L'intervista

«Io non compro niente su internet»

La verde Sophie Michaud Gigon vuole porre un freno alle piattaforme cinesi – E mettere una moratoria sui premi di cassa malati
© KEYSTONE/Alessandro della Valle
Andrea Stern
Andrea Stern
13.10.2024 15:00

Nel suo mirino ci sono Alibaba, Wish, Shein, Temu, le piattaforme cinesi che inondano il mercato con prodotti a basso costo, spesso non conformi alle norme e a volte dannosi. Sophie Michaud Gigon, consigliera nazionale dei Verdi e direttrice della Federazione romanda dei consumatori, si sta tra le altre cose distinguendo in Parlamento come colei che vuole porre un freno a questa irruzione. «Bisogna responsabilizzare queste piattaforme e obbligarle a rispettare le nostre leggi», afferma la combattiva vodese.

Signora Michaud Gigon, lei dove fa i suoi acquisti?
«Io? Alla Migros, al mercato e in un piccolo negozio che vende prodotti del territorio».

Non acquista mai niente su internet?
«No».

Neanche un libro?
«No, mi spiace, preferisco andare nei negozi».

È una mosca bianca. Pare che ogni giorno in Svizzera arrivino 500.000 pacchetti dalla Cina.
«Sì, attualmente le piattaforme cinesi sono uno dei grandi temi per le associazioni dei consumatori. Pongono una serie di problemi a livello di concorrenza sleale, qualità dei prodotti, sicurezza, rispetto dei clienti, responsabilità ambientale e sociale».

Non è positivo per il consumatore avere più scelta e a prezzi economici?
«Non è questo il punto. Le loro pratiche sono scorrette e spingono al sovraconsumo. Io sono convinta che quello che conta non sia avere di più, ma avere di meglio».

Capisce che per i bassi redditi le offerte cinesi possano essere allettanti?
«Anche chi ha un basso reddito ha diritto ad avere prodotti di qualità».

Il 90% dei giocattoli venduti su Temu non è conforme alle norme europee.
«Questo è un problema delle piattaforme cinesi: la sicurezza e la qualità dei prodotti».

Come lo si può risolvere?
«Abbiamo fatto delle proposte a livello politico. Bisogna responsabilizzare queste piattaforme e obbligarle a rispettare le nostre leggi».

È possibile?
«È molto difficile. In Svizzera le autorità di concorrenza e sorveglianza sono deboli, le sanzioni sono minime e non esiste la possibilità di intraprendere un’azione legale collettiva».

Perché è un problema se non si possono intraprendere azioni legali collettive?
«Le faccio un esempio semplice, sulla vicenda dei motori truccati di VW. In tanti Paesi ci sono state azioni collettive che hanno prodotto dei risultati. Proprio di recente in Austria sono stati ottenuti 23 milioni di risarcimenti. Mentre in Svizzera c’è stato un bricolage di azioni individuali e nessuno ha ottenuto niente. Non abbiamo procedure per difenderci».

Perché?
«Per una visione monca di ciò che sono il liberalismo e un mercato funzionante! In questa legislatura non sento la volontà di introdurre l’azione collettiva. Una proposta in tal senso era stata portata in parlamento nel 2013. Il Consiglio federale ha fatto un messaggio equilibrato ma da allora si è ancora fermi a livello di commissioni. Tra l’altro ne parleremo ancora questa settimana».

Ci sono resistenze?
«C’è chi dice di non volere delle class action all’americana. Ma non si tratta di questo, bensì di dare alle persone e alle piccole aziende la possibilità di difendersi. Perché queste non sono cause che si fanno da soli. Per un individuo o una piccola azienda, è troppo caro».

Parla anche di aziende?
«Sì, se per esempio diverse birrerie fossero vittime di un fornitore di birra, potrebbero mettersi insieme per intentare una causa».

Un tema ancora più incalzante per i consumatori sono i premi di cassa malati. Lei ha proposto una moratoria. Ma chi pagherebbe la differenza?
«Congelare i premi sarebbe un modo di fare pressione affinché si concretizzino le riforme. Perché le riforme esistono, le conosciamo, ma non vengono attuate perché nessuno ha interesse a ridurre i costi, tranne chi paga i premi».

Ma chi coprirebbe l’aumento dei costi?
«La moratoria non è una riforma. È un modo per dire basta. Una volta congelati i premi, le soluzioni arriverebbero in fretta».

Perché le associazioni dei consumatori hanno quasi sempre dei dirigenti di sinistra? In fin dei conti non è la destra che, difendendo il libero mercato, favorisce la concorrenza e il calo dei prezzi?
«La causa dei consumatori è trasversale, o almeno dovrebbe esserlo. Io trovo importante che nel comitato direttivo della federazione ci siano persone di tutte le sensibilità. Anche nell’intergruppo parlamentare che difende i consumatori ci sono persone di tutti i partiti».

Non avete una linea di sinistra?
«Dipende. L’idea dell’azione legale collettiva, di cui parlavamo prima, raccoglie consensi anche a destra. Le regole per le piattaforme di commercio online dovrebbero trovare sostegno un po’ ovunque. Su temi come la qualità dei prodotti e la sostenibilità, invece, è più difficile. Eppure sono temi molto importanti per la salute e la qualità di vita».

Voi Verdi siete in prima linea nel difendere la transizione ecologica. Molti consumatori credono che non sia un affare. Tutto diventa più caro.
«Non per forza. Ci sono anche i margini dei distributori. E lo spreco, molto spreco nell’alimentazione, nell’energia, nei materiali».

Lei è per la decrescita felice?
«Io non ragiono in questi termini. Io credo che ci siano troppi sprechi e che ci siano cose che potremmo fare in modo molto più efficace».

Vede l’economia come un nemico che inquina?
«Non per forza. Io vedo l’economia come uno strumento fondamentale. La prosperità è importante per poter vivere bene insieme».

Non è il tipico discorso di una verde.
«Ah, i luoghi comuni... Questo è giustamente qualcosa che mi caratterizza. Ho molto a cuore i temi tipici dei Verdi, come la qualità di vita e la protezione dell’ambiente, ma per me sono fondamentali anche le questioni di prosperità economica e di sostegno alle piccole e medie aziende nella transizione digitale ed energetica, in modo che possano mantenere la competitività in un contesto internazionale in cui crescono le tendenze protezionistiche».

Ah.
«È il mio credo, mi dispiace se non coincide perfettamente con l’immagine di una verde».

Non si dispiaccia, è bello vedere che nei partiti c’è diversità.
«Nel mio caso credo che sia anche dovuto alle mie origini. Vengo da una famiglia in cui c’erano anche degli imprenditori. E dal canton Vaud, dove i Verdi sono forse più vicini al mondo dell’agricoltura e delle piccole aziende. Inoltre io stessa dirigo la federazione, con una ventina di impiegati. È un po’ come una piccola azienda, con le stesse preoccupazioni».

Bene, è un profilo interessante, grazie.
«Inoltre, se vuole descrivere chi sono, aggiunga pure che mi piace molto lo sport. Difendo le manifestazioni sportive come l’Euro 2025 femminile in Svizzera e gioco nel FC Helvetia».

In che ruolo gioca?
«In generale in difesa, ma ho giocato un po’ dappertutto. Visto il nostro livello tecnico, le posizioni non sono così importanti. È invece molto importante poter intavolare discussioni con le altre parlamentari in contesti di svago. È spesso lì che si trovano le idee migliori».

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