamenti sulla rete stradale sono sempre più all’ordine del giorno, nonostante gli ingenti investimenti nel trasporto pubblico. In meno di vent’anni, il tempo passato in colonna dagli automobilisti svizzeri si è quasi quadruplicato (+360%). «E ci si può aspettare che nei prossimi anni andrà sempre peggio», sentenzia Remigio Ratti, professore di economia regionale e dei trasporti.

Spostarsi in Ticino è sempre più un’odissea. Basta un banale tamponamento per scatenare un effetto a catena che paralizza l’intera rete stradale. Nelle scorse settimane è capitato che occorressero due ore per raggiungere Lugano da Mendrisio e quasi tre ore per percorrere la quarantina di chilometri che separa Locarno da Lugano. Un maratoneta mediamente allenato ci avrebbe impiegato di meno.

Miracoli no, cerotti sì

«Le soluzioni miracolo non esistono - commenta Andrea Censi, presidente del Fronte degli automobilisti -, però si possono mettere un po’ di cerotti per evitare situazioni invivibili che oltre a essere fastidiose sono un danno per la nostra economia. In primis, io continuo ad avere delle grandi perplessità sull’utilizzo degli impianti semaforici sulla A2. In teoria dovrebbero fluidificare il traffico, ma è sotto l’occhio di tutti che finiscono per creare più disagi che benefici».

L’autostrada A2 resta di gran lunga l’asse più trafficato del cantone. L’anno scorso all’altezza di Grancia si sono registrati oltre 70.000 passaggi al giorno, che se non fosse per la relativa tranquillità della domenica sarebbero ancora di più. Addirittura in un venerdì di luglio si è sfiorata quota centomila (97.297 veicoli). Esattamente il decuplo rispetto ai 9.718 veicoli che nel 1970 transitavano su quel tratto di autostrada rimasto pressoché uguale.

«L’adeguamento della rete stradale non deve essere un tabù - riprende Censi -. La richiesta di mobilità continuerà ad aumentare e quindi bisogna mettere mano alle infrastrutture, in una visione di complementarietà fra trasporto pubblico e privato, che tra l’altro in un futuro non molto lontano avrà un impatto ambientale ben inferiore a quello odierno. Bisogna investire e in parte lo si sta facendo, anche se vedo che purtroppo è molto diffusa la moda di ostacolare la circolazione, di creare tutte queste zone a traffico limitato che finiscono per spostare le automobili e creare congestionamenti altrove. Tutti vogliono avere meno rumore sotto casa propria, però si vuole anche arrivare in tempi consoni a casa, altrimenti ha poco senso renderla più vivibile».

Respingere le auto invece di attrarle

Al contrario, l’Associazione traffico e ambiente (ATA) ritiene che siano proprio la moderazione del traffico e la riduzione dei posteggi a poter alleviare la situazione. «Al di là dell’asse nord sud, oggi abbiamo fortissimi intasamenti all’interno degli agglomerati - nota la vicepresidente Chiara Lepori Abächerli -. Questi sono il frutto di una politica sbagliata, perché sono stati sì potenziati i trasporti pubblici ma non è stato fatto nulla per ridurre la capienza delle corsie dedicate alle auto e per disincentivare il posteggio in centro. Oggi a Lugano il vicesindaco Roberto Badaracco si lamenta che l’autosilo Balestra è sottooccupato. Ma è semplicemente perché in centro ci sono troppi posteggi in zona blu o affittati da privati. Lugano è una città che attira gli automobilisti. Non sorprende che sia così difficile spostarsi».

Nella visione dell’ATA, molti dei posteggi laterali in centro dovrebbero essere trasformati in piste ciclabili o corsie riservate ai bus. «Oggi su dieci persone che arrivano in centro - spiega Lepori Abächerli -, nove lo fanno in auto e solo una con i trasporti pubblici, che spesso rimangono a loro volta intrappolati nel traffico. Bisogna togliere spazio alle automobili e darne ai bus e alla mobilità lenta».

A costo di scontentare i commercianti, che difendono a spada tratta i posteggi davanti alle loro vetrine. «I commercianti sbagliano - sostiene la vicepresidente dell’ATA -, perché ovunque si sono tolte le auto e si è dato spazio ai pedoni, i commercianti ci hanno guadagnato. Ovviamente si devono prevedere dei posteggi per disabili e anziani. Ma tutti gli altri possono rinunciare all’auto per andare in centro. Magari all’inizio si sentiranno disorientati ma poi si abitueranno e ne apprezzeranno i vantaggi».

Guardare molto in avanti

Anche perché l’alternativa è arrivare a un livello di intasamento tale da dissuadere anche gli automobilisti più pazienti. «Da ragazzo ero meravigliato quando andavo in certe città italiane e vedevo tutte quelle 500 che riuscivano a passare nelle strette stradine dei centri urbani - riprende Remigio Ratti -. Ci sono tornato anni dopo e le auto non c’erano più. L’imbuto era tale che il problema si era risolto da solo. La gente aveva rinunciato ad andare in centro».

Ratti conosce anche in Ticino persone che hanno deciso di non toccare più l’automobile tra il lunedì e il venerdì. «L’aumento dell’utenza del trasporto pubblico dimostra che c’è stato un travaso dal traffico privato - afferma -. Lo vediamo in particolare nelle relazioni con il Locarnese, ma anche sull’asse ferroviario Mendrisio-Varese, che è decollato e ha ancora buoni margini di crescita. Ci sono pendolari che rinunciano all’auto, ma questo travaso viene in parte vanificato dall’aumento generale degli spostamenti».

La politica deve quindi essere più lungimirante, secondo Ratti. «Bisogna guardare almeno 20 o 30 anni in avanti - afferma -.I ricercatori avevano previsto la situazione attuale già negli anni ‘70, ma molti dei grandi progetti non sono stati realizzati. Ancora oggi vediamo che la Confederazione non vuole completare AlpTransit verso sud, o forse solo nella seconda metà del secolo. Avanti così, la situazione non sul territorio non potrà che peggiorare».

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