«Io, appenzellese, sarò un presidente anche un po’ ticinese»
Dal 2 dicembre il Consiglio degli Stati avrà un presidente appenzellese ma anche un po’ ticinese, Andrea Caroni, nipote di un cervello in fuga che negli anni ‘20 lasciò Locarno e non tornò più indietro. «Mio nonno Claudio era andato a Zurigo a studiare diritto - racconta il senatore del PLR -. Le vicende della vita vollero che diventasse prima consulente giuridico, poi capo e infine proprietario della Flug- und Fahrzeugwerke Altenrhein (FFA), la ditta che gestiva l’aerodromo e produceva aerei e vagoni. Mio padre fu praticamente costretto a seguirlo in ditta. Prese quindi casa a Wolfhalden, in Appenzello esterno, dove nel 1980 sono nato io».
Signor Caroni, lei ha ancora legami con il Ticino?
«Certamente. Da piccolo ho passato spesso le vacanze estive in Ticino e ancora oggi ci vado molto volentieri. Ho tanti familiari. I Caroni di Locarno sono tutti miei parenti».
Compreso l’ex vicesindaco Paolo Caroni?
«Sì, mio padre era cugino di suo padre, l’avvocato Milo Caroni. In famiglia c’è stato anche un consigliere nazionale ticinese, Arrigo Caroni, che era uno dei tre fratelli di mio nonno Claudio. Ma anche lui era un PPD».
Come mai lei invece non fa politica nel Centro?
«Io sono un liberale convinto, come già mio padre. Per me il PLR è il partito perfetto. Oltretutto Appenzello esterno è un cantone storicamente protestante, dove il PPD è sempre stato quasi inesistente, al contrario di Appenzello interno che è un bastione conservatore».
Appenzello esterno è un bastione del PLR?
«Sì, il mio è uno dei cantoni più liberali del Paese. Come lo era il Ticino, una volta».
Da voi il PLR è ancora forte. Qual è il segreto?
«Ci sono vari elementi. Uno è sicuramente il sistema maggioritario, che premia i partiti che sanno proporre persone misurate e aperte, in grado di raccogliere consensi trasversali. Poi c’è da dire che qui, in Appenzello esterno, il PLR è un partito molto popolare, che accoglie persone provenienti da tanti percorsi diversi».
Non siete il partito delle élite.
«C’è forse qualcuno che lo pensa, ma di sicuro lo siamo molto meno che in altri cantoni».
Alle ultime elezioni federali lei ha vinto con oltre il 90% dei voti. Come Kim Jong-Un in Corea del Nord.
«Sì, ma in un sistema elettorale un po’ più aperto... (ride). Beh, sicuramente è un risultato che mi ha fatto molto piacere. Era la quarta volta che venivo eletto al Parlamento federale e ottenere un risultato del genere è stata una bella dimostrazione di fiducia».
Lei è giovane, 44 anni, ma è già alla quarta legislatura a Berna. Non è ancora stanco della politica?
«No, se fossi stanco dovrei lasciare il posto a qualcun altro o forse sarebbe la gente a farmi capire di aver fatto il mio tempo.Ma la politica mi piace ancora un sacco».
Grazie alla mancata rielezione di Lisa Mazzone, lei accede alla presidenza del Consiglio degli Stati con un anno di anticipo. È grato agli elettori ginevrini?
«No, da parte mia avrei lavorato volentieri ancora un anno nell’ufficio del Consiglio degli Stati. E poi Lisa Mazzone è un’amica politica, mi è dispiaciuto per lei, avevo già preparato il discorso per la sua elezione alla presidenza.Comunque l’ho invitata alla mia festa, Lisa Mazzone ci sarà, sarà un’ospite speciale».
Ci sarà anche un po’ di Ticino nel suo anno presidenziale?
«Sì, non posso anticipare molto ma insieme alla nuova presidente del Consiglio nazionale (Maja Riniker, n.d.r.) abbiamo già previsto di fare un piccolo giro della Svizzera e venire in visita anche in Ticino».
In Ticino potremo dire di avere un presidente un po’ anche nostro?
«Certamente. Io mi identifico molto con le mie radici ticinesi. Sono nato in Appenzello esterno e politicamente rappresento Appenzello esterno ma per me il Ticino ha sempre un posto speciale nel cuore. Inoltre, sia io sia i miei figli abbiamo ancora l’attinenza di Rancate, oltre a quella di Grub (AR)».
In Appenzello non è uno svantaggio avere un cognome ticinese?
«No, perché mio nonno era molto conosciuto. Tanta gente ha lavorato per lui. Nei tempi migliori la FFAè arrivata ad avere mille impiegati, tra cui anche molti appenzellesi».
Com’è che suo nonno, da avvocato, è diventato costruttore di aerei e vagoni?
«Mio nonno Claudio divenne dapprima consigliere giuridico della FFA di Altenrhein. Poi fu promosso a capo e nel 1948, quando la ditta era in grandi difficoltà, decise di rilevarla.Fu così che diventò un imprenditore».
I figli furono costretti a seguirne le orme.
«Sì, mio padre Luciano non ha potuto scegliere la sua professione. Lui avrebbe voluto diventare avvocato ma suo padre voleva avere un figlio ingegnere che fosse in grado di rilevare la ditta e quindi dovette studiare ingegneria. Sua sorella Mirella invece avrebbe voluto fare l’interprete ma dovette diventare avvocato. Io sono felice di aver potuto scegliere la mia strada.Non ho dovuto fare l’industriale e oggi sono libero di praticare la politica e il diritto».
La ditta di famiglia esiste ancora?
«La FFA in quanto tale non esiste più. Nel 1984, quando mio nonno è morto, è passata in mano a mio padre, che nel 1987 l’ha smembrata e rivenduta. La parte dell’aviazione è andata alla Dornier, la ditta che originariamente era venuta dalla Germania per creare il polo aeronautico di Altenrhein. La parte dei vagoni è invece stata venduta alla Schindler e poi ha subito diversi altri passaggi di mano. Dunque, la FFA come si chiamava ai tempi non esiste più, ma la sua eredità c’è ancora. Inoltre il nome FFA lo si trova ancora nel museo dell’aviazione che ha sede ad Altenrhein».
Lei ha tenuto un aereo?
«No, non saprei cosa farmene. Ma mio nonno sì, lui ne aveva tanti».
Lei è avvocato ma a soli 27 anni è andato a fare il collaboratore personale dell’allora consigliere federale Hans Rudolf-Merz.
«Sì, è stata un’esperienza molto interessante e istruttiva. Era il periodo degli attacchi al segreto bancario, delle tensioni con la Libia, del risanamento delle finanze federali».
Sente ancora Merz?
«Sì, lo sento e lo vedo spesso. Anche lui interverrà alla mia festa».
Le dà consigli politici?
«No, Merz mi ha dato tanti consigli quando ero più giovane, ho approfittato molto della sua esperienza, ma adesso dopo 13 anni a Berna conosco bene il sistema. Sono stato in Parlamento federale più a lungo di lui. Ovviamente però le dinamiche del Consiglio federale le conosce meglio lui, io ho solo potuto vederle un po’ da vicino lavorandogli accanto».
Hans-Rudolf Merz ha fatto tante cose ma viene ricordato principalmente per la sua irrefrenabile ridarella in Parlamento mentre parlava di carne secca grigionese, un episodio che ottenne visibilità nel mondo intero.
«È vero. Io ho scritto tanti discorsi per lui ma il miglior discorso della sua vita l’ha scritto la burocrazia».