L'intervista

Il Volo verso Zurigo

Il trio italiano si prepara a cantare sulla Limmat – Li abbiamo intervistati
Andrea Stern
Andrea Stern
10.09.2023 06:00

Dal Sudamerica al Giappone, ovunque vadano riempiono i palazzetti e gli stadi. Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble, i tre ragazzi de «Il Volo», sono uno dei migliori prodotti di esportazione che l’Italia abbia generato in questi ultimi anni. E pensare che loro non volevano nemmeno diventare cantanti. «Io da bambino sognavo di fare il veterinario», dice Ignazio Boschetto in un’intervista rilasciata a La Domenica in vista del concerto di domenica 17 settembre all’Hallenstadion di Zurigo.

Dove avete imparato a cantare, dunque?
Piero: «Siamo tutti e tre autodidatti».

Qual è la prima canzone che ricordate di aver cantato?
Piero: «"Un’amore così grande". È stato il mio primo incontro con la musica».
Gianluca: «Io invece ho iniziato con i brani di Alex Baroni, in particolare "Cambiare". Poi mi sono appassionato di Andrea Bocelli, Michael Bublé... per non parlare dei grandi classici come Elvis Presley o Frank Sinatra. Ma il mio primo amore è stato Alex Baroni».

Oggi che musica ascoltate?
Ignazio: «Ascoltiamo di tutto».

Anche la trap?
Ignazio: «Qualcosa sì. Non è il nostro genere preferito ma ci teniamo a restare informati».
Gianluca: «Un artista non può ascoltare solo la propria musica. Sarebbe come chi non viaggia perché è convinto di vivere nella città più bella del mondo. Non è così. Bisogna essere curiosi, sempre aperti a scoprire le novità».

A Zurigo canterete in tedesco?
Gianluca: «In realtà finora l’unica canzone che abbiamo cantato in tedesco è stata "Stille Nacht", in un disco di Natale».
Piero: «È difficile cantare in tedesco».
Ignazio: «Diciamo che è più dolce l’italiano...».

Però voi cantate in diverse lingue.
Piero: «Sì, oltre all’italiano cantiamo in spagnolo, portoghese, inglese, un brano in tedesco, poi abbiamo anche avuto l’occasione di registrare una canzone in catalano, per una Tv di Barcellona. Questa è una parte bella del lavoro che facciamo. Ci sono sfide cui veniamo sottoposti e riusciamo a superare».

Si può immaginare anche un vostro brano in arabo o in cinese?
Ignazio: «Andremo presto in Cina!».
Gianluca: «Però nel mondo orientale amano molto la cultura italiana. Lo si vede nella moda, ma anche nella musica. In Cina e in Giappone ci sono tanti conservatori dove studiano e imparano l’italiano perché sono amanti della musica classica. Ci sono grandi tenori asiatici che cantano in italiano».
Piero: «Non penso che ci tengano a sentire degli italiani che cantano nella loro lingua e magari lo fanno anche male».

Siete un po’ degli ambasciatori d’Italia.
Gianluca: «Il made in Italy è un brand che vince sempre. Non solo tra gli italiani all’estero. Lo si vede con i tre tenori, con Andrea Bocelli, ma paradossalmente anche con Frank Sinatra, Tony Bennett, Lady Gaga, Madonna... Nelle loro melodie si sente l’influenza del sangue italiano».

Litigate tra di voi?
Ignazio: «È come chiedere a marito e moglie se vanno sempre d’accordo».

In tutti i grandi gruppi volano gli stracci e poi magari ognuno va per la sua strada.
Piero: «Noi non siamo un gruppo dove c’è un frontman che prevale sugli altri. Siamo tre cantanti individuali, con tre voci e tre personalità completamente diverse. Ma quando stiamo insieme e cantiamo insieme si crea una grande alchimia. A livello di performance ma anche di intesa tra di noi».

Quindi siete sempre sulla stessa linea?
Gianluca: «Sì, stiamo lavorando per dare al pubblico qualcosa che sia più di un concerto. Vogliamo offrire uno spettacolo, un’esperienza unica, che possa attrarre anche chi magari non è un nostro fan».

Il vostro genere di musica piace forse di più tra gli adulti che tra i giovani.
Gianluca: «Abbiamo un pubblico molto variegato. Sicuramente possiamo lavorare meglio sui social, per conquistare sempre più giovani. E stiamo anche cercando di costruire un nostro repertorio».

Forse è difficile essere una cover band de Il Volo.
Piero: «Ce ne sono già alcune! Riceviamo spesso dei video. L’ultimo ci è arrivato da un gruppo di ragazzini coreani, che hanno creato una nostra cover band nel loro Paese. Queste sono cose che ci riempiono di orgoglio e di felicità. Perché sentiamo che possiamo essere un punto di riferimento per molti nostri coetanei. Quello che oggi forse manca ai giovani è qualcuno che li incoraggi a perseguire i loro obiettivi. Secondo noi, la cosa più importante per i giovani è che siano stimolati a coltivare il loro talento e la loro passione. Come è successo a noi».

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