L'analisi

In Medio Oriente la guerra è sempre più estesa

È stata una settimana di fuoco nei dintorni di Israele – Giorni difficili che potrebbero essere l’avanguardia di un conflitto ancora più esteso
©Hassan Hankir
Guido Olimpio
Guido Olimpio
22.09.2024 06:00

Una settimana di fuoco in Medio Oriente, con raid, missioni coperte e piani sventati. Giorni difficili che potrebbero essere l’avanguardia di un conflitto ancora più esteso tra Israele e i suoi molti nemici. Ma anche una fase raccontata da una serie di «capitoli» intrecciati, ognuno con un titolo.

L’incursione

Domenica scorsa gli israeliani hanno condotto un’incursione nella località siriana di Maysaf. Inizialmente sembrava uno dei tanti strike condotti ripetutamente su siti militari e invece si è tramutato in qualcosa di più profondo. I caccia hanno eliminato le difese e fatto danni, una prima spallata seguita dall’arrivo di unità elitrasportate che hanno raggiunto l’area per finire la «missione» e portare via materiale ritenuto interessante. Un’azione che ha riguardato il centro di ricerche dove il regime (forse con l’aiuto di iraniani) sviluppa sistemi bellici. Una ripetizione di quanto fecero sempre i commandos israeliani nel 2007 quando distrussero un impianto nucleare appena fornito dalla Nord Corea a Damasco. Venerdì altro blitz per “neutralizzare” a Beirut Ibrahim Akil, uno dei principali comandanti Hezbollah, sulla lista nera da anni e sulla cui testa gli Usa hanno messo taglia da 7 milioni di dollari.

Tre aspetti da sottolineare. Primo. Tel Aviv prosegue nel logoramento di un network bellico che sostiene anche le milizie alleate di Teheran e lo fa ovunque. Secondo. È la conferma di capacità di lungo raggio. Terzo. Tutto si è svolto in un territorio dove i russi, presenti con uomini e apparati radar, dovrebbero rappresentare un ombrello di protezione. In teoria, perché Mosca, in apparenza, non si mette in mezzo o non è in grado di contrastare i fendenti.

I sabotaggi

La storia è nota. Il Mossad ha manipolato cercapersone e ricetrasmittenti acquistate dall’Hezbollah, poi le ha fatte detonare simultaneamente nell’arco di 48 ore. L’intelligence ha creato finte società basate in Europa che hanno venduto gli equipaggiamenti «modificati» agli intermediari della fazione. Colpo micidiale, successo tattico e propagandistico che racchiude alcuni aspetti. L’abilità dell’infiltrazione, la difficoltà per i guerriglieri libanesi di garantire la sicurezza delle comunicazioni e delle forniture, le doti tecniche, la carta della sorpresa (che conta molto in un’arena dove pesa il senso della sfida e dell’umiliazione) nei confronti del «partito di Dio», organizzazione complessa ed agguerrita. Nel portare avanti il piano l’intelligence si è affidata ad un metodo non certo inedito, quello delle ditte di copertura aperte da agenti in Paesi terzi. Un modus operandi che in passato è stato impiegato nei confronti dei progetti nucleari della Repubblica islamica ed ha funzionato di nuovo con rivali scaltri, guardinghi, prudenti. Non abbastanza, però, per evitare il rovescio. L’exploit, per quanto «spettacolare», per essere completo dovrebbe portare ad un risultato «politico» concreto. E al momento, secondo la maggior parte degli osservatori, è difficile scorgerlo. La decimazione di ufficiali ed esponenti a Beirut, Teheran o Damasco indebolisce l’Asse della resistenza, esalta il ruolo dell’intelligence ma non determina sicurezza per lo Stato ebraico.

I piani

Numerose inchieste hanno rivelato progetti di attentati affidati dai servizi iraniani a criminali comuni reclutati in Occidente. Trafficanti di droga, membri di gang nordiche, personaggi ambigui disposti ad attaccare esuli o obiettivi collegati a Israele. Un cittadino israeliano è finito in manette dopo essere stato agganciato da Teheran in Turchia nell’intento di preparare attacchi nei confronti di personalità, compreso il premier. Segnali inquietanti di una guerra che alterna attività sotterranee - e dunque negabili - a combattimenti reali, con cannoni, missili e bombe. Sono poi i contendenti a scegliere quale fronte privilegiare, cercando di regolare l’intensità del «fuoco». Manovra che può riuscire oppure sfuggire di mano. E il ricorso ai cercapersone modificati per diventare ordigni rappresenta una nuova «lancia» nell’arena, non sarebbe strano se l’Hezbollah o altri gruppi proveranno a rispondere inventando qualcosa di simile.

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