L'analisi

Kim si allea con Putin ma ha paura

È l’offensiva di autunno di Kim Jong-un, una sequenza di mosse rapide, compreso il lancio di un missile intercontinentale in grado di raggiungere gli Usa e l’ipotesi di un test nucleare imminente.
Guido Olimpio
03.11.2024 06:00

È l’offensiva di autunno di Kim Jong-un, una sequenza di mosse rapide, compreso il lancio di un missile intercontinentale in grado di raggiungere gli Usa e l’ipotesi di un test nucleare imminente. Il messaggio è rivolto all’esterno, amici e nemici: la Nord Corea non è più marginale. Parabola interessante del dittatore, con un passato nelle scuole svizzere alla fine degli anni ’90.

Un dittatore restio ad oltrepassare i confini del suo «regno» ma deciso ad imporsi sulla scena internazionale. Il Maresciallo, nelle scorse settimane, ha pronunciato minacce pesanti nei confronti di Seul. Il secondo passo è stata la demolizione delle strade che portavano verso il confine meridionale, un modo per sottolineare la rottura totale. Gesti accompagnati dall’ordine dello stesso leader alla mobilitazione, con le visite nelle caserme e soprattutto nei bunker che ospitano equipaggiamenti strategici. E uno di questi sistemi è stato utilizzato nella prova di un vettore nella giornata di giovedì. L’ordigno ha raggiunto un’altezza di settemila chilometri e «volato» per oltre un’ora. Una dimostrazione di capacità bellica preceduta da una serie di esercitazioni a fuoco durante le quali il regime ha studiato tattiche.

A completare il lungo «arco» il colpo più spettacolare: l’invio di soldati nord coreani in Russia, tappa intermedia per il loro impiego in Ucraina, probabilmente nella regione di Kursk. Sarebbero circa 10 mila uomini al comando del generale Kim Jong Bok e i russi avrebbero già distribuito piccoli manuali di istruzione mentre un’avanguardia è già vicino al fronte. La decisione è la conferma della collaborazione più stretta con Mosca, un asse rinforzato dopo il vertice tra il leader e lo stesso Vladimir Putin. Un summit accompagnato da massicce forniture di munizioni nord coreane per l’artiglieria, milioni di proiettili che hanno ampliato il già netto vantaggio degli invasori sugli ucraini.

Mettendo a disposizione elementi dell’Undicesima Armata, Kim mira ad ottenere in cambio una serie di obiettivi: valuta e aiuti economici per un paese che deve fronteggiare problemi enormi; tecnologia nucleare e missilistica in modo da rendere sempre più efficace il proprio dispositivo (il super missile ha ancora dei problemi da risolvere); addestramento sul campo delle sue unità che possono acquisire esperienza diretta anche nei confronti di sistemi bellici occidentali; prestigio nello schieramento che si è raccolto attorno al neo-zar. «Saremo al vostro fianco fino alla vittoria», è lo slogan ribadito da Pyongyang.

A sua volta il Cremlino può impiegare le forze alleate evitando di sacrificare i propri militari oppure manda i reparti «asiatici» in sostituzione di quelli locali spostati per aumentare la pressione sul nemico. Gli osservatori prevedono perdite ma che sono «gestibili» da parte di un regime che soffoca in modo definitivo qualsiasi critica anche la più lieve. Inoltre Vladimir Putin esibisce al mondo la concretezza di un’alleanza anti-occidentale della quale fa parte in modo evidente l’Iran che diventa per Kim un modello di collaborazione.

Le prossime settimane (o mesi) diranno quale sarà il reale impatto. Intanto, con una reazione a caldo, la Sud Corea ha lasciato intendere di essere pronta ad estendere l’assistenza militare a Kiev. Fino ad oggi aveva evitato la cessione diretta di equipaggiamenti ma aveva venduto con triangolazioni con gli Usa partite di munizioni. Infatti, ha offerto i propri «consiglieri» per aiutare le forze di Zelensky. Insomma, c’è lo scenario di una competizione coreana nell’Europa orientale. Lontano da questo show di potenza è infine emerso un aspetto particolare. È stato notato come nelle recenti uscite pubbliche di Kim siano aumentate le misure di protezione. Ben visibili. Agenti dotati di «cartelle» che in realtà si aprono, in caso di necessità, diventando scudi anti-proiettile, un numero superiore di body guard, un corteo di veicoli più robusto dotato di jammer anti bomba, il ricorso ad apparati antidroni. E, in un’occasione, una fila di commandos, mitra in pugno, a fare da schermo tra il leader e reclute impegnate in una sessione di tiro. La sintesi è evidente: il Maresciallo ha paura di essere vittima di un attentato, timore che sarebbe cresciuto dopo il fallito attacco contro Donald Trump e ad altre personalità, episodi avvenuti dal Giappone alla Slovacchia.

Kim si ritiene «amato» dal suo popolo, si considera quasi un’entità divina ma è meglio evitare sorprese in un’epoca dove l’eliminazione dei leader è una realtà concreta.

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